Nel penitenziario al centro della drammatica rivolta sedata con la violenza va avanti il progetto della maison Isaia. La direttrice: una iniziativa simbolica che è punto d’incontro tra reclusi e guardie carcerarie
Le divise della polizia penitenziaria italiana vengono realizzate nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Ogni anno 33 mila camicie destinate alle guardie carcerarie sono tagliate e cucite nei laboratori della struttura che nel 2021 fu al centro di uno scandalo finito sulla stampa internazionale: i detenuti chiedevano test e mascherine dopo un caso di Covid e che i colloqui con i familiari non fossero sospesi e la loro protesta venne repressa con la violenza. Circa 100 gli agenti di polizia penitenziaria — oltre che responsabili del Dap e alcuni medici — accusati del feroce pestaggio ripreso con cruda evidenza dalle telecamere di videosorveglianza del carcere. Il processo è ancora in corso.
Dopo quei giorni difficili è stata inviata a Santa Maria Capua Vetere Donatella Rotundo, con il preciso scopo di ricostruire l’immagine e la reputazione del carcere. E lei ha cominciato dal terreno che le è stato sempre familiare, da una formula che ha applicato anche in altre case circondariali: dal lavoro. «È stata una pagina difficile, ma siamo andati avanti con determinazione — racconta la direttrice —. E questo progetto ha una forte valenza anche simbolica, è proprio il segno tangibile dell’incontro fra chi è detenuto e gli agenti. Un ponte significativo in questo luogo e anche il segno del processo di recupero cui i reclusi sono chiamati. È il lavoro che restituisce la dignità e la speranza».
Un progetto realizzato insieme con la maison di alta moda maschile Isaia, che ha allestito un laboratorio dietro le sbarre e fornito il know how indispensabile per avviare i corsi. «Non un semplice passatempo per i detenuti — spiega Gianluca Isaia, presidente e ad dell’azienda —. Abbiamo realizzato un laboratorio con macchine uguali a quelle che utilizzano i nostri dipendenti e chi segue questi corsi sarà in grado di lavorare, una volta libero, a tutti gli effetti in una sartoria». Nell’accordo è previsto che la Fondazione Isaia ricopra il ruolo di consulente e supervisore della Casa Circondariale, con la direzione operativa del progetto e la valutazione degli standard e i compiti di verifica dei risultati. Alla Isaia & Isaia Spa il coordinamento della pianificazione produttiva e le funzioni relative all’expertise tecnico-sartoriale.
Del progetto si è parlato nel corso di una serata di beneficenza promossa da Isaia e intitolata «Cucinapoli», per la quale i detenuti hanno realizzato le divise per gli chef coinvolti. Un firmamento di stelle Michelin — Alfonso Iaccarino, Gennaro Esposito, Giuseppe Iannotti, Francesco Sposito, Maicol Izzo, Lino Scarallo, Domenico Candela — più due chef «resident» del ristorante Magnolia dove si è svolto l’incontro: Ignacio Hidemasa Ito e Antonio Chirico. Giacche per tutti e una uniforme in più per Donatella Rotundo, chef ad honorem, che è stata riportata in carcere con le firme di tutti gli stellati coinvolti nella serata. Da esporre con orgoglio fra i trofei, come una maglietta di una squadra di serie A con le firme dei giocatori
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