*Elezioni in Germania, i fantasmi  farlocchi del Nazismo* di Vincenzo D’Anna*

Vittoria storica del nuovo partito della destra in Germania. Cinque milioni di tedeschi si sono recati ai seggi, nello scorso week-end, per le elezioni regionali nei land di Turingia e Sassonia. Ebbene, secondo gli scrutini, Alternative für Deutschland (AfD), movimento ultranazionalista, ha trionfato con il 32,8% dei voti in Turingia e si è piazzato immediamente dietro i conservatori della Cdu (il partito democristiano) in Sassonia. Molto male invece i partiti che formano la coalizione di governo del cancelliere Olaf Scholz, ossia socialdemocratici e verdi. E’ contro la politica di questi ultimi – quella della transizione energetica a tutti i costi imposta dalla Unione Europea – che si sono appuntate, da tempo, le feroci critiche della nuova destra teutonica, storicamente contraria a che in ogni casa si proceda a trasformare le fonti energetiche tradizionali (petrolio e gas) in quelle cosiddette “green”. Ogni singolo adeguamento costerebbe infatti alle famiglie intorno ai centomila euro di spesa e questo ha suscitato un largo consenso all’AfD ed ai suoi candidati. Un altro punto in favore di quel partito è venuto dalla contestazione mossa contro la politica dell’immigrazione attuata dal governo di Berlino e la paura che i milioni di immigrati stabilitisi nel Paese possano costituire un pericolo sia per l’occupazione (leggi lavoro) e per la sicurezza della nazione. Il terzo punto di forza è venuto dall’incipiente diffidenza verso la politica comunitaria di Bruxelles. Il resto lo hanno fatto le difficoltà in cui si trova attualmente l’economia tedesca ormai ben lontana dall’essere la locomotiva che, un tempo, sosteneva i mercati europei e la moneta unica. La stampa continentale, soprattutto quella di sinistra, ha presentato il risultato elettorale come un pericoloso rigurgito ideologico del triste passato, ossia il ritorno di quel clima di intolleranza che diede vita ai moti nazionalsocialisti degli anni Trenta del secolo scorso. In parole semplici: certi media schierati paventano l’instaurarsi delle stesse condizioni politiche ed economiche che, subito dopo la rovinosa caduta della repubblica di Weimar, portarono al potere i nazisti di Adolf Hitler. Tuttavia la previsione appar un tantino esagerata. Quella testé descritta è infatti una narrazione a tinte fosche come sono soliti fare certi rappresentanti della stampa ogni qualvolta partiti conservatori – oppure protestatari non di sinistra – fanno il botto alle urne. I cosiddetti “allarmi democratici”, insomma, che vengono lanciati spesso e volentieri da chi vuol delegittimare o declassare il libero voto popolare quando questo però non premia le formazioni “rosse”. A tal proposito basterebbe richiamare quella che fu la forma di Stato sorta in Germania ( Repubblica Weimar) di subito dopo la Grande Guerra e la conseguente sconfitta degli imperi centrali, ossia una repubblica costituzionale che mise fine al regime monarchico-militare assolutistico prussiano e della distanastia degli Hohenzollern, introducendo il suffragio universale (maschile e femminile), l’elezione diretta del Capo dello Stato Repubblicano, la responsabilità del governo di fronte ad un parlamento eletto dai cittadini. Non mi sembra che in Germania vacillino, come negli anni trenta del ‘900, questi presupposti democratici, né che la crisi economica sia paragonabile a quella di allora che portarò alla fame il popolo tedesco, vessato dal dover pagare il debito di guerra imposto dagli Alleati (vincitori del conflitto 1914-’18) con il trattato di Versailles. Riesumare quelle condizioni appare dunque a dir poco avventato oltre che strumentale per portare acqua al mulino delle sinistre europee, uscite comunque ridimensionate in molte nazioni dalla consultazione popolare. La verità è che buona parte del ceto medio borghese in tutta Europa mostra disagio ed insoddisfazione per i gravosi oneri che la Ue spesso accolla – con protervia – agli Stati membri (come l’adeguamento alla transizione economica), per lo stallo dell’economia e l’aumento dell’inflazione. Il suo peso lo ha anche l’alta tassazione che viene imposta sul cedo medio. Una mossa indispensabile per poter sostenere le spese militari necessarie al riarmo, l’iperplasia dello Stato sociale (ed i suoi costi) oltre che l’insicurezza derivante da un’immigrazione che non ha più né limiti né razionalità. Sono questi i punti di forza sui quali hanno fatto e ancora fanno leva i partiti dell’estrema destra, che si dichiarano alternativi allo statalismo ed al dirigismo, all’accondiscendenza fatalistica verso le politiche immigratorie della sinistra. Intendiamoci: un pericolo esiste ma non è certo quello dell’insorgere di nuovi…nazifascismi (!) quanto quello di una continua spoliazione del ceto medio produttivo, del continuo prelievo di soldi a mezzo di tasse e vincoli onerosi imposti dai governi per poter realizzare la rivoluzione energetica facendo conto sulle tasche dei contribuenti, costringendoli a pagare i propri i faraonici progetti. Spese ritenute inderogabili legate ed una visione apodittica e categorica di un mondo tutto verde, e radicalmente trasformato. Insomma: della diffidenza verso la catastrofica visione dei mutamenti climatici, ritenuti in parte non collegati ai fenomeni antropici e che comunque generano utili e floridi commerci con le energie alternative. Ci sarebbe da chiedersi chi siano veramente i fascisti, se quelli che impongono queste amare ricette al popolo o quelli che vi si ribellano? Se continuare ad accettare ormai decine di milioni di immigrati mini o meno l’identità, la prosperità, la sicurezza delle società occidentali oppure passivamente ci si debba rassegnare al multiculturalismo sociale e religioso per poter ottenere la patente di “sincero  democratico”? Più che il fantasma delle camicie brune che marciano su Berlino credo ci saranno sempre più truppe civiche e protestatarie che hanno voglia di scrollarsi di dosso il gravame delle politiche impositive. Sono costoro a votare contro Bruxelles!!

*già parlamentare