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Buongiorno. L’Assemblea costituente dei 5 Stelle che vota la linea di Giuseppe Conte e dà il benservito al fondatore Beppe Grillo; il vertice di maggioranza che autorizza (ma solo se si troveranno i fondi) modifiche alla manovra finanziaria; la Giornata contro la violenza sulle donne; la vittoria dell’Italia maschile del tennis in Coppa Davis. Sono queste le notizie più importanti sul Corriere di oggi. Vediamo.
5 Stelle, addio a Grillo e al limite dei due mandati
Da forza «grillina» di protesta, liquida e dichiaratamente antisistema, a partito tradizionale e personale. L’Assemblea del Movimento 5 Stelle ha votato una serie di riforme che portano a compimento la parabola del Movimento, cambiando la sua struttura anche a livello formale e segnando la vittoria della linea del leader Giuseppe Conte su quella del fondatore Beppe Grillo.
L’Assemblea ieri ha deciso di eliminare il ruolo del garante (la carica ricoperta da Grillo dal 2017) e il limite massimo di due mandati per gli eletti 5 Stelle. Inoltre, ha detto sì alle alleanze (anche se sempre sulla base di «un accordo programmatico preciso»), all’adesione al campo progressista, al tesseramento e a eventuali modifiche di nome e simbolo decise dal consiglio nazionale.
«Abbiamo pensato questa Costituente per tracciare una nuova rotta, per ascoltare la base, voi iscritti che non ci avete mai lasciato a dispetto delle scissioni e dei tradimenti di qualcuno che aveva contribuito al sogno – ha detto Conte, da mesi impegnato in un durissimo scontro di potere con Grillo –. Noi rispondiamo con più partecipazione. Il fuoco è vivo, non si è spento, è sempre dentro di noi, il M5s non sarà mai una timida brezza, ma un vento forte. Beppe è entrato a gamba tesa in questo processo di riforma del Movimento».
Grillo, che ha contribuito a creare il partito nel 2009 insieme all’imprenditore digitale Gianroberto Casaleggio, aveva mantenuto un ruolo formale come garante dei valori fondanti dell’M5S e un contratto annuale del valore di 300 mila euro come consulente per la comunicazione. Ieri però, dopo due giorni di «Assemblea costituente» incentrata sulla riforma dello statuto, gli iscritti 5 Stelle hanno votato con il 63% di sì e il 29% di no a favore dell’abolizione del ruolo di garante.
Conte invece non aveva mai fatto politica attiva fino al 2018, quando è stato chiamato dai 5 Stelle come tecnico superpartes per fare il premier del governo Lega-5 Stelle. Poi è rimasto come premier anche quando i 5 Stelle, dopo la rottura con la Lega, sono andati al governo con il centrosinistra nel 2019. Diventato presidente del Movimento nel 2021, si è ripetutamente scontrato con Grillo sulla gestione del partito.
Il comico genovese lo ha accusato più volte di mancanza di visione politica e ha criticato i suoi tentativi di trasformare i 5 Stelle in un partito tradizionale incentrato sulla sua leadership. Grillo ieri non ha partecipato all’Assemblea costituente. Lo scontro tra i due leader è stato anche uno scontro sulla direzione del Movimento, passato dal 32% dei voti alle elezioni del 2018 al 15% di quelle del 2022 (oggi i sondaggi lo danno intorno all’11%).
Resta da capire se Grillo è intenzionato a portare avanti la battaglia politica con Conte sul piano legale. Scrive Emanuele Buzzi:
L’esito della Costituente chiude un capitolo ma ne apre altri. La strada di una guerra legale sul simbolo sembra l’opzione più concreta, anche perché — spiega chi lo conosce bene — «Beppe era indeciso se lasciar correre o martellare, ma visti certi atteggiamenti farà valere le sue ragioni».
Ora per Conte si apre comunque tutta un’altra partita: quella della collocazione politica del Movimento. Conte ha spinto per connotare l’M5S come un partito progressista, ma ha sempre mantenuto un’ambiguità di fondo (che finora non lo ha premiato alle elezioni) sulla sua possibile alleanza con il Pd, il principale partito di centrosinistra.
«Da oggi – scrive Marco Imarisio – toccherà a lui trovare un senso e una vocazione a quello che rimane un partito personale, che ha solo cambiato di mano. La guerra dei Roses pentastellati è finalmente finita. Ma solo il tempo dirà se c’è anche un vero vincitore».
Il vertice di maggioranza sulle modifiche alla manovra
«I leader hanno dato mandato al ministro Giorgetti di valutare, alla luce delle coperture necessarie, la praticabilità di alcune proposte di modifica condivise da tutte le forze politiche di maggioranza».
Con questa formula la maggioranza ha annunciato che la manovra cambierà ancora. È significativa perché, come scrivono Marco Cremonesi e Monica Guerzoni, «rivela il tentativo di sminare il campo parlamentare», di evitare cioè che la manovra venga cambiata con proposte dei singoli partiti in parlamento, accentuando le divisioni interne al governo. Ma anche perché è abbastanza generica da dare l’impressione di aprire alle loro diverse richieste senza promettere niente di concreto.
