*La salute non è una merce* di Vincenzo D’Anna*


La segretaria del Pd Elly Schlein durante il comizio di chiusura della campagna elettorale per le regionali a Genova, ha affermato, con cipiglio battagliero, che la salute non è una merce. Come non darle ragione!! La salute, infatti, è un bene, una condizione psico-fisica che appartiene al singolo individuo. Egli ne dispone (e la tutela) secondo il proprio interesse e la cura secondo il proprio discernimento. Queste prerogative raffigurano un diritto naturale indisponibile allo Stato che però dovrebbe garantirlo concretamente. Di più: dovrebbe farlo secondo modalità che tutelino la libertà di scelta che ciascun malato deve poter esercitare nella scelta del medico oppure del luogo in cui curarsi. Se invece lo Stato rende il Servizio Sanitario un proprio monopolio ed impone al cittadino di servirsene per poter ricevere assistenza, ivi compresa la prevenzione delle condizioni patologiche, ecco allora che i termini cambiano radicalmente. E cambiano perché si costringe l’utente a servirsi del SSN per ottenere gratuitamente quello che la legge già prevede gli spetti. Tuttavia non è solo la violenza che si esercita nei confronti di chi, peraltro, non ha i mezzi per provvedere diversamente, ossia a proprie spese, alla cura della propria salute. La “pasionaria” dem confonde infatti la pubblicità del Servizio Sanitario con il monopolio statale della sua gestione: un errore ontologico per i marxisti!! Quelli che stante la mancanza di lucro deducono vi sia una superiore etica dei fini ed una condizione essenziale per catalogare come pubblico il servizio. Così però non è!! Il servizio è pubblico quando diventa accessibile per tutti i cittadini e gratuito per coloro che ne hanno diritto, non certo sulla base del profitto che ne ricavano gli operatori sanitari. Un esempio è quello che qualunque lavoratore abbia diritto ad essere remunerato. Se si tratta di un dipendente dello Stato, egli riceve il salario mensile; se invece è un lavoratore autonomo, costui non può che ricavare dal guadagno il proprio sostentamento ed il riconoscimento del proprio lavoro. Continuare a confondere il profitto con i profittatori è tipico dei comunisti che vedono nella libera iniziativa un ostacolo alla giustizia sociale. Un pregiudizio ideologico che, all’atto pratico, confonde le menti e porta allo sfascio il sistema dal momento che senza concorrenza, meriti e capacità, qualunque sistema è destinato a fallire. Nel caso del SSN questo non avviene solo perché lo Stato ripiana i propri debiti e li “giustifica” in nome della necessità di tenere in piedi il monopolio della gestione. All’opposto, nel privato accreditato (ossia in possesso di tutti i requisiti di qualità previsti dalle leggi in materia), il rischio delle perdite, degli investimenti e degli adeguamenti del sistema, li assume l’imprenditore oppure il professionista. Nel caso dello Stato il deficit va ad accrescere il debito pubblico, i relativi interessi passivi che vi gravano e quindi l’aumento delle tasse. Insomma, quella demagogica filosofia della “gratuità statale” si traduce in un “peso economico”, oltre che in un costo, che il contribuente, alla fine, è chiamato a sostenere. Gli è che il dipendente del servizio statale riceve uno stipendio calcolato sulla giornata di presenza non su quello che produce, viene retribuito per gli straordinari, gratificato economicamente con progetti incentivanti il lavoro, nel mentre gli operatori privati vengono pagati con tariffe pre-determinate per ciascuna prestazione regolarmente resa all’utente. I due sistemi – statale ed accreditato – svolgono le stesse funzioni sociali e sanitarie, eppure vengono discriminati a vantaggio della gestione statale . Al malato non interessa chi eroga la prestazione. A lui interessa, semmai, che quella prestazione sia efficace, che la struttura che la eroga sia efficiente ed attrezzata e che il professionista sia all’altezza del compito che gli è stato assegnatto. Siamo però solo nel mondo delle buone intenzioni laddove è il monopolio statale ad operare, perché le liste di attesa sono chilometriche, le infezioni nosocomiali fanno decine di migliaia di morti, i servizi alberghieri scadenti, la confusione, i ritardi, gli sprechi e l’indolenzadel personale sono tipici del servizio statale laddove non ci sono vincoli ne’ parametrazione di efficienza. Per non parlare delle carriere dei sanitari, la duplicazione dei servizi, agevolati dalla gestione politica delle Aziende Sanitarie e dei Policlinici Universitari. Cose risapute dal leader politico del Pd che sproloquia sul servizio sanitario pubblico intendendolo solo come quello a gestione pubblica. Vecchi arnesi ideologici che hanno portato il SSN al collasso organizzativo ed al continuo ammontare del deficit prodotto. Insomma, questi eroi della sanità pubblica, tra cui svetta Elly Schlein, non accettano criteri e paragoni concorrenziali, pretendono clienti-pazienti garantiti dal monopolio gestionale e dallo sviamento forzato degli utenti. Se questi sono gli esiti di trent’anni di sanità statale è vero che la salute non può essere una merce, ma diventa una di quelle cose che la politica politicante utilizza per fare voti e spendere denaro. Per affermare non un primato ma un generale interesse politico. Gli altri? Gravati da vincoli e tetti di spesa che ne limitano l’attività, con tariffe antelucane, fanno il loro mestiere con onestà e perizia. E li chiamano profittatori!!

*già parlamentare