Facondo
fa-cón-do
Significato Che parla o scrive con facilità fluente e ricca
Etimologia voce dotta recuperata dal latino facundus ‘eloquente, dalla parola facile’, derivato di fari ‘parlare, narrare’.
- «Hai sentito come parla? È una delle persone più faconde che io conosca.»
Questa è una parola ricercata e poco usata, ma ha un significato così sfacciatamente positivo da meritare attenzione. Senza contare il pedigree: appartiene a una famiglia eccezionale.
Infatti è della pianta del fari, uno straordinario ‘parlare’ latino — che più di altri sinonimi anche celebri, come il loqui, ha saputo interpretare quest’atto, il più umano degli atti, in maniera proteiforme. È manifestare, narrare, cantare in versi, vaticinare — e per vie varie è nonno dell’affabile e dell’ineffabile, della fama e del fato, della favola e dell’infante, della prefazione e della professione, del nefando e del nostro facondo.
Si dice facondo chi ha facilità di parola, chi parla in maniera fluente e ricca, chi si esprime con scioltezza ed espressività ornata. Certo, come importante sinonimo abbiamo l’eloquente: ma ha una dimensione oratoria meno spontanea, e forse è fatto di un tessuto meno splendido. Il facondo spicca per la sprezzatura con cui comunica meravigliosamente.
E inoltre l’eloquente, nel suo essere più comune, si è più compromesso diffusamente in una dimensione figurata splendida ma ulteriore — sono eloquenti anche sguardi e silenzi, mentre è più difficile dirli facondi. Il facondo, nella sua nicchia, resta attaccato alle parole. (D’altro canto l’aggettivo parente loquace è più imperniato sul parlare tanto, opposto al taciturno.)
Certo, abbiamo un piccolo arcipelago di parole che usiamo in maniera colloquiale verso bimbi e amici; e quindi parliamo di com’è chiacchierone tuo figlio, dell’amica ciarliera con la parlantina inarrestabile, dell’ortolano linguacciuto che ci aggiorna sui pettegolezzi del paese — ma ecco, già vediamo che questi attributi fanno presto a scivolare in considerazioni negative, anche spregiative. Le parole, troppe, troppo ricche, troppo raffinate, possono stuccare e rendere diffidenti. L’eloquente, nella sua distinzione, non corre questo pericolo; il facondo l’ha corso, ma non è più un pericolo attuale. Anzi proprio il suo senso di facilità lo scosta dall’impressione di un’impostazione o di una posa.
Posso parlare di come nella compagnia una certa attrazione abbia reso facondo l’amico solitamente di poche parole, e asciutte; posso parlare del successo della politica locale che si fa apprezzare anche fuori dalla sua circoscrizione perché ha idee intelligenti che esprime in interventi facondi; posso parlare del festival che raduna una sfilza di relatori e relatrici faconde, tanto che non sappiamo scegliere chi andare a sentire.
Sentiamo come, a dispetto della ricercatezza, il facondo riesca meno ingessato dell’eloquente. Un relatore eloquente, una politica eloquente, un amico eloquente ha un tratto serio, compreso nell’atto. Il facondo, con sfumatura sottile, è più estroverso e disinvolto.
Certo l’uso poco comune non lo rende adatto a ogni situazione — il rischio che non sia compreso è concreto. Ma là dove ce lo possiamo permettere, spenderlo significa usare una tonalità magnifica — essa stessa, a ben vedere, piuttosto faconda.