TUTTI QUELLI CHE HANNO CREDUTO ALLA STORIA SONO ANDATI A COGLIERE LE CILIEGE COMPRESO LA MELONI /  LO SPIEGA  IL LIBRO CHERRY PICKING LA STRATEGIA DI UN ASSASSINO ANALISI CRIMINOLOGICA DEL CASO DI ENRICO FORTI DI MARCO STRANO

Cherry picking, letteralmente “cogliere le ciliegie“, è come viene comunemente definito dagli psicologi un classico “bias cognitivo”,’ una sorta di “fallacia logica”, vale a dire un errore involontario che le persone commettono spesso quando – inconsciamente – selezionano informazioni e fonti in base alle loro convinzioni in merito ad un dato argomento, evidenziando solo quelle che le confermano.

In pratica ognuno di noi, dopo essersi inizialmente fatto una prima grossolana opinione su un avvenimento, tende poi ad individuare (a cogliere quindi) tra le varie informazio­ni a sua disposizione ciò di cui è già convinto, ignorando tutte le prove che potrebbero invece confutare la propria tesi iniziale. Ma a volte il cherry picking non è solo un erro­re individuale insito nella fallacia della mente umana, ma può essere anche indotto artificialmente.

Alcuni esperti di marketing possono ad esempio sfruttare questa tendenza delle persone per lanciare un nuovo prodotto, riuscendo così a limitare l’ingerenza di informazioni che potrebbero suggerire delle controindicazioni.

Allo stesso tempo questo fenomeno può essere indotto anche in ambito giornalistico/giudiziario da un abile difesa che vuole cercare di far emergere solo gli elementi che vanno a favore del proprio imputato/assistito.

E nella vicenda “Chico Forti” sembra essere avvenuto proprio questo. Molti si chiedono infatti come sia possibile che in Italia migliaia di persone siano convinte (in buona fede) dell’innocenza di Chico Forti anche se è stato condannato dopo un regolare processo e con delle prove schiaccianti nei suoi confronti acquisite dal Miami Dade Police Department, uno dei Dipartimenti di Polizia più efficienti e deontologicamente corretto del mondo e dotato di procedure investigative e tecnologie d’avanguardia.

La spiegazione di ciò, a mio avviso, è pro­prio in un fenomeno di cherry picking di massa, avvenuto in Italia negli ultimi vent’anni attorno a questo caso, poi­ché le informazioni sulla vicenda e sull’andamento del processo che sono attualmente disponibili sono esclusivamen­te quelle rilasciate dalla sua difesa, dai suoi parenti e dai suoi amici ma anche da moltissimi giornalisti e youtubers che hanno poi amplificato e diffuso le notizie provenienti solo da quel “canale” (canale che è giustamente di parte).

Per coloro che non conoscono questo caso, ricordo che un italiano residente a Miami in USA, Enrico (alias “Chico”) Forti, più di venti anni fa è stato accusato di aver ucciso a sangue freddo un giovane uomo, Dale Pike ed al termine di un regolare processo è stato condannato al carcere a vita. Attualmente è detenuto in USA.
La strategia difensiva della sua famiglia e del suo team difensivo, (che ha amicizie influenti in Italia), è stata quel­la di accusare pubblicamente gli investigatori del Miami Dade Police Department di essere stati incompetenti professionalmente e di aver anche volutamente alterato le prove per vendicarsi dell’uscita di un documentario prodotto da Forti dove si accusava la Polizia di Miami di aver commes­so delle gravi irregolarità in occasione delle indagini per l’omicidio di Gianni Versace, avvenuto nel luglio del 1997.

Forti avrebbe avuto l’intuizione che il suicidio e il successi­vo ritrovamento del cadavere di Andrew Cunanan (l’assassi­no di Versace) nella sua casa galleggiante sulla grande stra­da costiera ” Collins” di Miami, in realtà fosse una messa in scena degli investigatori del Miami Beach Police Department e che addirittura potrebbe non essere stato lui ad uccidere io stilista italiano.

I due sarebbero stati Giustiziati secondo Forti con il consenso delle forze dell’ordine ponendo così fine ad una pubblicità negativa per il turismo e per l’inve­stimento di capitali stranieri a Miami. Le cose che secon­do Chico Forti non tornavano nella scena dei suicidio di Cùnanan nella house boat erano infatti parecchie.

Le rias­sume compitamente l’Investigatore privato italiano Danilo Marinozzi sul suo blog: Come mai Cunanan si è rintanato in una casa priva di vie di fuga rimanendo nell’isola di South  Beach?
– Come mai ha deciso di morire al piano superiore della House Boat preferendo il caldo e la sporcizia al comfort e pulizia del piano terra?

– La pistola con cui si è ucciso Cunanan è una calibro 40 (Taurus), quindi di notevole potenza; come mai le trac­ce di sangue erano invece circoscritte solo al materasso e alla testiera del letto?

– Il volto di Cunanan era intatto e riconoscibile, contra­riamente a quanto era stato affermato, quindi non di­strutto dalla calibro 40, ma presentava solo un piccolo foro di proiettile all’orecchio sinistro.