Sono infatti 220 gli emendamenti depositati dai partiti. Fratelli d’Italia punta a superare il limite del 20% dei contratti a termine aperti dalle Pubbliche amministrazioni, la Lega vuole l’estensione della flat tax e più fondi per il ponte sullo Stretto mentre Forza Italia chiede il taglio dell’Irpef e la web tax, la tassazione delle attività digitali.
La premier Giorgia Meloni ieri ha incontrato gli alleati Antonio Tajani (Forza Italia), Matteo Salvini (Lega), Maurizio Lupi (Noi Moderati) con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti per cercare di trovare una linea comune dopo giorni di scontri, soprattutto tra Salvini e Tajani. Lo ha fatto non nella sede del governo, come tutti si aspettavano, ma a casa sua.
A conferma – notano Marco Cremonesi e Monica Guerzoni – che i leader avevano bisogno di chiudersi, parlarsi a quattr’occhi e magari anche di alzare un poco i toni senza paura di essere ascoltati da orecchie poco discrete.
Le questioni che dividono gli alleati sono varie. Alcune di minor conto. La Lega, per esempio, vuole il taglio del canone Rai promesso nel programma di governo, e che i vertici della tv di Stato «investano su prodotti che aumentino il mercato. Ma Forza Italia è contraria a qualsiasi taglio al canone che possa aprire la strada a ritocchi ai tetti di «affollamento pubblicitario».
Altre divergenze riguardano temi pesanti come le riforme, in attesa delle motivazioni della sentenza della Corte costituzionale, che ha dichiarato incostituzionali 7 norme della legge sull’Autonomia. Forza Italia chiede che il Parlamento si prenda «il tempo necessario» per cambiarla, la Lega pretende di correggerla subito e che la riforma costituzionale del premierato e quella Giustizia non vadano avanti se non si procede anche sull’Autonomia.
C’è poi da riassegnare le deleghe (Pnrr, Affari Ue, Coesione e Sud) del ministro degli Affari europei Raffaele Fitto, che a breve dovrebbe lasciare il governo per entrare in carica come commissario e vicepresidente esecutivo della Commissione Ue. Meloni vorrebbe lasciare quella al Pnrr alla presidenza del Consiglio, gestita dai due sottosegretari di FdI Giovanbattista Fazzolari e Alfredo Mantovano.
Intanto i suoi alleati pressano per ottenere le loro misure bandiera. Scrivono ancora Cremonesi e Guerzoni:
Tajani vuole che la premier prenda atto dei risultati elettorali, che hanno visto FI superare stabilmente la Lega. Il ministro degli Esteri invoca un riequilibrio, che non vuol dire rimpasto e ministri ma (per ora) «compensazioni» nella manovra. Salvini non resta a guardare. Il primo punto cruciale per la Lega è l’aggiornamento della flat tax, la «tassa piatta» al 15%. Il segretario sollecita un solenne impegno politico a includere la questione nel Documento di economia e finanza pubblica (Def) di aprile. (…) Il secondo punto cruciale per Salvini è una nuova rottamazione, simile al saldo e stralcio del 2018. Allora era riservato ai redditi Isee fino a 20 mila euro, adesso la Lega chiede che si salga a 30 mila.
Ora la palla passa a Giorgetti che dovrà capire quali margini finanziari ci sono per fare cosa. Ma i nodi politici sono ancora tutti da sciogliere.
«Per noi sono essenziali le politiche sociali, il turn over per le forze dell’ordine, il sostegno alle attività produttive» dice il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, intervistato da Paola De Caro. Tajani non rinuncia a dare una rintuzzata a Salvini a proposito delle sue prese di posizione sul mandato di cattura della Corte penale internazionale nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu («Conto di incontrare presto esponenti del governo israeliano e se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto. I criminali di guerra sono altri» aveva detto Salvini).
«La linea in politica estera la danno il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri. E noi, sentendoci e consultandoci, abbiamo detto chiaramente che rispettiamo la Corte ma studieremo bene le motivazioni, perché le opinioni politiche non devono prevalere sul diritto. E perché, fermo restano i nostri rilievi più volte fatti ad Israele sulla necessità di proteggere la popolazione civile palestinese, non mettiamo sullo stesso piano chi pianifica un massacro di persone per distruggere Israele e chi si difende pur con modi che non ci convincono» ha detto Tajani. «Salvini – ha aggiunto – ha detto quale è la sua posizione, ma non è il ministro degli Esteri, come io potrei dire qualcosa sul tema dei trasporti ma non sono il ministro dei Trasporti».
