*Le Olimpiadi delle medaglie di legno*
di Vincenzo D’Anna*
Diciamoci la verità: l’Italia sportiva aveva ben altri positivi presentimenti per questa Olimpiade francese. A Tokyo le medaglie complessive furono 40 anche se gli ori arrivarono a dieci: uno in meno rispetto a quelli (11) totalizzati, al momento, dalla rappresentativa azzurra con ancora diverse competizioni (tra cui il volley femminile) da terminare. Tuttavia, qualunque sarà il bottino finale, resta un dato sbalorditivo rappresentato dal numero di medaglie di legno, ossia il quarto posto, racimolate dai nostri atleti: sono più di venti!! Più di una ha il sapore della beffa, con il bronzo mancato veramente per un soffio, ma vengono per la maggior parte da discipline nelle quali avevamo avuto spesso successo, in passato, come scherma, ciclismo, nuoto, canottaggio, atletica. Non sono mancate, in alcune specialità che pure rappresentavano un nostro tradizionale punto di forza – come nel caso della pallanuoto dove però non siamo arrivati tra i primi quattro – le disparità e i clamorosi errori di giudizio con gli arbitri che ne hanno combinate di cotte e di crude. Qualcuno ha chiosato che questa situazione che ci ha visti più volte penalizzati, abbia preso l’abbrivio dallo scarso peso del nostro Coni in seno al Comitato Olimpico, ossia che contiamo poco o niente. Se si aggiunge la silente sussiegosa antipatia che i cugini transalpini nutrono da sempre nei confronti dei nostri colori, si può ben ipotizzare che ci sia stato un combinato disposto che certo non ci ha agevolati. Ma, sia pure con obiettive recriminazioni, non tutto può essere spiegato in termini di scarso peso politico o di idiosincrasia dei francesi. La verità di fondo è che lo Stato italiano spende poco e campa molto sul lavoro delle unità sportive delle forze dell’ordine (polizia, carabinieri, finanza) e dell’esercito, oltre che della miriade dei tanti e tradizionali piccoli club privati. Una volta operavano anche i Cus (centri universitari sportivi) che furono una fucina di campioni in molte specialità ma che poi, con i moti del ’68 e la correlata trasformazione della natura delle Università, sono praticamente spariti. Eppure gli atenei americani ed inglesi fanno leva sui loro gruppi sportivi come elemento per attrarre nuovi iscritti, anzi alcuni di questi vengono scelti dagli studenti più per le attività solerti che per i programmi didattici proposti!! In Italia tutto il cambiamento si è compendiato nel…cambiare denominazione al corso di laurea in Educazione fisica trasformandolo nell’ampolloso titolo di in laurea in chinesiologia, ossia “scienza del movimento”. Scomparsi anche i Giochi della Gioventù da decenni, nelle scuole italiane l’ora di scienze motorie resta, perlopiù, un momento di svago e relax. Si potrà eccepire che nei Comuni italiani, soprattutto al Sud, i sindaci ogni anno si assumono la responsabilità di dichiarare agibili le scuole non avendo né i mezzi né i fondi per potervi provvedere, figurarsi le palestre laddove queste esistono!! I centri pubblici qualificati del Coni sono pochissimi ed ancor di meno i maestri dello sport che vi lavorano. Ben altra storia, invece, vale per il calcio un mondo in cui volano i milioni che un popolo di tifosi versa nelle tasche delle società ed in quelle delle emittenti televisive che diffondono le partite a pagamento. Un’orgia di appuntamenti ed un mare di introiti! Eppure il calcio italiano salta due competizioni mondiali ed esce in malo modo dagli Europei per gli stessi, identici motivi delle altre discipline. Il football, un tempo, era un gioco gratuito, accessibile alle masse. Oggi si è trasformato in un business di scuole pagate profumatamente da padri speranzosi di poter avere un campione in casa!! Eppure per trovare un italiano nelle sei o sette grandi squadre italiane più blasonate occorre scomodare Diogene con il lanternino!! Il resto è gente che viene da altre nazioni, spesso lo scarto di Inghilterra, Francia e Spagna. Eppure la massima latina nota a tutti recita: “mente sana in corpo sano”. E se nelle scuole imparare significa fortificare la mente, non ci si potrà esimere dal poter fortificare il corpo!! Certo non sono mancati né mancheranno campioni molti dei quali cresciuti arrangiandosi e grazie agli sforzi di bravi allenatori che lo fanno per passione. Il resto resta così com’è e ci commuoveremo quando sentiremo l’Inno di Mameli ed il tricolore garrire sui pennoni per le premiazioni. Siamo fatti purtroppo così: talentuosi ma arruffoni, dilapidatori di denaro pubblico ma non sempre per cose essenziali. Parafrasando la miriade dei quarti posti a Parigi, vorrà dire che andranno bene perché potrebbero essere espressione di un movimento di massa che avanza nello nello sport. Cucchiai di legno? D’altronde anche quelli servono a qualcosa in un Paese ove con il pubblico denaro ci si riesce quasi sempre a mangiare…
*già parlamentare