Il caso malandrino (di Stelio W. Venceslai)

 

 

Tempo di Ferragosto: calura e letture, se possibile distensive. Un po’ di fantapolitica (non tanto fanta) fa bene allo spirito depresso.

In politica, la logica regge fino a un certo punto. Poi, sopravviene il ghiribizzo del destino, malandrino, appunto.

Prendiamo il caso America. Nella competizione fra i due vegliardi, Biden era chiaramente spacciato. Trump, come s’è visto, l’ha completamente sommerso. Biden annaspava, non reagiva, era un corpo agonizzante e Trump non ha neppure infierito troppo, tanto era evidente che nel dibattito televisivo il vincitore era lui. Tutti avremmo giurato che il prossimo Presidente degli Stati Uniti sarebbe stato Trump.

E invece è accaduto che in momento di resipiscenza Biden abbia buttato la spugna e indicato la Camela Harris come suo candidato alla presidenza. È cambiato tutto, imprevedibilmente. All’improvviso Trump è diventato un vecchio cialtrone, superato dagli eventi. I democratici hanno tirato un respiro di sollievo e sono cominciate cospicue donazioni per la Harris, le percentuali di consenso sono salite, la competizione, ringiovanita di parecchio, ha dato un’aria nuova alle prossime elezioni.

Trump, così sicuro e tronfio, ora si trova a battere, a fatica, una giovane donna di colore che lo sta spiazzando proprio negli Stati dove era più sicuro del suo elettorato. Il caso (o il buonsenso) ci ha messo la mano.

Ma la partita non è finita, neppure se vincesse la Harris. Trump non accetterebbe il risultato e contesterebbe le elezioni, come ha fatto in passato. Potrebbe dare un altro scossone grave alla democrazia americana, come quello di Capitol Hill.

Prendiamo il caso Iran. L’assassinio del capo di Hamas a Teheran ha umiliato la teocrazia che governa il Paese. Comprensibile una reazione violenta. L’hanno annunciata, denunciando la gravità del fatto avvenuto al Consiglio di Sicurezza delle N.U., e certamente si stanno preparando ad agire.

Israele prepara una reazione di risposta, terribile, come minaccia Netanyahu, e tutta Israele s’imbuca negli scantinati, aspettando la vendetta iraniana.

La diplomazia internazionale si mobilita per evitare un conflitto regionale che potrebbe essere il prodromo di una terza guerra mondiale che nessuno vuole. Intanto, gli Hezbollah continuano a lanciare missili dal Libano e a Gaza si continua a morire. Lo scenario è immutato in attesa dell’accelerazione iraniana. Ma l’Iran non si muove.

Il mondo comprende Teheran ma non vuole la guerra. Non la vogliono neppure i preti del regime iraniano. Sanno che possono attivare una cintura di fuoco su Israele (Hezbollah, Houthi, compagini scite di varia nazionalità, i servi sciocchi del regime). Possono distruggere buona parte delle installazioni strategiche d’Israele. Attorno all’Iran, però, c’è un’altra cintura di fuoco che, a parte gli Israeliani, potrebbe devastare totalmente l’Iran. È l’equilibrio del terrore. Si muoverà l’Iran o darà segni d’insolita moderazione?

In questo caso muterebbe lo scenario in Medio Oriente, magari sulla base di un cessate il fuoco a Gaza, il prezzo per il mancato intervento iraniano, e Teheran diventerebbe un interlocutore credibile. Diciamolo pure: Netanyahu ha perduto la guerra. Anche qui il caso potrebbe giocare un ruolo imprevedibile.

Prendiamo il caso Ucraina. La guerra si trascina da novecento giorni. Una guerra insensata voluta da uno squilibrato mal consigliato. Putin pensava a una passeggiata militare e ha cacciato la Russia in un vicolo cieco. Si è incaponito al punto da diventare tributario della Cina e cliente della Corea del Nord, visto che non ce la fa più con le risorse di una Russia esausta. Centinaia di migliaia di morti, dall’una e dall’altra parte, per un conato di grandezza retrò.

Si è visto e lo si vede ogni giorno cos’è la Russia: un esercito enorme e mal guidato e un’economia da terzo mondo. Non parliamo, poi, della loro marina da guerra, beffata, bombardata, affondata, rintanata a Sebastopoli. Non ce la fanno a battere gli Ucraini sostenuti dal decadente mondo occidentale.

Ora gli Ucraini sono all’attacco, in territorio russo, minacciando le centrali energetiche e nucleari. Il famoso esercito russo è stato colto di sorpresa. Fatica a reagire. Non sappiamo se la puntata offensiva ucraina sarà durevole o meno. Colpire la centrale che manda gas in Europa sarà un grave colpo per Urban, che di quel gas continua ad approvvigionarsi, nonostante le sanzioni europee.

Poi, c’è il problema della centrale nucleare nelle vicinanze di Kursk. Se l’occupano gli Ucraini siamo di fronte ad una situazione allo specchio, con i Russi a Zaporizhzhia.

Nel frattempo, per turare la falla a Novgorod e Kursk, Putin deve rallentare o fermare la sua lentissima e sanguinosa avanzata nel Donetz. Ha un bel bombardare le strutture civili ucraine, gridando allo scandalo e al terrorismo se l’Ucraina fa lo stesso in territorio russo. Può usare le bombe termobariche e minacciare quelle nucleari, ma il risultato è che sta perdendo la faccia: un disastro politico, specie se sarà costretto a contare, forse, sull’aiuto della Bielorussia. Altro che le spacconate di quell’imbecille di Medved, l’aquila zoppa del regime, che sosteneva che è ora di occupare tutta l’Ucraina!

Per Kiev l’idea sottostante è quella di scambiare terra russa con terra ucraina. Sarebbe una buona base negoziale per finirla.

C’è un’altra ipotesi, di fantapolitica, imponderabile: se sul territorio russo “liberato” si costituisse una qualunque autorità governativa “indigena”. A quel punto la dissidenza russa potrebbe ingenerare un conflitto civile che minerebbe alla base il potere di Putin.

La Russia non merita una guerra civile ma pace, democrazia, libertà e diritti civili. Forse un cambio di governo sarebbe auspicabile.

 

 

Roma, 11/08/2024