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Economia
“Il fisco premia i più ricchi. Per loro servono aliquote più alte o la wealth tax”. Uno studio spiega a Giorgetti dove trovare 30 miliardi
Fin qui la diagnosi. Poi arrivano le proposte, che si inseriscono nel dibattito globale sull’opportunità di una imposta minima globale sui molto ricchi di cui si è discusso in estate al G20 di Rio. Il paper simula che cosa succederebbe tassando di più i redditi da lavoro e da capitale del top 7% e confronta l’esito con quello che si otterrebbe varando una wealth tax a carico della stessa fascia di contribuenti. Nel primo scenario, per aumentare l’equità e ridurre la disuguaglianza dei redditi netti si potrebbero applicare a tutti i redditi del 7% più benestante aliquote effettive di almeno il 51%. Per il top 0,1% il livello ottimale sarebbe del 60%. Al momento, come è noto, l’aliquota Irpef massima è al 43% e i redditi da capitale sono tassati al 26% con l’eccezione dei titoli di Stato. Il gettito fiscale complessivo aumenterebbe del 7% e il risultato “regge” anche tenendo conto di un eventuale impatto sui comportamenti dei contribuenti che in teoria potrebbero essere indotti a lavorare o investire di meno oppure a evadere di più. Sarebbe meno efficiente un intervento limitato ai redditi da capitale con un’aliquota marginale del 61% su quelli del top 7%: il gettito salirebbe del 5,6%. A spanne si parla comunque di una cifra superiore ai 30 miliardi. Abbastanza per risolvere i problemi di Giorgetti alle prese con una manovra che si prospetta lacrime e sangue.
Gli effetti di un potenziale aumento di tasse vanno però sempre calati nella realtà. Come hanno fatto notare molti studi precedenti, i “Paperoni” hanno molti mezzi per gestire e spostare i propri redditi in modo da ridurre al minimo la tassazione. La loro capacità contributiva viene quindi catturata meglio guardando ai patrimoni, più difficili da manipolare. Per raggiungere gli stessi risultati in termini di equità e gettito il paper studia quindi anche l’opzione di una wealth tax. Ad essere colpite sarebbero le ricchezze nette superiori a 450mila euro. Le aliquote effettive per il 7% più ricco dovrebbero partire dallo 0,3% per i patrimoni oltre i 450mila euro e salire gradualmente fino all’1,7% per il top 0,1%. Il gettito sarebbe paragonabile a quello di un aumento delle aliquote sui redditi. Conoscendo gli usuali argomenti contro le patrimoniali, i ricercatori sfatano facilmente uno dei più gettonati, cioè il rischio che chi deve pagarle non abbia liquidità sufficiente: quella fascia di contribuenti ha asset liquidi compresi tra il 54 e il 65% della ricchezza netta. Basterebbe venderne una piccolissima parte per essere in grado di rispondere alla chiamata dell’erario.
I risultati della ricerca, spiegano gli accademici, suggeriscono una possibile direzione ai futuri interventi di riforma fiscale che volessero ridurre le disuguaglianze, aumentare il gettito e invertire la rotta rispetto alla regressività del sistema. La delega messa in campo lo scorso anno dal governo Meloni va in tutt’altra direzione: conferma gli iniqui regimi cedolari e forfettari che svuotano la base imponibile Irpef, offre alle partite Iva un concordato biennale con il fisco accompagnato da un maxi condono sulla passata evasione, lascia immutate le franchigie e aliquote delle imposte sulle successioni che fanno dell’Italia un paradiso fiscale per gli eredi e non interviene in alcun modo sulla tassazione dei più abbienti.
FONTE:
Soldi giù dal balcone recuperati 160mila euro/ Il caso del presunto 007/
GITA SULLO YACHT, IL CONSIGLIERE REGIONALE: «HO PAGATO OLTRE SETTEMILA EURO» L’ACCUSA: «AVEVA SAPUTO DI ESSERE INDAGATO»
Spunta anche un faccendiere pugliese nell’inchiesta su concussione, corruzione e altri reati ipotizzati dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere e sfociata, tre giorni fa, in una dozzina di perquisizioni che hanno riguardato il consigliere regionale Giovanni Zannini, tra i sette indagati ma dichiaratosi pronto a dimostrare l’estraneità ai fatti contestati, ed eseguite dai carabinieri anche oltre i confini campani, come nel basso Lazio e in provincia di Foggia.
