*La profezia di Elly Schlein” * di Vincenzo D’Anna*

Per gli antichi greci, i racconti mitologici erano, più o meno, l’equivalente delle favole dei nostri tempi. La loro “tradizione” affondava le radici nella notte dei tempi ed era tramandata, per via orale, da una generazione all’altra. Da quelle storie furono tratte commedie e tragedie di grande livello, che non solo deliziarono gli spettatori ma al contempo funsero anche da ammaestramento per la morale che ognuna di esse conteneva. Si trattò insomma non solo di uno spettacolo ma anche della primordiale forma di codice etico al quale ispirarsi nella vita: un saper distinguere tra il bene ed il male, il giusto e l’ingiusto, la nobiltà e la disonestà. Tra le più apprezzate di quella lontana produzione letteraria, tuttora rappresentate con successo, spiccano le tragedie dal drammaturgo Sofocle e tra queste, una in particolare: “l’Edipo Re”. La trama dell’opera narra della profezia che la Pizia, sacerdotessa del famoso oracolo di Delfi, rivelò a Laio, re di Tebe, predicendogli che la moglie Giocasta aspettava un figlio e che questi, una volta grande, avrebbe ucciso il padre, sposato la madre per, quindi, salute sul trono di Tebe. Laio ordinò allora che il bambino, chiamato “Edipo”, appena nato, fosse affidato ad un pastore per essere ucciso. Per tutta una serie di fatti che non riepiloghiamo in questa sede, il destino si compì comunque: Edipo, ignaro di chi veramente fosse, uccise il padre e ne sposò la moglie, che poi in realtà era sua madre. Tale tragedia ci insegna che “la verità esiste in quanto tale solo se non la si tormenta”, che la vita degli uomini, insomma, al massimo piuò essere dominata soltanto dal caso. Un ammonimento vero e proprio sulla casualità del corso delle vicende umane che sovente può avere sbocchi imprevedibili!! Tale vicenda può essere presa a paradigma anche per la politica, allorquando questa sposa dottrine ideologiche che presumono fatalmente di poter prevedere (con lo storicismo) lo sbocco della storia stessa fino ad orientarne gli esiti. Una concezione che troviamo nei presupposti ideologici del socialismo e del marxismo con la società perfetta degli uguali. A questa si contrappone quella della dottrina liberale che fa discendere l’imprevedibilità degli eventi in quanto legati alla natura ed all’azione della diversità che compone gli uomini. In soldoni, come capita, per altri versi, al re di Tebe, la storia, in quel caso la profezia stessa, si avvera per gli sbocchi imprevedibili dell’azione umana. Un concetto che ritroviamo nella dottrina liberale come presupposto alla creazione di una società libera ed eterogenea, aperta a tutte le opinioni, di uno Stato tollerante che poco si impiccia della vita privata dei suoi amministrati, che persegue l’uguaglianza delle opportunità e non quella degli esiti della vita. Se la politica (come tecnica per governare lo Stato) non ha un adeguato portato culturale, non ha mezzi di riflessione e non possiede pensiero storico avveduto, vagherà, ondivaga, alla ricerca di un bene assoluto in grado di garantire la felicità a tutti gli individui, presumendo di poterne prevedere e soddisfare le esigenze. Una fatale, tragica, presunzione trasformatasi, altro pratico, sempre come un necessario presupposto per lo Stato liberticida, pianificato e massificante. Ed è esattamente questa cecità storica, filosofica e politica che ha reso cadavere il comunismo, determinandone la sconfitta sul piano sia teorico che pratico, rendendo, in tal modo, orfani milioni di persone che ne avevano spostato i presupposti culturali e politici. Tuttavia neanche questo è bastato, nel Belpaese, per molti degli ex, post e vetero marxisti, i quali, nostalgici incallibili, pur mutando denominazione e simboli, pur sposando nuove terminologie e semantica comunicativa (vedi il “politicamente corretto”), si sono ritrovati a riproporre, mutatis mutandis, vecchie impostazioni ideologiche e programmi Stato centrici. Ascoltare la leader dem Elly Schlein sciorinare e riproporre le vecchie tesi marxiane, sentirla confondere la pubblicità dei servizi con il monopolio statale della gestione dei medesimi, vederla riannodare la cinghia di trasmissione del collateralismo sindacale con la Cgil di Landini che cavalca scioperi politici e non certo per i lavoratori, lascia davvero tutti di stucco!! Si, perché la segretaria di largo del Nazareno ripropone l’idea stantia di uno Stato onnipresente ed onnipotente, monopolista eppure pieno di debiti, stracarico di carrozzoni necessariamente burocratizzati e corrotti. Una visione anacronistica, la sua, oserei dire addirittura anafilattica per uno Stato moderno e coevo a quello delle altre democrazie occidentali. Forse dovuta al fatto di non aver letto la mitologia greca o peggio ancora, di volerla immaginare comr praticabile.

*già parlamentare