La Chiesa di Bergoglio parla straniero*
di Vincenzo D’Anna*
Jorge Mario Bergoglio, salito al soglio di Pietro con il nome di “Francesco”, da buon gesuita, sta operando una silenziosa opera di ristrutturazione della gerarchia ecclesiastica. Fautore di una ferrea linea di condotta pauperista e socialista nel campo della dottrina sociale, minimale negli atteggiamenti fino a ridimensionare la sacralità della figura del Sommo Pontefice, di sicuro non sarà uno di quelli che passerà inosservato nella storia del cattolicesimo. Qualche cardinale lo ha contestato per aver banalizzato la figura stessa del Papa e per aver trascurato la dimensione ecumenica del mandato ricevuto, riducendolo alla sola cura dei poveri. In sintesi i suoi critici gli eccepiscono di aver fatto prevalere il missionario ai compiti ed alle responsabilità papali. Molti tra quanti hanno osato criticarlo sono stati puniti pubblicamente e solennemente, cosa abbastanza desueta per la millenaria tradizione della chiesa, mettendo in evidenza anche il carattere personale dell’ex vescovo di Buenos Aires. Ma dietro i comportamenti semplici si nasconde un forte carattere decisionista, una tempra che mal si concilia con la figura del “piacione” che pure Francesco vorrebbe mostrare in giro. Insomma il Papa ha ben chiara la linea “politica” del suo pontificato e pur sotto le mentite vesti del bonaccione che si offre al rapporto diretto ed informale con tutti, opera per ipotecare il futuro delle “sacre stanze” oltre che condizionarne il presente. Se dopo Francesco verranno altri Pontefici che, apprezzandola, ne seguiranno l’idea, l’ipoteca bergogliana sul futuro della Chiesa sarà realizzata. Insomma Jorge Mario punta a dare la rotta da seguire per tutto il terzo millennio. Come riuscirci? Semplice: infoltendo il conclave dei porporati, possibilmente scegliendoli tra i “terzomondisti”, tra i seguaci della sua pastorale così da eleggere il suo successore tra uno di questi. Solo così si spiega il record di Concistori tenuti da Francesco: ben dieci nel corso del suo pontificato. L’ultimo, in ordine di tempo, ed annunciato durante l’Angelus, si terrà l’8 dicembre, festa dell’Immacolata. In quel consesso saranno insigniti della manto “rosso porpora” altri ventuno prescelti. Di questi solo quattro sono italiani, uno dei quali quasi centenario e come tale escluso dalla partecipazione al conclave, sulla scorta della disposizione “ingravescente aetate” voluta a da Papa Paolo VI nel 1970 e che esclude dal conclave i cardinali divenuti ottuagenari. Nessun tra i prescelti francese, tedesco, spagnolo, polacco, messicano, ossia proveniente da una di quelle nazioni che hanno più tradizione cattolica e magari una chiesa ben strutturata ed autorevole. Si conferma in tal modo il rafforzamento, se non una vera e propria equiparazione, della rappresentanza cardinalizia dei piccoli Stati anche con scarso numero di fedeli, con quelli che storicamente hanno scritta la storia del cattolicesimo e della chiesa stessa di Roma. Tra i “nominati” spiccano i sudamericani: Perù, Cile, Argentina, Ecuador e Brasile la loro provenienza, in omaggio non tanto al continente di provenienza di Bergoglio, quanto alla teologia detta della “liberazione”. In quegli ambiti territoriali la fa da padrona la Chiesa operaia, socialista che si occupa delle società ove prevale la povertà sulla ricchezza, sulle grandi differenze sociali , di cui Francesco è il primo e più autorevole interprete. Gli altri provengono da piccoli Paesi, perlopiù poveri e con alte percentuali migratorie, con basi multi etniche e multi religiose. Insomma l’impronta appare chiara ed omogenea verso la visione del mondo di Bergoglio e della tipologia di magistero che dovrebbe assumere la Chiesa nel mondo. Finora il Papa argentino ha nominato ben 142 cardinali, dei quali 113 elettori, che vanno a formare una larghissima maggioranza nel futuro conclave. Sembrano definitivamente accantonate le speranze per un Papa italiano oppure proveniente da una delle chiese europee vetero cattoliche. Scongiurare il ritorno di un Vescovo di Roma che sia espressione di una teologia e di un magistero tradizionale, che si occupi anche dei tanti altri problemi che pure affliggono il popolo dei cristiani nelle società avanzate ed opulente. Il futuro Conclave dovrà eleggere un pontefice che, metafisicamente, passi attraverso la cruna dell’ago.Tuttavia come fedeli dovremmo credere ai dogmi della chiesa, alla ispirazione dello Spirito Santo che illumina e conduce i cardinali a scegliere il Vicario di Cristo in Terra. Ma solo a chi non guarda oltre le mani giunte del credo, che abbia la certezza che alla provvidenza divina non si possa sfuggire, non nota quel tramestio del Pontefice dal sapore molto politico e poco trascendente. Parliamoci chiaro: se dovessimo ricrederci anche sulla natura divina che porta alla elezioni del Papa, a perdere sarà solo la fede ed a trionfare l’agnosticismo. Ed anche questo sarebbe da considerare oltre il Tevere.
*già parlamentare