*Fitto e la medaglia al valore* di Vincenzo D’Anna*
Se l’Italia fosse una nazione decente, ove vigono un minimo di deontologia politica e un po’ di amor patrio, non ci copriremmo di ridicolo innanzi agli occhi di mezza Europa per i veti che vengono mossi contro la nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente della Commissione Ue. La vicenda, esplosa in queste ore in seguito alle proteste che i Verdi italiani, con a capo Angelo Bonelli, hanno fatto pervenire ad Ursula Van der Leyden contro la designazione del politico pugliese (già ministro degli Affari Europei con delega al Pnrr), rappresenta uno spaccato di politica provinciale. “Roba” di basso conio della quale credo nessuno senta il bisogno. Si tratta di un veto che colpisce i superiori interessi del Belpaese che certo godrebbe di un posto di prestigio occupato da un italiano nell’organo di governo dell’Unione europea. Tuttavia i calcoli piuttosto meschini di un partito che poco o niente conta sul piano elettorale, posizionato all’estrema sinistra dello schieramento politico nazionale, hanno innescato, per induzione, una contestazione dei Verdi europei i quali, pure usciti malconci dalle elezioni del giugno scorso, fanno ancora parte della coalizione di maggioranza che detta legge a Bruxelles. La politica è di per se stessa competitiva e spesso, posta in mani partigiane e rancorose, riesce a dar pessima prova di sé. Mentre in altri Paesi si fanno prevalere gli interessi diffusi che favoriscono oggettivamente la nazione stessa, dalle nostre parti prevale la meschinità del ragionamento antagonista che non porta da nessuna parte. Ora, dal momento che questa azione viene da un piccolo partito guidato da un leader ancor più piccolo per mentalità e dimensione politica come Bonelli, la cosa diventa una mera manifestazione di astio e contrasto nei confronti del governo in carica. Insomma, una specie di vendetta trasversale. In realtà, a ben vedere, in una posizione di prestigio a livello europeo chiunque può favorire legittimamente i progetti e le opportunità della propria nazione, non del proprio governo! Ed è questo che i contestatori di Raffaele Fitto proprio non riescono a cogliere. Non c’è dunque da meravigliarsi del fatto che la miccia che dovrebbe far deflagrare la questione sia stata accesa da coloro che si distinguono in un’opera politica che si nutre di rancore e di frustrazione come nel caso della sinistra antagonista tricolore. In particolare, ad agitare la fronda ci sono personaggi come la premiata ditta Bonelli & Fratoianni il cui tratto distintivo consiste nell’avere, insieme con il piddino Franceschini, le proprie consorti comodamente sedute in Parlamento per volere dei mariti!! Un esempio di nepotismo deprecabile e di quel “familismo amorale” che ancora spopola dalle nostre parti. Tuttavia costoro si ergono a difensori dei derelitti, ad epigoni di un moralismo d’accatto che copre la loro vera essenza. Sedicenti tedofori della fiamma dello statalismo e del vetero marxismo, costoro sono in realtà residuali arnesi politici accantonati ormai dal giudizio della Storia prima ancora che della politica. Verde di fuori e rosso di dentro, Bonelli ha lanciato alla maggioranza che regge il parlamento europeo il grido d’allarme di una presunta incoerenza politica per la vicenda di Fitto, laddove un rappresentante del centrodestra che, legittimamente, governa lo Stivale, dovesse assumere la carica di vice presidente in seno all’esecutivo europeo!! Meglio sarebbe, per il compagno Borrelli, far ottenere all’Italia un ruolo…ininfluente che non possa, cioè, alimentare benefici per il Paese e che soprattutto non conceda la possibilità a Giorgia Meloni di farsi valere in Europa, nonostante il plebiscito di voti che pure la leader di FdI ha raccolto!! La democrazia ed il rispetto della volontà popolare per gente del calibro minimale di Bonelli, è un requisito che vale solo quando il responso delle urne favorisce la propria parte politica. Vadano quindi a farsi benedire tutte le positive ricadute per lo Stivale sia in termini di peso politico che di opportunità progettuali ed economico finanziare. Insomma: niente di nuovo sotto il sole del nostro Paese ove un élite, sempre più sparuta, opera per mera contrapposizione ideologica, in nome del “tanto peggio tanto meglio”. Tutto questo ci declassa agli occhi delle altre nazioni, ci dipinge come ceto politico di bassa lega, intento a portare alle estreme conseguenze le idiosincrasie locali in un contesto sovranazionale. Bonelli non ha molto da temere, né in termini di voti, né in termini di capacità politiche che non vanno oltre gli orizzonti di un generico sostegno alle problematiche ambientali, all’accodarsi alla moda delle teorie Green. Colui che vale poco, pochissimo ha da perdere. Quanto a Raffaele Fitto, oggetto di cotanto astioso ed inutile contrasto, vale per lui la massima secondo la quale le offese degli avversari sono da considerare delle medaglie al valore. Peccato che ad appuntarle sul suo petto siano coloro che non gli arrivano neanche ai garretti!!
*già parlamentare