Qui, in particolare, i pm Gerardina Cozzolino e Giacomo Urbano hanno disposto l’acquisizione di materiale informatico in possesso di un personaggio che uno degli indagati, l’imprenditore mondragonese Alfredo Campoli, anche lui tra gli indagati, individua come una sorta di “spia” tanto da far emergere anche una presunta ombra dei servizi segreti, ipotesi però tutta da confermare trattandosi di un personaggio già noto alle cronache giudiziarie pugliesi.
Durante l’inchiesta, infatti, i carabinieri del Reparto Territoriale di Aversa si sono imbattuti in un incontro tra l’imprenditore Alfredo Campoli e Francesco M., un uomo presentatosi come esperto in materia di rifiuti, che dopo aver fatto diverse domande a Campoli sul consigliere regionale Zannini, si sarebbe reso disposto a consegnargli delle pen-drive con notizie riservate. Campoli però, a tali richieste, si sarebbe impressionato senza accettare l’offerta. L’interlocutore pugliese si sarebbe presentato una prima volta su un’area di servizio del Beneventano come un “agente dei servizi” in possesso di notizie riservate riguardanti l’indagine su Zannini e Campoli.
Il presunto agente si dice certo, rivolgendosi all’imprenditore, di poter fare insieme «grandi cose». Un secondo incontro con il faccendiere in realtà un ex dipendente della Provincia di Foggia in pensione – sarebbe avvenuto nei pressi di un bar di Mondragone. Sarebbe stato l’uomo a farsi vivo con alcuni sms diretti a Campoli presentandosi anche come esperto di gare di appalto per bonifiche ambientali e di conoscere «un sacco di gente». L’incontro però avrebbe turbato Campoli immaginando che le pen-drive offerte dal presunto agente contenessero trojan informatici.
I RETROSCENA
Intanto, si è appreso che durante le perquisizioni dell’altro giorno, un dipendente o familiare di uno degli indagati, quando ha visto arrivare i carabinieri, ha aperto la finestra e ha lanciato fuori 160mila euro in contanti. È quanto accaduto a Trentola Ducenta. I soldi, contenuti in un pacco, sono stati poi recuperati dai militari dell’Arma. Questa perquisizione era stata disposta nei confronti di una persona al momento non iscritta nel registro degli indagati da cui però uno degli imprenditori indagati, Alfredo Campoli, si recava spesso a ritirare consistenti somme di denaro, anche di circa 100mila euro, come è emerso dagli accertamenti dei carabinieri. In una circostanza monitorata dagli investigatori, si nota Campoli che di buon mattino si reca presso l’abitazione dei dipendenti di due imprenditori napoletani indagati che operano nel ramo della vendita di bibite all’ingrosso e al dettaglio. Secondo gli inquirenti, le aziende di Campoli, operanti nel settore della metallurgia e rifiuti, intrattenevano rapporti finanziari con una società piccola e quasi anonima con un giro di fatturato da cinque milioni di euro per cui i bonifici regolari e tracciati a saldo delle fatture venivano poi restituiti in contanti dai dipendenti degli imprenditori napoletani residenti nell’agro aversano. In una circostanza, gli 007 notano poi la consegna in auto dei contanti da parte di Campoli a una giovane donna che si ipotizza sia una familiare.
Le perquisizioni disposte dalla Procura sammaritana, emerge dalle indagini, si estendono anche all’autista del consigliere Zannini considerato come una persona a conoscenza di molte attività dell’avvocato mondragonese. Inoltre, altre perquisizioni sono state disposte nel Matesino presso tutti i componenti della Commissione ambiente per la vicenda dello schema redatto per il Comune di Castello del Matese: si tratta di perquisizioni, va precisato, eseguite a terzi e non agli effettivi indagati delle incolpazioni provvisorie.
I BONIFICI
Dalle indagini è poi emerso anche il retroscena del pagamento postumo della gita a Capri che Zannini ha fatto nel settembre 2023 sullo yatch “Camilla A”. Gita, secondo l’accusa, pagata dai due imprenditori Paolo e Luigi Griffo, titolari del caseificio La Spinosa, per essere aiutati a risolvere un problema con la Regione per l’impianto di mozzarella di bufala che stavano realizzando a Cancello ed Arnone. Zannini ha ammesso di aver saldato il conto della barca da oltre 7mila euro, ma per la Procura, quei soldi sarebbero stati pagati all’armatore di Latina, pure perquisito (fratello del suocero di uno dei Griffo) dopo che Zannini venne a sapere di essere indagato. Da alcune intercettazioni emerge che l’armatore, parlando con il fratello dello yacht offerto dai fratelli Griffo a Zannini, dice «tanto quello è un reato che hanno commesso loro».
