*De Luca e il “gioco delle tre carte”* di Vincenzo D’Anna*

Per chi non conosce o ignora il “gioco delle tre carte”, sarà bene spiegare che si tratta di un’astuta “truffa” nata nelle strade di Napoli e da lì diffusasi in molti altri territori. Un espediente che ancora oggi miete vittime tra i malcapitati di turno. Un abilissimo e veloce mazziere mescola tra loro, dopo averle fatte vedere, due carte di segno nero (quelle perdenti) ed una colorata di rosso (la carta vincente). Lo scommettitore dovrà cercare di non perdere di vista la carta buona così da indovinarne la posizione sul tavolino. Peccato non vi riesca praticamente mai! Il “cartaro”, infatti, spalleggiato da complici che si fingono a loro volta giocatori, è talmente abile nelle manovre da riuscire a confondere l’avventore, scambiando artatamente le carte durante il miscuglio. Risultato: il banco vince. Sempre. Da qui, quando qualcuno escogita sistemi per frodare il prossimo, l’idiomatica espressione “fa il gioco delle tre carte”. Traslata nel mondo politico, l’espressione si addice a coloro che brigano per trarre un indebito vantaggio dal loro agire, soprattutto quando si tenta di cambiare le regole (norme, regolamenti, leggi) a sfida in corso, per avvantaggiarsi sui competitori. Per quanto sia dato sapere il “gioco delle tre carte” appassiona anche molti politici di casa nostra nel cui novero troviamo il governatore della Campania Vincenzo De Luca, soggetto istrionico e vulcanico, particolarmente dotato di facondia verbale, veloce ed abile nel mescolare le carte in tavola. Non è difficile vederlo cambiare sia atteggiamento che pensiero allorquando si trova innanzi a mutati scenari. Eccolo allora trasformare gli anatemi in benedizioni, i nemici in amici, il turpiloquio lessicale in auliche espressioni filosofiche. Solipsista a tutto tondo, il celebre “sceriffo” esterna da una tv amica e senza alcun contraddittorio giornalistico (e politico), torrenziali proclami per accreditarsi nella vesti di contestatore a tutto tondo, pur gestendo da decenni il potere costituito. Indossa i panni di moralista intransigente pur addivenendo ad ogni utile compromesso capace di mantenerlo in sella. Occorre ricordare che fu proprio grazie a questa loquela sghemba e multiforme che recuperò, ai tempi del Covid, consensi nei sondaggi e tra gli elettori riuscendo a riconfermarsi a Palazzo Santa Lucia!! I tempi però cambiano velocemente. Il presidente della Regione annaspa, i suoi proclami sembrano svaniti come neve al sole. La Corte dei Conti lo ha inquisito per un presunto danno erariale di 42 milioni di euro. Soldi spesi per dotare i cittadini campani di un inutile tesserino. In soldoni, De Luca sarebbe accusato di aver banalmente ed indebitamente anticipato quello che di lì a poco sarebbe nato come “green pass” governativo. Eppure con lui al timone la sanità regionale che pure avrebbe dovuto recuperare posizioni nell’elenco di quelle neglette e disorganizzate, è rimasta ben ultima, come se non peggio di prima. Insomma: da lui è giunto tutto un susseguirsi di fiaschi concreti dopo clamorosi annunci tipo l’ultima boutade della “marcia su Roma” con i sindaci amici per rivendicare l’erogazione dei fondi di coesione e sviluppo per i quali il governo si era riservato di verificarne progetti ed impiego per tutte le Regioni. Dopo aver insolentito il presidente del Consiglio ed il ministro Fitto, in queste ore il governatore, docile e serafico, si è recato a Roma per firmare il protocollo d’intesa con quella “stronza” della Meloni. Lo sceriffo non arretra innanzi a niente e quando può sfoggia la vecchia doppia morale politica di funzionario del Partito Comunista!! Ed eccolo allora tirare fuori le “tre carte” pur di restare al comando nel prossimo futuro. La prima, piuttosto fasulla, è quella della sua ricandidatura per il terzo mandato, che pure sarebbe espressamente vietato dalla legge. La furbizia, unita alla sottigliezza giuridica, consisterebbe nel fatto che quella norma non sarebbe mai stata ratificata dalla Regione Campania e quindi non esplicherebbe i propri effetti. La seconda carta consiste nella modifica della legge elettorale regionale, con la quale si prefigge sia di aumentare i posti in Consiglio sia di abbassare la soglia di sbarramento prevista per le liste ammesse alla assegnazione dei seggi disponibili. Insomma: un bel modo per aumentare sia ol frazionismo che la confusione politica. Un escamotage che gli consentirebbe di replicare, questa volta su più larga scala, la presentazione di tante civiche a lui riferite portando così i propri ascari ed i tanti fedelissimi “re travicelli” senza partito e senza idee politiche, nel parlamentino campano. La terza carta è quella di contrastare le mosse del Pd, ed in particolare modo, la scelta del candidato in pectore per la presidenza della giunta regionale, l’attuale sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, depauperandolo di consensi. Il tutto salvo trovare un accomodamento al ribasso che possa consentirgli di rimanere in campo anche tramite i propri pargoli, uno dei quss adli già siede in parlamento, in ossequio al “ familismo amorale” . Orbene il ceto politico che popola la Regione Campania non brilla certo per acume né per fermezza di convincimenti e scelte politiche stabili. Di conseguenza potrebbe anche assecondare le acrobazie dell’abile “mazziere” in nome del “si salvi chi può” oppure del celebre “tengo famiglia”. La speranza però è che gli elettori ed i pochi politici, degni di questo none, rimasti sulla piazza gli smontino il banchetto e strappino tutte le tre carte truffaldine !!

*già parlamentare