– Tra i tanti reperti raccolti, si parla anche di un frigo vuo­to, la polizia scientifica ha trascurato molti particolari, come una spazzola piena di. capelli biondi, un asciuga­mano, una cuffia di plastica ed un colorante, come mai?

– Perché un efferato killer -come Cunanan non ha spa­rato anche al guardiano della House Boat e la moglie ultrasettantenni per poi fuggire, invece di spaventarsi del loro arrivo e uccidersi?

– Perché il cadavere di Cunanan non è stato sottoposto ad autopsia invece di essere cremato in fretta?

– Il Nucleo Speciale di intervento scoprì il cadavere quat­tro ore prima, alle 20.20, come mai la prima comuni­cazione ai superiori avvenne soltanto 48 minuti dopo, e cioè alle 21 e 08?

E tutto ciò naturalmente avrebbe provocato un gran­de imbarazzo nei detective di Miami coinvolti in questo scandalo che avrebbero poi deciso di farla pagare a Forti alla prima occasione disponibile.

Secondo il collegio di di­fesa di Chico Forti, i suoi familiari, le migliaia di sosteni­tori che lo appoggiano e numerosi giornalisti e youtubers, questo sarebbe l’elemento fondamentale che si cela dietro al complotto ordito dalla Polizia di Miami nei confronti del film-maker trentino, elemento che giustifica poi intera­mente tutte le irregolarità e le manipolazioni nelle successi­ve indagini sull’omicidio di Dale Pike.

L’intero “caso Chico Forti”, il suo processo manipolato, i successivi 5 appelli ri­fiutati e tutto il resto sarebbero quindi saldamente ancora­ti a questa “ombra” sull’omicidio Versace e sul suicidio di Andrew Cunanan.

Ma le supposizioni di Forti erano asso­lutamente fantasiose, nel corso degli anni non hanno tro­vato riscontri e sono state ampiamente sconfessate da nu­merose analisi della vicenda pubblicate in diverse parti del mondo.

Tra queste ad esempio la pubblicazione delI’FBJ uscita nel luglio del 2022, Andrew Phillip Cunanan FBI Files – The Hunt for Cunanan, Between May, and July of 1997 Paperback, dove vengono smontate pezzo per pezzo le ipotesi di Chico Forti sulle scorrettezze della Polizia di Miami e le sue accuse vengono quindi ricondotte alla loro vera essenza: delle considerazioni prive di ogni fondamento logi­co, delle calunnie ai danni dei poliziotti che, a mio avviso, erano finalizzate esclusivamente a creare interesse attorno al suo documentario Il sorriso della medusa e ad ottenerne l’acquisto da parte delle reti televisive (RAI3 italiana e TFi francese) che lo avevano poi mandato in onda.

Ma la storiella della connessione tra il documentario di Forti Il sor­riso della medusa e il suo processo falsato è stata diffusa in Italia per anni dai suoi sostenitori e lo è, tutt’ora.

Su questa base sono state interpretate tutte le ingiustizie ai danni di Forti ed è stata attivata una imponente raccolta di fondi che ha consentito di raccogliere centinaia di migliaia di euro, che dovrebbero servire alla revisione dei processo di Enrico (Chico) Forti, revisione che certamente però non avverrà mai perché la legge statunitense in base a come si è svilup­pato l’iter giudiziario attualmente non la consente.

Anche i media italiani hanno sposato la tesi del complotto legato all’omicidio Versace e della scorrettezza degli investigato­ri del Miami Dade Police Department- (e dei Magistrati che hanno poi costruito il processo) e l’opinione pubblica ita­liana è stata fortemente influenzata in quella direzione. Gli ambienti anti-americani e quelli anti-polizia hanno infine cavalcato e alimentato l’onda di indignazione in questo processo, in cui le forze di polizia in USA sono sotto assedio.

Io sono italiano ma sono un poliziotto in quiescenza e ap­partengo alla community internazionale di poliziotti Thin Blue Line (sono il Presidente di  Italian Thin Blue Line) ed è quindi mio dovere primario difendere ‘l’onore dei miei colleghi in uniforme, di qualsiasi nazione essi siano e non gli assassini, anche se miei  connazionali.

Ho svolto quin­di, a partire dal 2010, uno studio criminologico e investi­gativo sull’omicidio di Dale Pike che si basa esclusivamente su elementi oggettivi.  Nel 2019, dopo circa 9 anni dall’inizio del mio lavoro di analisi criminologica, è stato prodotto un report in lingua inglese di cui è entrato in possesso an­che Ron De Santis (il governatore della Florida), la Procura di Miami e alti vertici dell’apparato giudiziario statuniten­se oltre che naturalmente i colleghi del Miami Dade Police Department.

Quello che segue è quindi “l’altra campana” sul caso di Chico Forti, vale a dire la traduzione in italia­no di quel report che si è deriso ora di rendere disponibi­le con un libro anche per l’opinione pubblica italiana affin­ché possa farsi un’idea corretta sulla vicenda.

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FONTE: Estrapolato dal libro di  Marco Strano a cura di Ferdinando Terlizzi / Le foto a corredo del pezzo sono di repertorio di Immagini Google

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