Prolettico

pro-lèt-ti-co

Significato Che ha valore di prolessi, cioè di anticipazione, o che vi si riferisce, o che le è proprio

Etimologia voce dotta recuperata dal latino tardo prolepsisdal greco prólepsis ‘anticipazione’, derivato dalla radice di prolambáno ‘prendere prima’, da lambáno ‘prendere’, col prefisso pro- ‘prima, davanti’.

  • «È un romanzo prolisso e prolettico.»

Parlare dell’aggettivo ‘prolettico’ impone logicamente di parlare prima della ‘prolessi’, ma facciamo subito una prolessi: l’aggettivo ci fa vedere come questo fenomeno si applica, qualifica i casi in cui si trova, e quindi riesce a calarsi nella realtà dei discorsi in maniera esemplare, meglio della prolessi stessa, che può vivere in astratto, e quindi limitarsi a esistere nella nostra testa come nozione più che come parola.

La prolessi è un’anticipazione — prólepsis in greco vuol dire proprio questo, un preso prima. E lo è in una quantità di casi specifici, più o meno complessi: questo vuol dire che non ha lo stesso respiro totale dell’anticipazione, non posso dire che al matrimonio l’amica mi ha dato una prolessi sul menu. Vive in particolari ambiti linguistici, retorici, narrativi e filosofico.

C’è da dire subito questo: basta un esempio per capire con evidenza che cosa sia la prolessi in linguistica. È l’anticipazione sintattica di parole o frasi che devono ancora venire, classicamente compiuta con l’aiuto di pronomi. Quelle che ci sono poco familiari ci paiono ostiche, ma le parole difficili non di rado indicano qualcosa che ci è vicino. Ed è facile rendersi conto di questo, di come la prolessi sia un procedimento più comune di quanto s’immagini. Abbiamo fatto abbastanza esempi nel mentre, ma giusto per non negarsi un boccone di poesia, è anche il caso dei famosi versi di Montale «Codesto solo oggi possiamo dirti, / ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.»

Nell’arte della narrazione la prolessi è più alla mano: è il cosiddetto flashforward, opposto meno noto del flashback (che per greca simmetria, chiosiamo, è anche noto come analessi). È anch’esso un’anticipazione sulla sequenza cronologica della storia. In un momento della narrazione s’introduce uno squarcio di futuro, o si salta nel futuro. Quando apriamo Cent’anni di solitudine, le prime parole che leggiamo sono una prolessi: «Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio.» Ma sono una prolessi anche le ultime pagine di Harry Potter e i Doni della Morte, e pensiamo alle ampie prolessi che troviamo in serie famose come Breaking Bad o Better Call Saul.

In retorica di prolessi ne abbiamo due generi: uno comune, uno no.
Quello comune fa della prolessi un’anticipazione preventiva, che confuta l’obiezione prima che si presenti. Qualcuno potrebbe pensare che sia comunque un caso raro, ma come si vede lo troviamo in frasi e procedimenti argomentativi dei più semplici. C’è chi obietterà che rende il discorso affettato, ma è un modo dei più classici per corazzarlo.
L’altro invece è una stranezza retorica, di efficacia sottile, forte nello spiazzare non con un’inversione temporale, ma conferendo contemporaneità a due elementi, di cui uno consegue all’altro. La rassicurazione calma la folla placida; la pioggia dà sollievo alla terra bagnata; la ragione imbriglia l’istinto domato. Il placido, il bagnato, il domato sono stati che arrivano dopo, conseguentemente. Ma questa prolessi stringe insieme l’ora e il poi, dandoci un’immagine immediata dell’effetto. Una meraviglia, ma roba per penne fini in contesti capaci di apprezzarla.

Il filosofia la cosa si fa ancora più stretta e sottile, e di interesse più di nicchia, perché la prolessi per epicureismo e stoicismo sostanzia concetti generali che anticipano l’esperienza — come a priori naturali o come frutto di esperienze pregresse.

Ma il prolettico?
Posso parlare di come l’amico emozionato s’incarti su qualche pronome prolettico senza portare avanti la frase, posso parlare del gancio prolettico del racconto, che ci fa passare il tempo in cui non lo leggiamo nell’aspettativa su com’è che faranno le cose a prendere quella piega là, posso parlare dell’oratore capace che, a ogni critica che appena mi viene in mente, risponde subito con un inciso prolettico.
Certo anche così non è che il prolettico diventi la parola più pronta sul bancone del bar, però senz’altro si può calare con vitalità nella normalità dei nostri discorsi — quando abbiano un’altezza sufficiente a sostenerla.

 

Brocardo del GIORNO  Ne bis in idem – 

Non due volte sulla stessa questione