*Siria, l’altra faccia di Putin* di Vincenzo D’Anna*
Non bastava l’aggressione russa all’Ucraina. Non bastavano gli eccidi, le torture, le deportazione di bambini, la “guerra sporca” che non fa sconti per piegare un popolo che, secondo il satrapo che governa il Cremlino, avrebbe dovuto piegarsi per fame, freddo e stenti qualora non fossero bastati i missili. Una malvagità, quella di Putin, che rasenta quella hitleriana. Nossignore. Ora ci si è messa anche la Siria – paese dilaniato, da decenni, da una guerra civile, minacciato dalle frange islamiste, ivi riparatesi dopo la sconfitta di Bin Laden – a preoccupare le diplomazie internazionali. E’ notizia di queste ore, infatti, l’occupazione di Aleppo – a lungo contesa, ma negli ultimi 8 anni rimasta saldamente in mano alle forze governative sostenute da Russia e Iran – da parte delle milizie jihadiste filo-turche di Hayat Tahrir al-Sham (Organizzazione per la liberazione del Levante), nate da una costola di Al Qaeda, che si oppongono al regime di Al Assad. Sono questi gli effetti di un conflitto ormai endemico, causato, indipendentemente dall’identità politica e religiosa di chi lotta contro il regime dittatoriale, da un altro satrapo, quel Bashar Al Assad che è succeduto al padre Hafiz Al Hassad, anch’egli despota in uno Stato a matrice ideologica marxista. Padre e figlio sono stati da sempre alleati della Russia: il primo del regime comunista dei Soviet (l’Urss), il secondo degli eredi “democratici” del Cremlino. In molti casi proprio le forze armate russe sono intervenute, direttamente sul campo, per dare sostegno militare al regime di Hassad con l’impiego di forniture di armi, di istruttori e della copertura aerea attiva (leggi: bombardamenti). E lo hanno fatto anche nelle ultime ore, scatenando una ventina di raid su Aleppo nel tentativo di bloccare l’avanzata dei ribelli, senza però riuscirvi. Il fuoco che covava sotto la cenere è dunque tornato a divampare. Ed è accaduto non appena è stata siglata la tregua in Libano. Una tregua, occorre ricordarlo, disciplinata, oltre che dall’impegno di Israele e di Hezbollah, anche dall’intervento dell’esercito libanese il quale è stato “invitato” a porre maggiore vigilanza su un territorio da dove sono pur sempre partiti migliaia di razzi alla volta delle città ebraiche prossime al confine. Come mai – la domanda è d’obbligo – una tregua ha potuto riaccendere il conflitto in uno Stato limitrofo? La risposta è semplice: attraverso la Siria, soprattutto nei territori ove operano le bande jihadiste, passavano le armi per gli Hezbollah libanesi. Venuta meno, a seguito della tregua in Libano la forza di offesa contro Tel Aviv, ecco liberarsi la possibilità di accendere “nuovi fuochi” nella già martoriata regione, in questo caso riprendendo l’azione contro il regime di Assad. Quest’ultimo non ha matrice fideistica ma politica ( marxista ) e non e’ funzionale alla più vasta strategia anti ebraica e filo musulmana. Insomma, come abbiamo già avuto modo di scrivere su queste stesse colonne, la vera guerra si combatte tra i diversi sistemi politici, etici e religiosi presenti nell’area medio orientale, segnatamente tra l’antesignano dei regimi democratici occidentali (Israele) e quelli fideistico religioso di gruppi come Hayat Tahrir al-Sham, oppure Hamas, Hezbollah o gli Uti yemeniti, che sono anche filo-marxisti rivoluzionari. Una partita a scacchi ove chi muove le pedine non sempre è quello che sembra, ove talune motivazioni di facciata sono paludamenti mistificatrici. Lo stesso vale per la guerra a Gaza ove non governa l’autorità palestinese di Abu Mazen ma i terroristi di Hamas e dove armamenti e finanziamenti primari vengono dalla terra dell’antica Persia, l’Iran, finita in mano alla parte più retriva di quella società, gli Ayatollah, con metastasi disseminate, finanziate ed armate nei vari Stati limitrofi. Il ” velo nero” che ancora avvolge la politica estera americana, l’idea, alquanto balzana, del nuovo inquilino della Casa Bianca, quel Donald Trump che pare voglia avvitarsi ed arretrare, entro i propri confini la presenza USA all’estero, non consente di prevedere se gli Americani sosterranno i “ribelli” siriani in funzione anti-russa (ed anti-iraniana) oppure se si tireranno indietro. L’identico interrogativo che vale per la guerra in Ucraina, contro l’aggressore Russo, oppure se chiuderanno i cordoni della borsa. Una cosa però è già nota e viene confermata in Siria: riguarda Putin che, come detto, è corso subito in soccorso del vecchio amico e dittatore Al Assad, uno che ha perseguitato, oppresso, carcerato ed ucciso il suo popolo ma che intende comunque restare in sella a dispetto di tutto e di tutti. Lo stesso Putin ha stretto un accordo con un altro dittatore, ottuso, violento e sanguinario, come Kim Jong Un che tiene la Korea del Nord in stato di miseria e finanche alla fame, ma che pure si arma tutti i giorni. Insomma l’antico adagio “dimmi con chi vai ti dirò chi sei” calza a pennello sia per Putin sia per i suoi estimatori in Europa e, manco a dirlo, per quelli che agiscono cinici e bari, anche nel Belpaese.
*già parlamentare