Cassazione: «Estorsione di La Torre non emerge condotta camorristica»
RIMESSA A DIVERSA SEZIONE DEL RIESAME LA POSIZIONE DI “PUNTINELLA” DENUNCIATO DAL POLITICO
IL PROCESSO
Una nuova sezione del Tribunale del Riesame di Napoli dovrà valutare se sussistono gli elementi di natura mafiosa che avrebbero aggravato il reato di estorsione e tentata estorsione consumata da Tiberio Francesco La Torre, 60 anni, cugino dell’ex boss Augusto, nei confronti del consigliere regionale Giovanni Zannini e dell’imprenditore Alfredo Campoli, parti offese in un procedimento della Dda. La decisione arriva, per ironia della sorte, nelle ore dell’inchiesta della Procura sammaritana dove invece Zannini e Campoli sono destinatari di incolpazioni provvisorie (dalla concussione alla corruzione) scattate con il decreto di perquisizione di due giorni fa. I giudici della Cassazione, ai quali si è rivolto l’avvocato Carlo Destavola che assiste La Torre, hanno accolto la tesi difensiva ribaltando la conferma degli arresti decisa dal Riesame in prima battuta in quanto non emergerebbero profili di azioni camorristiche nelle condotte di La Torre pur colpito negli anni Novanta da accuse di camorra. Il pregiudicato mondragonese è andato subito a processo con giudizio immediato e il 13 settembre è stato proprio Zannini a informare i media che si era costituito parte civile al processo con rito abbreviato insieme all’imprenditore Campoli e al Comune di Mondragone. Tra le vittime di La Torre ci sono i Campoli padre e figlio e il consigliere regionale Zannini, minacciato di morte dall’imputato che gli aveva imposto un “pizzo” da 50mila euro: Zannini testimonierà all’udienza del 15 novembre.
LA RICOSTRUZIONE
Secondo le indagini, scattate dopo la denuncia presentata dal presidente della VII Commissione Ambiente, Energia e Protezione Civile del Consiglio regionale, Tiberio La Torre, in concorso con una seconda persona (il figlio, per il quale si procede separatamente per esercizio arbitrario delle proprie ragioni), voleva estorcere 50 mila euro a Zannini sul presupposto di finte pretese risarcitorie, presentandosi a casa del politico più volte senza che nessuno gli aprisse la porta. Nell’ordinanza che ha disposto il giudizio immediato il gip ha evidenziato due aspetti ben precisi della condotta delittuosa tenuta da “Puntinella”: il primo riguarda la presenza del secondo indagato e l’altro il fatto che La Torre, l’8 maggio, chiese insistentemente a Campoi di incontrare Zannini affinché questi gli consegnasse la somma di 50 mila euro entro la sera altrimenti lo avrebbe ucciso. Una chiara minaccia di morte sventata grazie alla denuncia e all’immediato arresto eseguito dai carabinieri. Un secondo capo d’accusa riguarda l’estorsione ai danni dell’imprenditore Campoli per una somma di circa 20mila euro, dal quale La Torre pretendeva che gli consegnasse il danaro presso una cappella del cimitero di Mondragone. La Torre ieri non era in aula per rinuncia. Dopo l’arresto, i giudici del Riesame di Napoli confermarono l’ordinanza cautelare a carico di La Torre, anche se lui aveva sostenuto di «non avere mai avuto a che fare con i denuncianti, chiedendo soltanto quello che gli spettava sull’aggressione subìta dal figlio anni fa da parte dell’allora penalista Zannini». I denuncianti hanno raccontato ai carabinieri di visite a casa improvvise, minacce di morte e richieste di danaro secondo loro avanzate con la scusa del risarcimento. «Ho fatto il mio dovere. Speravo che condotte del genere non si verificassero più. Ringrazio la Dda e i carabinieri per l’intervento tempestivo e dirimente. lo Stato c’è ed è forte» dichiarò Zannini dopo l’arresto di La Torre.
