Sevizia il figlio in clinica: l’ipotesi della sindrome di MünchhausenLe telecamere in ospedale svelano gli abusi del padre – Gli inquirenti si sono concentrati su quello economico, ma potrebbe essere un disturbo psichiatrico
Di Selvaggia Lucarelli
16 Novembre 2024
Un paio di settimane fa è apparsa su tutti i giornali una notizia disturbante: la polizia di Padova aveva arrestato un padre di 22 anni sorpreso mentre seviziava suo figlio di soli 5 mesi che si trovava ricoverato in ospedale per accertamenti. La vicenda appare inspiegabile fin dall’inizio: il piccolo, figlio di due giovani disoccupati residenti a Camisano Vicentino, aveva iniziato a stare male dopo circa un mese dalla nascita.
In occasione del primo ricovero nell’ospedale di Vicenza i medici avevano diagnosticato danni allo sterno e alla gola, ma accadeva qualcosa di ancora più sinistro: quando il neonato sembrava in via di guarigione aveva delle improvvise ricadute. Per questo, durante l’estate era stato trasferito presso l’ospedale di Padova. Anche qui, lo stesso copione: il bambino migliorava, si avvicinava la data delle dimissioni, la situazione precipitava nuovamente. Alla fine, l’ospedale ha allertato la Procura e sono state montate delle telecamere nascoste nella camera d’ospedale in cui era ricoverato il bambino. Dalle riprese emergeva che mentre la madre lo accudiva amorevolmente, il padre – non appena rimaneva solo in stanza – gli metteva le dita in gola e gli schiacciava il petto. L’uomo è stato arrestato e ovviamente è iniziata la ricerca del movente.
Gli inquirenti sembrano seguire principalmente la pista del “movente economico”: il giovane padre mirava a ottenere un assegno di invalidità per il figlio e a fare causa all’ospedale per non averlo curato adeguatamente. Un piano piuttosto diabolico che avrebbe ideato da solo, secondo i primi risultati delle indagini, anche se molti stanno insinuando che la moglie ventenne non potesse non sapere, che abbia fatto finta di nulla, che fosse complice. E questo nonostante le telecamere la discolpino e la donna neghi di aver mai sospettato qualcosa. “Credo che una coppia che è una coppia condivida molto”, “Sono cose che vanno oltre ogni fantasia”, ha dichiarato il primario dell’ospedale di Padova. E anche alcuni concittadini dei due genitori, nonché il sindaco di Camisano Vicentino, hanno espresso dubbi sull’eventuale ruolo della donna. Eppure, più sento parlare di questa storia, e più mi sembra che sebbene in questa fase non esistano certezze sul movente, quello economico sia piuttosto debole. Non impossibile, ovviamente, ma gli assegni di invalidità sono bassi e appare improbabile che un ragazzo di 22 anni, disoccupato, abbia pianificato di intraprendere una causa molto costosa e dagli esiti incerti contro un ospedale. Non c’è neppure il proposito omicida: perché seviziare un bambino e poi portarlo ripetutamente in ospedale, se vuoi ucciderlo? E questo, a mio avviso, è il nodo centrale della storia.
Manca, nella lista delle ipotesi plausibili, quella patologia psichiatrica che sia gli inquirenti sia i medici dovrebbero conoscere: la sindrome di Münchhausen per procura. Nessuno l’ha ipotizzata, ma in base agli elementi noti non sembra un movente meno probabile di quello economico (che al limite potrebbe essere un movente secondario).
Spiego intanto di cosa si tratta: la sindrome di Münchhausen per procura è un disturbo psichiatrico per effetto del quale una persona provoca malattie o lesioni alle persone che accudisce al fine di attirare l’attenzione su di sé. Di solito sono il padre o la madre di bambini sotto i 6 anni di età, più raramente personale infermieristico o badanti. L’iter ha un andamento tipico: bambini con alle spalle molte indagini diagnostiche e continui ricoveri in ospedali diversi, con i medici che spesso brancolano nel buio per via dei sintomi spesso scollegati tra loro. I sintomi migliorano o scompaiono quando il bambino viene allontanato da chi si prende cura di lui e precipitano improvvisamente quando avviene il ricongiungimento. Nel 61% dei casi esiste un precedente in famiglia che coinvolge un fratello o una sorella affetti in passato da sintomi simili (talvolta deceduti).
In effetti, si è appreso dai giornali che la coppia in questione ha un altro figlio di 4 anni che tempo fa avrebbe subito un’operazione delicata per alcuni problemi di salute. Una coincidenza sinistra. Alex V. Levin, un pediatra canadese esperto di Münchhausen, ha raccontato di essersi occupato di tre pazienti i cui perpetratori causavano di nascosto ferite al palato e alla faringe posteriore dei bambini. In un caso, l’abusante era il padre. È evidente che sul caso del padre vicentino non si possa avere alcuna certezza, ma è senz’altro interessante il fatto che in Italia si parli così poco di un disturbo psichiatrico di cui in America, per esempio, si discute moltissimo. Di sicuro ha contribuito a rendere la patologia nota il celebre caso di cronaca nera “Gypsy Rose”, ovvero l’incredibile storia avvenuta in Missouri di una ragazzina nata sana la cui madre, affetta da sindrome di Münchhausen per procura, le ha provocato una serie di danni fisici gravissimi, costringendola addirittura a nutrirsi attraverso un sondino gastrico. Il tutto, mentre organizzava raccolte fondi per la sua sfortunata situazione. Gypsy, dopo anni di torture subite, ha organizzato l’omicidio della madre e oggi, dopo aver scontato la pena in carcere, è una sorta di star della tv. Questo è un caso eclatante e in America esistono medici esperti della patologia difficile da individuare (i genitori abusanti sono spesso abili manipolatori), ma in Italia il tema sembra non esistere. Eppure, secondo quello che mi racconta un noto chirurgo pugliese, “in Italia la sindrome di Münchhausen per procura è meno rara di quel che si pensi. Il mese scorso abbiamo scoperto che una madre provocava il vomito del figlio mentre era ricoverato da noi ed era da sola in stanza con lui. Gli faceva delle manovre in gola con dita e cucchiaino, ma non è l’unico caso”. Insomma, qualunque sia la ragione che ha spinto quel padre a torturare suo figlio, è importante che in Italia si cominci a parlare di sindrome di Münchhausen per procura, perché la diagnosi è difficile, l’abuso pericoloso e se non si dà il giusto nome alle cose, si rischia di riconoscerle quando è troppo tardi.
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