Così è se vi pare?* di Vincenzo D’Anna*
E’ notizia di queste ore la pubblicazione, in gazzetta ufficiale, del decreto di scioglimento del Comune di Calvi Risorta. Stiamo parlando di una municipalità della provincia di Caserta, sì proprio di quella che un tempo era nota come “Terra di Lavoro”, fiore all’occhiello della Campania Felix ed i cui terreni davano frutti rigogliosi nel corso di tutte le stagioni. Peccato che con il passare degli anni una parte degli stessi ricchissimi suoli si siano degradati in “terra dei fuochi”, identificati non più per quello che la cornucopia della capra Amaltea vi riversava sopra, in forma di beni, ma come luoghi inquinati e di malaffare!! Ambiti territoriali nei quali il degrado ambientale, civico e morale camminavano a braccetto, fino ad accreditare un marchio d’infamia che ancora oggi finisce per pesare anche sulle spalle di tutti i casertani. Negli ultimi lustri lo Stato è riuscito a debellare alcune delle cosche più temute, ridando credibilità a buona parte della conurbazione insieme con la dovuta e giusta rivalutazione etica. Tuttavia non tutto sembra andare per il giusto verso e non mancano fatti, perlopiù episodici, che ripropongono quell’immeritata e deleteria “immagine”. In questo contesto di riabilitazione, la classe politica ha fatto ben poco, in diversi frangenti, per rinnovare la triste nomea del passato. Non a caso diversi sono ancora i fatti di cronaca giudiziaria che hanno visto indagati amministratori pubblici, in vero quasi tutti assolti, successivamente, dagli addebiti, ma che ripropongono, nella pubblica opinione, l’esistenza di una sorta di “lettera scarlatta” tatuata, indistintamente e malevolmente, sulla pelle degli abitanti di quella martoriata provincia. Il tutto è opportuno premettere per illustrare, pur sommariamente, il contesto socio-politico. C’è infatti da rilevare come le azioni di talune toghe paiono a volte improntate ad un automatismo, se non ad un vero e proprio pregiudizio. Uno di questi ultimi casi, forse il più frequente oltre che il più fallace, consiste nel ritenere, come ineluttabile paradigma, che quanti siano oggetto del consenso elettorale lo abbiano realizzato automaticamente sulla base di frequentazioni illecite, di collusioni con la residuale parte della malavita organizzata. Per sostanziare queste azioni giudiziarie i magistrati ricorrono all’applicazione di quel fumoso, impalpabile, mai tipizzato reato di concorso esterno in associazione camorristica. Aggiungasi a tutto ciò l’atavica inclinazione della politica alla gestione politico-clientelare della cosa pubblica, per accaparrarsi i voti dei clienti (che di mestiere fanno gli elettori) ed il quadro della legittima suspicione (condizionamento ambientale) diventa completo. In questo clima di sospetti ed incertezza non poche delle inchieste imbastite dalle Procure, che pur avevano alzato polveroni e scandali, sono poi finite in un nulla di fatto. Tuttavia ogni tanto, nei Comuni, si avviano verifiche amministrative sull’operato delle compagini che compongono i consigli comunali, le “task force” di d’accesso si insediano nei Municipi sfornando relazioni negative sull’operato della civica amministrazione di turno. I loro atti, successivamente vagliati anche dalla commissione provinciale sull’ordine e la sicurezza pubblica, vengono quindi inviati al ministero dell’Interno per i provvedimenti del caso, tra questi ultimi lo scioglimento del Consiglio comunale, ritenuto un salutare, necessario deterrente. Nulla da ridire su una tale prassi di controllo e verifica se non fosse che, in talune circostanze, più che prove e riscontri inoppugnabili le relazioni dei commissari si avvalgono di ipotesi suggestive, di vere e proprie deduzioni e di indicazioni spesso aleatorie per decretare la fine anticipata del consiglio comunale. Parliamoci chiaro: quello dello scioglimento resta comunque un gesto gravissimo, perché cancella la libera volontà espressa dagli elettori ed interrompe traumaticamente l’ordinaria vita amministrativa e quindi andrebbe giustificato con tanto di prove alla mano. Spesso ad influenzare queste decisioni che mandano a casa i componenti eletti negli enti locali, sono di natura politica. Si tende ad essere severi verso le compagini amministrative di segno politico non proprio in sintonia con quello di chi governa la nazione. Insomma alcune volte per gli amici la legge si interpreta, per i nemici la si applica. A studiare il dispositivo di scioglimento del Comune di Calvi Risorta pare ci si sia imbattuti in una di quelle vaghe ed imprecisate “contestazioni”. Si legge infatti che in quel Comune sarebbero state riscontrate circostanze che alimentano una diffusa pratica dell’illegalità. Quali siano queste “circostanze”, dove, come e chi le abbia commesse, nello specifico, nessuno lo scrive. Ed ancora, si parla di una serie di situazioni specifiche, analiticamente verificate, che avrebbero portato ad una perdita di credibilità degli amministratori e con essa sia aumentata la permeabilità dell’apparato amministrativo alle infiltrazioni della criminalità organizzata. Anche qui il racconto è grave ma non è chiaro, per non dire indeterminato, mancando l’indicazione cronologico-temporale a cui quelle fattispecie si riferiscono. Capita così che a pagare la censura siano gli amministratori che sono succeduti ai fatti ipotizzati. La legge, se vi sono specifici addebiti e fatti illeciti, farà sicuramente il proprio corso come è giusto ed auspicabile che sia, ma che prima di arrivare a giudizi definitivi nelle sedi competenti l’azione di repressione anticipi un esito giudiziario tutt’altro che scontato è una cosa sbagliata. Lo è innanzitutto perché cancella, in modo irreparabile, il responso democratico, attribuendo ad un intera collettività politica una immeritata patente di infamia. La legalità è un bene irrinunciabile per la collettività, deve però esserlo anche la democrazia elettiva!! Insomma occorrono più prove ed elementi concreti prima di defenestrare qualcuno eletto legittimamente dal popolo! Il “così è se vi pare” di pirandelliana memoria mal si addice sia alla giustizia che alle libertà democratiche.
*già parlamentare.