Asl, il giallo microspie la consegna dei pizzini catturata dalle riprese
Cimici posizionate prima del caso Iodice il direttore sanitario costretto a dimettersi
LA BUFERA
Intercettazioni ambientali, telefoniche, telematiche, videoriprese: erano monitorati a 360 gradi alcuni uffici dell’Asl di Caserta nel settembre dello scorso anno, ma anche prima delle indagini sul caso delle pressioni sull’ex direttore sanitario Enzo Iodice, da parte del consigliere regionale Giovanni Zannini, destinatario di alcune incolpazioni provvisorie come concussione e corruzione, emerse da una indagine che si può definire “digitale” per la sofisticata tecnologia usata dai carabinieri del comando provinciale, diretto dal colonnello Manuel Scarso. Pur tentando, alcuni indagati, di sfuggire alle intercettazioni, nell’inchiesta sono finite immagini e conversazioni che la Procura di Santa Maria Capua Vetere, guidata dal magistrato Pierpaolo Bruni, ritiene probatorie e quindi contestare i reati ipotizzati: oltre a concussione e corruzione, anche peculato, truffa, falso, riciclaggio e alcuni reati finanziari contestati a vario titolo a due imprenditori. Negli uffici al quarto piano del Palazzo di giustizia sammaritano, sarebbero state già avviate le copie forensi di tutti i dispositivi sequestrati tre giorni fa nel corso delle perquisizioni tra pc, telefonini, pen-drive, unità esterne e altro materiale informatico con divieto di accesso anche agli icloud per una maggiore blindatura dei “device” sequestrati. Le microspie che pullulavano tra gli uffici del direttore sanitario Iodice e quella del direttore generale Amedeo Blasotti (estraneo all’indagine) hanno rilevato finanche quando uno dei funzionari dell’Asl ha scoperto per caso una cimice la cui presenza è stata attribuita erroneamente a una iniziativa di Zannini che invece era uno dei monitorati.
LE IMMAGINI
È stata, invece, una intercettazione audiovisiva a catturare le immagini del consigliere Zannini che consegna un «pizzino a persona a lui vicina», dove sono indicati nomi e richieste dirette a Iodice per nominare medici, dirigenti o favorire dipendenti e infermieri che portava con lui nelle stanze della direzione. Nonostante la cautela adoperata da Zannini per far incontrare l’ex direttore sanitario con i dipendenti che avevano richieste da avanzare (Iodice sarebbe stato invitato a lasciare lo smartphone in ufficio), l’occhio del “Grande Fratello” è stato spietato. A quanto emerge dall’inchiesta le attività di intercettazione erano già in corso per altri motivi e anche la telefonata in cui Iodice si sfoga con un interlocutore è acquisita in modo indiretto prima dell’indagine durante la quale sarà sentito anche lo stesso Iodice, già sindaco dem di Santa Maria Capua Vetere. I carabinieri non hanno ancora trovato i pizzini su cui Zannini avrebbe indicato i nomi dei professionisti da nominare nei ruoli dell’Asl di Caserta; bigliettini che il consigliere regionale Zannini, come emerso dalle immagini delle telecamere negli uffici dell’Asl, ha consegnato ad alcune persone perché le dessero al direttore sanitario. Iodice, che non voleva soddisfare le richieste di Zannini sulle nomine, avrebbe fatto girare tra i dipendenti Asl anche il messaggio di non parlare con i politici, provocando la reazione piccata del politico mondragonese. Così il consigliere regionale, supportato dal dirigente della sanità della Regione Antonio Postiglione (indagato), è emerso dalle indagini, fece pressione su Iodice affinché si dimettesse; Postiglione paventò a Iodice un trasferimento in altre sedi, tra cui l’ospedale “San Pio” di Benevento, ma Iodice non accettò giudicando la proposta come una diminutio, e alla fine, nel settembre del 2023, si dimise. Il digì Blasotti, da cui dipendeva la nomina del direttore sanitario, in questo caso sarebbe stato “scavalcato” da Postiglione ma avrebbe perorato la causa di Iodice recandosi a Napoli, senza risultati. Iodice è stato poi nominato coordinatore dei Distretti sanitari dell’Asl casertana.
FONTE: SERVIZI DEL CRONISTA GIUDIZIARIO DE IL MATTINO BIAGIO SALVATI