di Vincenzo D’Anna*
C’era da aspettarselo. Al soggetto piacciono la parte dello “sceriffo” e i duelli con le pistole nel classico mezzogiorno di fuoco nella piazza del villaggio. Vincenzo De Luca ha scelto da tempo lo stereotipo “dell’uomo solo al comando” che gli ha reso simpatie e consensi soprattutto durante la pandemia, allorquando quotidianamente si offriva indomito per risolvere i problemi di una regione, la nostra, che pure figura tra le ultime per la qualità e l’efficienza del Servizio Sanitario. Un affabulatore che ha promesso cose mirabolanti ovunque ma che, alla prova dei fatti, poco o niente è riuscito a cambiare delle grandi questioni irrisolte. Dalla Sanità, appunto, con i suoi ospedali pletorici se non pericolosi che non voluto razionalizzare, alle liste di attesa chilometriche; dal “comparaggio” politico clientelare, prassi di Dorotea memoria, all’ambiente. Quest’ultimo ancora infestato da ogni scoria tossica e nociva, dallo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (che esportiamo, a pagamento, fuori regione o stiviamo in Eco balle imbottite di rifiuti tal quale) al mare ed alle coste inquinate da decenni. Ed ancora: cosa ha fatto per le grandi infrastrutture come il policlinico di Caserta che giace da decenni incompleto ancorché sede di frequenti manifestazioni in pompa magna del governatore? E la Caserta-Benevento della quale si sono perse le tracce? E i debiti accumulati dalle aziende partecipate della Regione, occupate dai suoi portaborse, per non dire della gestione verticistica della macchina amministrativa ove ha ridotto ad inutili orpelli la giunta (collocadovi anche un ex procuratore delle Repubblica che svolge , con gli altri assessori, un ruolo eminentemente termico)? Allo stesso modo De Luca ha imbalsamato il consiglio regionale ove sono accampate le sue “truppe cammellate”: ascari eletti in una miriade di liste civiche provinciali già allora estranee e concorrenti al Partito Democratico. L’ex sindaco di Salerno ha infarcito vieppiù, con concorsi ad hoc, la pletora di dipendenti regionali in un ente che, pur avendo quasi la metà degli abitanti della Lombardia, ha in carico alcune migliaia di persone sul proprio libro paga. Il resto del lungo cahiers de doléances lo tralasciamo per brevità di spazio e carità di patria. Eppure costui veste i panni della vittima alla quale viene impedito di poter proseguire nella pregevole opera amministrativa della seconda regione d’Italia. Un povero Cristo, insomma, che viene perseguitato dai dirigenti nazionali del PD che, guarda caso, oggi pare non contino niente e non rappresentino il territorio, ancorché egli sia stato il primo a fare quel che gli pare e piace, sputando addosso spesso e volentieri alla dirigenza di quel partito. Ma per De Luca non è mai esistito il partito se non quello che egli si è organizzato a propria immagine e somiglianza in Campania, elargendo incarichi e finanziamenti ai suoi più stretti aiutanti di campo, ovviamente il campo delle battaglie elettorali. Gli hanno inquisito e condannato persone del suo “inner circus” che egli ha puntualmente disconosciuto come tali, salve rimetterle al loro posto a vicende giudiziarie concluse. Come dimenticare che di recente è stato arrestato il suo alter ego in provincia di Salerno Francesco Alfieri, quello che doveva dispensare fritture di pesce alle truppe deluchiane, e che due suoi consiglieri regionali, il casertano Giovanni Zannini ed il salernitano Luca Cascone, sono risultati oggetto di indagini e perquisizioni con gravi addebiti a loro carico? E tuttavia nulla turba il politico di Ruvo del Monte il quale anzi si lancia in una battaglia legale, approvando una legge, quella sul terzo mandato, smaccatamente contraria a quella nazionale in materia. Il fine ultimo è quello di un ricatto che tenda ad immobilizzare lo svolgimento della campagna elettorale in attesa che i tribunali competenti, e la Corte Costituzionale per ultima, si esprimano sulla questione. Una spada di Damocle che metta in discussione, in qualche modo, il sereno svolgimento delle operazioni di voto, imbastardisce il quadro politico, trasforma in fatto personale una questione politica. Insomma siamo al cospetto di un novello emulo del re di Francia Luigi XIV (il re Sole) che dice ad Elly Schlein, come moderna Madame de Pompadour, “dopo di me il diluvio”!! In questo artificioso e calcolato bailamme che De Luca continuerà ad alimentare per attrarre ulteriore notorietà, attraverso i titoli di giornali e tv, c’è però un risvolto tutto politico che con le ambiziose mira del governatore non c’entra: quello del vuoto pneumatico di pensiero e linea politica che caratterizza oggi il partito democratico, assente in Campania, inconsistente a Roma. Insomma le parole di De Luca rimbombano in un contesto vuoto, in un partito che non assume decisioni motivate ed argomentate in grado di zittire lo “sceriffo”. In primis perché ai dem è servito sfruttare proprip il seguito elettorale di De Luca quando è convenuto loro. Serve a qualcosa ricordare che il vice capogruppo dei deputati dem è un certo Piero De Luca, figlio di Vincenzo? Lo stesso Pd ha una rappresentanza raccogliticcia in consiglio regionale che, in quanto tale, non segue le direttive nazionali né le linee guida della rappresentanza parlamentare che, per la verità, vale poco o nulla sul piano elettorale, come nel caso del giornalista Sandro Ruotolo e dei suoi sodali moralisti e manettari. Insomma, al qualunquismo di De Luca, che fa rumore, fa da eco solo il vuoto di quel partito.
*già parlamentare