La giornata contro la violenza sulle donne
Sono 99 le donne uccise dall’inizio dell’anno da uomini violenti in Italia. In media una ogni tre giorni, come avviene da anni. La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che si celebra oggi, serve a ricordare questa emergenza nazionale. La prima vittima della violenza maschile del 2024 si chiamava Rosa D’Ascenzo, aveva 71 anni ed era di Sant’Oreste, in provincia di Roma. L’ha portata in ospedale il suo assassino, il marito, dicendo che era caduta dalle scale. L’aveva presa a colpi sulla testa lui. Scrive Greta Privitera:
Nell’XI Rapporto Eures, pubblicato per la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, si legge che nel 2024 cresce il numero delle vittime che hanno più di 65 anni (37) e che per la maggior parte dei casi sono state uccise dal marito-compagno o dai figli. Nove femminicidi su dieci avvengono in famiglia, un dato che conferma come la casa sia il luogo più pericoloso. Si registra anche una forte crescita delle figlie uccise, passate da cinque a nove. Un altro numero che cresce è quello degli under 25 autori di femminicidi (da 4 a 12), anche se sono gli uomini di oltre 64 anni ad aggiudicarsi il macabro record: 27. Il rapporto di Eures racconta che c’è un aumento delle vittime straniere (da 17 a 24) e una forte diminuzione di uomini che uccidono di nazionalità non italiana. Siamo passati da 23 a 16. Il numero degli autori italiani rimane stabile (83). Quindi, mentre il 45,8% dei femminicidi di vittime straniere sono commessi da autori italiani, le vittime di femminicidio italiane uccise da uno straniero sono il 4% dei casi.
Oggi a Venezia riprenderà il processo a Filippo Turetta per l’omicidio di Giulia Cecchettin, il femminicidio che più ha scosso le coscienze degli italiani negli ultimi anni (Andrea Pasqualetto, sul sito, ricostruisce le testimonianze delle amiche di Giulia). Ma ogni anno in Italia muoiono oltre 100 donne e ragazze come lei. È pensando a loro che Barbara Stefanelli lancia un appello per la giornata contro la violenza sulle donne, oltre la ricorrenza:
Gridiamo noi, oggi, 25 novembre, le loro voci contro lo sciabordare del silenzio, contro la solitudine di storie che dimenticheremo. Ma promettiamo, ancora e ancora, di non smettere dopo la mezzanotte di questa notte.
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Gli Emirati Arabi Uniti hanno arrestato tre persone con l’accusa di aver ucciso un rabbino israelo-moldavo, TzviKogan, 28 anni. L’uomo era scomparso giovedì negli Emirati, dove risiedeva, è stato ritrovato senza vita ieri. Il governo israeliano ha definito da subito il suo omicidio come un «odioso atto di terrorismo antisemita».
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Donald Trump ha scelto i 20 ruoli chiave della sua amministrazione, inclusi i capi delle 15 agenzie dell’esecutivo. L’ultima nomina, sabato sera, è stata quella della co-fondatrice del gruppo ultraconservatore America First Policy Institute, Brooke Rollins a capo del dipartimento dell’Agricoltura, che gestisce 430 miliardi di dollari l’anno.
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Alla Conferenza sul clima Cop 29 le nazioni sviluppate hanno concordato di versare almeno 300 miliardi di dollari all’anno ai Paesi in via di sviluppo per aiutarli a gestire il taglio delle emissioni e l’adattamento al cambiamento climatico
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Esce domani da Sellerio Vi scriverò ancora. Lettere alla famiglia 1949 -1960 di Andrea Camilleri, la raccolta delle lettere (ritrovate in una cantina) che lo scrittore mandava ai familiari quando 24enne si trasferì a Roma per studiare all’Accademia nazionale d’Arte drammatica. Ne pubblichiamo una in anteprima.
- Il tennis. Guidata dal numero 1 del mondo
Jannik Sinner e da Matteo Berrettini, l’Italia maschile ha vinto a Malaga la sua seconda Coppa Davis consecutiva battendo l’Olanda, quattro giorni dopo la vittoria della squadra femminile alla BJK Cup.
Risponde il direttore Luciano Fontana
Notizie false o infondate, come possiamo difenderci?
È un tema cruciale per le nostre vite e per il futuro delle democrazie. Ogni giorno siamo bombardati da migliaia di informazioni e di opinioni, a volte vere ma molto spesso false (anche deliberatamente, per ragioni politiche o per interessi economici).
Come ci orientiamo, come riusciamo a non cadere nelle trappole che il web ci riserva? Intanto nulla di male a frequentare i social network, strumenti formidabili per mettersi in connessione con milioni di persone. Ma dobbiamo sapere che i social sono strumenti di conversazione e molto raramente di informazione oggettiva, fondata sulle verifiche. Con i social ci si espone, si dialoga, si scambiano pareri, si cerca di vendere qualcosa, di dimostrare abilità o talenti. Le opinioni, poi, sono spesso estreme, raramente pluraliste e rispettose di quelle degli altri. Si tende a dare una botta in testa a chi la pensa diversamente piuttosto che considerare la varietà delle idee una ricchezza.
Notizie false e opinioni faziose sono i pericoli più grandi del mondo digitale. Possiamo solo combatterli (oltre che con le leggi che puniscono i reati) con l’educazione a scuola e nelle famiglie, con i momenti di confronto e formazione nelle diverse comunità. Sarebbe utile anche una maggiore assunzione di responsabilità, definita per legge, da parte di chi queste fake news veicola sulle proprie piattaforme.
(Risposta al lettore Sergio Guadagnolo. Qui la sua lettera)
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