Omicidio Cecchettin
“Ergastolo per Filippo Turetta: aveva tutti gli strumenti culturali per capire e scegliere”
26 Novembre 2024
Filippo Turetta non è il prototipo dell’emarginato sociale, ma un ragazzo normale. Come ha detto Elena, sorella di Giulia Cecchettin, è “bianco, italiano e ‘perbene’”. Eppure ha ucciso. Brutalmente, dopo mesi di stalking, minacce e soprusi. Nel giorno in cui si celebra la lotta alla violenza sulle donne, prima di pronunciare la parola “ergastolo”, il pm veneziano Andrea Petroni allontana la tentazione di ricostruzioni ideologiche, ma segue lo stesso filo di giudizio. “Non farò riflessioni sul femminicidio, qui si accertano solo responsabilità individuali. Ma vi dico che Turetta aveva tutte le possibilità e gli strumenti culturali per scegliere e decidere, dall’istruzione alla buona famiglia. Andava a scuola in quelle che frequentano anche i vostri figli, si stava per laureare”. L’imputato ascolta a testa bassa, indossando una felpa rossa, il colore di chi si batte contro la violenza sulle donne. Un messaggio tardivo e contraddittorio, perché un anno fa è stato lui a massacrare Giulia, incapace di accettare la fine di un amore malato. Non è stato un delitto d’impeto, sostiene il pm, bensì il frutto di un piano. Per questo, il no alle attenuanti che annullino le aggravanti dello stalking, del sequestro, dell’occultamento di cadavere e del porto d’armi.
“Dal 7 novembre 2023, Turetta ha pedissequamente attuato tutto ciò che aveva scritto in una lista: acquisto della cartina stradale, scotch, sacchi dell’immondizia, corde, prelievo dei contanti…: almeno una cosa al giorno, passando dalle azioni preparatorie a quelle esecutive. Ha seguito il suo piano, cancellando la lista subito dopo aver ucciso Giulia”. Una violenza bestiale: “Giulia è stata aggredita ripetutamente già dal parcheggio di Vigonovo, quando era cosciente e chiedeva aiuto, fino a venti minuti dopo quando la sua sagoma è stata ripresa, a terra, nell’area industriale di Fossó”. Poi la lunga fuga. “Per tutto questo lo Stato è a credito nei confronti di Turetta, la richiesta di condanna è la conseguenza inevitabile delle indagini”.
La violenza come epilogo di un percorso di minacce. I whatsapp: “Ti farò pentire di tutto il male che mi stai facendo…”, “La mia vita è finita e anche la tua se non ci laureiamo insieme”. Un’ossessione mortale con “le richieste di stare sempre vicini, studiare insieme su ‘zoom’ e non uscire con Tizio o Caio”. Il movente di tanti femminicidi: “L’omicidio ha rappresentato l’ultimo atto del controllo che voleva esercitare su di lei”.
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Il caso di Noemi Durini
“Femminicidio, no ai permessi premio per i condannati”
Di Fq
26 Novembre 2024
Valentina Presicce, presidente dell’associazione Astrea e legale dei Imma Durini, la mamma di Noemi Durini, la 16enne di Specchia uccisa dal fidanzato minorenne nel settembre 2017, ha scritto al ministro della Giustizia Carlo Nordio proponendo il divieto di permessi premio ai condannati per femminicidio, anche se minorenni all’epoca dei fatti. Lucio Marzo, l’assassino reo confesso di Noemi, condannato a 18 anni e 8 mesi per omicidio volontario, premeditato e pluriaggravato, ha cominciato a ottenere i permessi già nel 2021. Per l’avvocatessa salentina, in questi casi, i permessi premio costituiscono un rischio. Nell’agosto 2023 il giovane è stato fermato dalla polizia che aveva tentato di eludere e trovato alla guida in stato di ebbrezza. Seppur trasferito in un carcere per adulti continuerebbe, come denuncia l’avvocatessa salentina, a beneficiare di permessi con la possibilità di recarsi allo stadio, di recarsi a votare o di incontrare la sua attuale nuova fidanzata.
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