DOPO LA PERQUISIZIONE IN CASA RIVELATA DA DAGOSPIA, L’EX AMANTE DI SANGIULIANO MARIA ROSARIA BOCCIA RISCHIA FINO A 7 ANNI DI CARCERE PER “MINACCIA A UN CORPO POLITICO DELLO STATO” –

LA DENUNCIA DI “GENNY DELON” HA FATTO SCATTARE IL SEQUESTRO DI CELLULARE, COMPUTER E OCCHIALI SPIA DELLA “POPPEA DI POMPEI” –

SECONDO I PM LA BOCCIA “ESERCITAVA MINACCE (…) IN MODO DA OTTENERE IL CONFERIMENTO DELLA NOMINA A CONSULENTE”.

L’ALTRO REATO CONTESTATO E’ DI “LESIONI AGGRAVATE”, PER AVERE COLPITO SANGIULIANO IN TESTA (MA LEI NEGA) – 

LA PRESUNTA GRAVIDANZA E LE CHAT CHE FINIRANNO AGLI ATTI E RISCHIANO DI DIVENTARE UNA MINA VAGANTE PER TUTTO IL GOVERNO – 

SANGIULIANO È INDAGATO PER PECULATO E RIVELAZIONE D’UFFICIO.

SI E’ MOSSA ANCHE LA CORTE DEI CONTI (AVVISATE GIULI CHE NON HA CAPITO UNA MAZZA E DEFINISCE “GOSSIP” LA VICENDA)

 

 

I carabinieri a casa di Boccia: acquisite chat, occhiali, schede l’accusa – Lesioni e “Turbata l’attività di governo”. Telefoni sequestrati dopo l’esposto di Sangiuliano.

Hanno suonato alla porta di casa sua a Pompei alle 6:55 del mattino, mentre dormiva. Così la “mina Boccia” è stata “neutralizzata”: senza telefono, fino al pomeriggio. Di più, la donna accusata di aver dato un’unghiata a Gennaro Sangiuliano finisce ora sotto inchiesta per “minaccia a un Corpo politico dello Stato”, un reato abnorme che prevede fino a 7 anni di carcere. E anche per “lesioni aggravate” per via del vistoso graffio esibito dall’ex ministro della Cultura al Tg1 che accusa l’imprenditrice di averlo “colpito al cranio”, cosa che lei nega.

Sono i primi effetti concreti della denuncia di Sangiuliano contro la sua consulente (mancata) al ministero della Cultura. Su mandato della Procura di Roma, i carabinieri del Nucleo investigativo ieri mattina hanno perquisito l’abitazione di Maria Rosaria Boccia a Pompei. La 41enne è indagata per “minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario dello Stato”, reato previsto dall’articolo 338 del codice penale, e prevede una condanna da uno a 7 anni. “Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto per ottenere, ostacolare o impedire il rilascio o l’adozione di un qualsiasi provvedimento, anche legislativo, ovvero a causa dell’avvenuto rilascio o adozione dello stesso”, si legge nell’articolo di legge.

Benché sia contestata pochissimo, quest’accusa sposta l’asse orbitale dell’intera vicenda Boccia-Sangiuliano dalla sfera privata a quella pubblica e il campo d’azione in relazione ai messaggi e al materiale eventualmente utilizzabile.

Boccia ha collaborato attivamente alla consegna di 15 device. Non è un caso che l’appartamento di 110 metri quadri sia stato ispezionato in appena un’ora. Tra i dispositivi sequestrati ci sono i famosi occhiali Ray-Ban che ha utilizzato alla Camera (“per provarli”, aveva detto lei). E poi tre cellulari, un tablet, un computer, un pc portatile e 9 tra pendrive, schede Sd, nanosim e MicroSd da smartphone, dove gli investigatori contano di verificare quali e quante riprese ha fatto nelle aule istituzionali, se si tratti o meno di documenti da considerare “sensibili”.

Ma la Procura di Roma di cosa accusa Maria Rosaria Boccia? Nel capo d’imputazione si afferma che l’imprenditrice avrebbe “esercitato minacce idonee a compromettere la figura politica e istituzionale” di Sangiuliano (…) in modo da “turbarne l’attività e ottenere il conferimento della nomina a Consulente per i Grandi Eventi, incarico di diretta collaborazione del Ministro”. Starà ai pm verificare se questa “attività” sia stata “turbata” in maniera “perdurante”, visto che tutta la vicenda è durata tre mesi (da maggio ad agosto) e Sangiuliano si è poi dimesso.

Nel dettaglio, per i pm – che per ora hanno solo raccolto l’esposto dell’ex ministro – Boccia “contattava ripetutamente Sangiuliano richiedendo appuntamenti, rifiutati” e pure gli uffici del Ministero “per conoscere gli esiti della procedura di nomina”. Anche se questo punto sembra piuttosto naturale, vista la promessa dell’ex ministro. Poi c’è la questione più privata: “Informava il Sangiuliano di una sua presunta gravidanza”, si legge, e “contattava ripetutamente la moglie del Sangiuliano, con chiari riferimenti alla sua relazione extraconiugale con il marito”.

Sempre secondo il capo d’imputazione, Boccia “simulava la sua presenza in luoghi frequentati privatamente dal Sangiuliano”. Poi c’è la parte mediatica: “Pubblicava progressivamente e in modo frammentato, ai media e sui social, notizie attinenti alla sua relazione con il Sangiuliano, ai rapporti con il Ministero per la Cultura e all’accesso a documenti ed informazioni riservate del Ministero, ogni volta alludendo alla disponibilità di altre notizie compromettenti per il ministro” oltre a rilasciare “interviste nelle quali affermava che il Ministro era sotto ricatto e ulteriormente alludeva alla disponibilità di ulteriori informazioni compromettenti”.

Per capire la ratio del blitz, è utile anche capire cosa cercano gli investigatori. Che, va ribadito, devono in primis verificare le accuse (gravi) di Sangiuliano, prodotte attraverso l’esposto presentato dal suo avvocato, Silverio Sica. Intanto si vuole documentare, attraverso “audio e video” la “relazione tra l’indagata e la persona offesa”, che Boccia non ha mai confermato essere stata intima. Poi, ci sono i file relativi all’incarico promesso di consigliare per i Grandi eventi e le chat “integrali” tra Boccia e Sangiuliano che dimostrino il contenuto dell’esposto dell’ex ministro.

E ancora: le chat tra Boccia, la moglie di Sangiuliano, Federica Corsini e l’amica Melania Rizzoli “incluse registrazioni audio o vocali in cui parlino le persone prima indicate”, quelle tra Boccia e Francesco Gilioli (l’ex capo di gabinetto di Sangiuliano) o “altro personale amministrativo” e quelle con “terzi ove venga menzionato il ministro, anche mediante nomi o nomignoli”, punto che potrebbe coinvolgere anche altri politici o membri del Governo. Infine le chat riferite al G7 di Pompei, mail e documenti relativi alla presunta gravidanza “ivi incluse visite di controllo”, il materiale relativo alle partecipazioni di Boccia agli eventi e alle riunioni istituzionali e poi foto, audio e video riferiti agli spostamenti nelle località al seguito dell’ex ministro e di documenti di natura istituzionale.

Le chat che finiranno gioco forza agli atti ora rischiano di diventare – quelle sì – una mina vagante per tutto il Governo. Bella mossa.

FONTE: Di Vincenzo Bisbiglia e Thomas Mackinson / Roberto D’Agostino