Addio al rito abbreviato per i reati da ergastolo
Non sono d’accordo avvocati penalisti e magistrati con varie motivazioni (lacrime di coccodrillo!… becere e strumentali… ) ma sono d’accordissimo, invece, i cittadini per un provvedimento voluto fortemente dalla Lega
È stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale del 23 aprile, il testo della legge che rende il giudizio abbreviato inapplicabile ai reati puniti con la pena dell’ergastolo. Il provvedimento modifica gli articoli. 438, 441- bis, 442 e 429 del codice di procedura penale e di fatto impedisce il ricorso al rito speciale nel caso di reati come devastazione, saccheggio e strage, l’omicidio aggravato e le ipotesi aggravate di sequestro di persona.
Gli imputati, infatti, non potranno più scegliere la linea difensiva del rito abbreviato, che prevede la definizione del giudizio durante l’udienza preliminare, con la decisione presa allo stato degli atti, dunque assumendo tutti gli atti delle indagini preliminari con piena valenza probatoria. Di fatto, quindi, l’imputato che prende questa via acconsente a non formare la prova in dibattimento, beneficiando di uno sconto della pena di un terzo per i delitti e la metà per le contravvenzioni.
Inoltre, la riforma non prevede solo lo stop pro futuro del rito per i reati puniti con l’ergastolo, ma prende in considerazione anche l’ipotesi della modifica dell’imputazione in corso di giudizio. In particolare, la legge dispone che, se a seguito delle contestazione si procede per i riti punibili con l’ergastolo, il giudice revoca anche d’ufficio l’ordinanza che aveva disposto il giudizio abbreviato, fissando l’udienza preliminare. La norma, voluta e portata all’approvazione dalla Lega, ha invece registrato sin dalle prime battute del suo iter parlamentare la netta opposizione delle Camere penali italiane.
“L’eliminazione dell’abbreviato per i reati da ergastolo in nome del populismo e della idolatria del fine-pena-mai è in aperto contrasto con il percorso aperto insieme all’avvocatura, alla magistratura ed all’accademia per individuare nuovi strumenti deflattivi volti a ridurre il numero dei dibattimenti e la durata irragionevole dei processi nel nostro Paese”, è stato il parere lapidario dei penalisti, ii quali hanno sottolineato come l’intervento legislativo esprima una “idolatria della pena eterna” che contrasta con il principio costituzionale del reinserimento del condannato nella società.
Tra i problemi sottolineati dal presidente Gian Domenico Caiazza, il pericolo di un intasamento delle Corti d’Assise: “Nei procedimenti per quel tipo di reati, con la ormai vecchia disciplina, gli imputati optavano per l’abbreviato in quasi l’ 80% dei casi. A valutare il fatto era dunque un singolo giudice dell’udienza preliminare, che riusciva a chiudere la pratica nel giro da 3 o 4 mesi. Solo una quota marginale di fascicoli finiva a dibattimento, fase in cui la competenza per simili processi è delle Corti d’assise: si riunisce cioè una giuria popolare che completa il collegio col presidente e l’altro togato. Ci si mette almeno un paio d’anni. E assisteremo così alla paralisi delle Corti d’assise”.
La stessa preoccupazione era stata segnalata anche dal Csm, in un parere di inizio febbraio, in cui si era anche paventato il rischio che, con il rito ordinario, si arrivasse alla scadenza dei termini di custodia cautelare prima della sentenza. Insomma, processi ordinari e dunque più lenti, per delitti della massima pericolosità sociale. Critica sulla norma era stata anche l’Associazione nazionale magistrati, in particolare proprio sul potenziale impatto negativo sulla durata dei processi che la riduzione della possibilità di utilizzo di un rito speciale può portare con sè.
Tuttavia, il provvedimento non ha visto alcun arretramento ed è stato approvato in Senato a inizio mese con particolare convinzione da parte fronte leghista, in questo caso spalleggiato in aula anche da Fratelli d’Italia e da Leu (in particolare dall’ex presidente del Senato, Piero Grasso), contraria invece Forza Italia (che invece ha sostenuto l’iter approvativo per la legittima difesa).
“Con questa legge”, aveva dichiarato al momento dell’approvazione il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, “diamo un segnale fortissimo a tutti i cittadini di questo Paese. Ora c’è la certezza della pena, non ci sono più gli sconti di pena a cui i criminali un po’ si sono abituati in questo Paese quando ci sono reati gravissimi. È un segnale forte a tutti i cittadini onesti: chi sbaglia con noi al governo paga”. Ora che la legge è stata pubblicata in Gazzetta, entrerà in vigore in 15 giorni: poi sarà il momento di valutarne gli effetti e monitorarne i risultati, in particolare sul fronte del rischio “collasso” delle Corti d’Assise.