l’inchiesta

Sala, l’ipotesi dei Ros: “Tradita da insospettabili”

I pm valutano il reato di tortura – Informativa dei carabinieri. La giornalista in Iran seguita da operatori vicini al regime. Al vaglio spostamenti e fonti. Il racconto agli investigatori: “Sentivo le urla dei detenuti”

10 Gennaio 2025
C’è un sospetto dietro la carcerazione di Cecilia Sala che gli investigatori del Ros stanno cercando di chiarire: ossia se qualcuno ha “venduto” informazioni sui movimenti della giornalista. Siamo nel campo delle ipotesi, ma proprio da ciò che, appena atterrata mercoledì all’aeroporto di Ciampino, ha raccontato agli investigatori, la Procura di Roma deciderà se e quale reato ipotizzare. Al vaglio c’è anche quello di tortura.
I magistrati romani riascolteranno Sala a brevissimo, forse già oggi, per farsi confermare alcuni concetti e per dar seguito ad alcune piste investigative. Le prime tre ore del colloquio “a caldo” sono state verbalizzate dai militari e consegnate ieri mattina al procuratore capo di Roma, Francesco Lo Voi, il tutto a comporre un’informativa con i dettagli comunicati dalla Farnesina sui 21 giorni di detenzione della giornalista e altre valutazioni investigative. Informativa che ha portato all’apertura di un fascicolo, per ora senza indagati e senza ipotesi di reato. Un atto dovuto, certo, che però avrà vita autonoma rispetto al lavoro della diplomazia che continua anche ora che Sala è tornata a casa.Tra le piste principali, dunque, c’è quella del tradimento. Una fonte o una persona per lei insospettabile, qualcuno che potrebbe aver relazionato alle autorità iraniane i movimenti della giornalista, i suoi discorsi off the record, le conversazioni. Stando a quanto comunicato all’Italia dalle autorità iraniane, Sala sarebbe stata arrestata con un’accusa generica di “attività in contrasto con lo Stato iraniano”. Le tre puntate del suo podcast pubblicate prima dell’arresto, tuttavia, sono considerate dagli investigatori prive di contenuti tali da mettere in pericolo la giornalista. D’altronde si tratta di una cronista giovane ma molto esperta, non certo una sprovveduta. E allora gli investigatori vogliono capire se Sala ha parlato di temi sensibili, anche inconsapevolmente, con persone “sgradite”.
La giornalista, in virtù del visto concessogli, era seguita da una troupe di operatori iraniani, a quanto viene riferito, molto vicini al regime, che potrebbero aver avuto un ruolo. La sera prima di essere arrestata era stata anche a cena con un giornalista francese. “Quando ho chiesto perché fossi lì, mi hanno detto che ero accusata di ‘tante azioni illecite compiute in tanti luoghi diversi’”, ha detto durante l’intervista rilasciata ieri a Mario Calabresi durante la puntata straordinaria di ieri del suo podcast Stories su Chora News, di fatto la sua prima intervista dopo il ritorno in Italia. Ora toccherà agli investigatori ricostruire nel dettaglio cosa è accaduto.In uno dei passaggi del lungo racconto che ha affidato ai carabinieri del Ros, a quanto riferito al Fatto da fonti investigative, Cecilia Sala avrebbe spiegato che “mentre ero in cella di isolamento sentivo le voci e le urla degli altri detenuti dalle altre stanze. Ero terrorizzata, perché non sapevo cosa avrebbero fatto a me”. Ovviamente, nel concreto, considerando i legittimi timori per la detenzione di una donna occidentale in un carcere come quello di Evin a Teheran, col senno di poi sarebbe potuta andare anche peggio. È stata la stessa giornalista a lasciarlo intendere durante la puntata del podcast. E fonti informali della Farnesina spiegano anche che per la travel-blogger Alessia Piperno, rinchiusa a Evin per 45 giorni nel 2022, fu ancora più dura. Con i diplomatici che hanno ancora le immagini delle torture riservate a Giulio Regeni al Cairo nel gennaio 2016.Tuttavia dal primo racconto di Sala ai carabinieri emergono lo stesso momenti estremamente drammatici, che andranno verificati con attenzione con le autorità iraniane. A iniziare dal fatto che, dopo l’arresto, Sala è stata bendata, avendo “dedotto” di essere stata portata in carcere, mentre – come ha confermato ieri – al ritorno ha potuto osservare con attenzione tutti i luoghi in cui la sua auto è passata.
E poi il cibo. “Fino al 2 gennaio ho mangiato solo datteri o poco altro”, ha riferito, spiegando anche di aver avuto la sensazione di aver perso molto peso. Solo quando l’insistenza della diplomazia italiana ha iniziato a dare risultati, a Sala è arrivato un vitto simile a quello riservato agli altri detenuti. Il problema, come ha riferito la giornalista anche nel podcast, è stato dormire. “La luce era sempre accesa, avevo chiesto una mascherina oppure una benda per coprire gli occhi, ma non mi è stata data. Avevo delle coperte, ma dormivo per terra”, il senso del suo racconto.L’ambasciatrice italiana a Teheran, Paola Amadei, aveva preparato un pacco per lei, in cui c’erano un libro in inglese, vestiti e prodotti per l’igiene intima. Pacco che non le è mai stato consegnato. “Ho avuto quasi sempre gli stessi vestiti per tutta la durata della detenzione”, ha confermato la giornalista ai carabinieri, altro elemento che potrebbe portare i magistrati a ipotizzare il reato di tortura, o quello dei maltrattamenti. Nel pacco c’era anche un libro appositamente in inglese, affinché le autorità iraniane potessero vagliarlo, ma anche questo non le è stato consegnato. Concessione, quella di leggere, arrivata soltanto negli ultimi giorni della detenzione. Secondo fonti del ministero degli Esteri, l’isolamento ha paradossalmente preservato Sala dalle scene strazianti a cui ha dovuto invece assistere Piperno. Ma è stato straniante, come spiegato da Sala anche ieri. Soprattutto, la giornalista aveva necessità di scrivere, di prendere appunti. “Volevo segnarmi tutto, ricordare quello che mi stava accadendo, ciò che mi chiedevano negli interrogatori, cosa rispondevo. Non mi è stato mai concesso”, avrebbe riferito ai carabinieri.Dal racconto di Sala e dai dettagli forniti dalla Farnesina agli investigatori, emergono anche le due fasi, molto diverse, dei 21 giorni di detenzione. Lo spartiacque sono state le giornate del 2 e 3 gennaio. I diplomatici italiani che hanno “torchiato” l’ambasciatore iraniano in Italia, rinfacciandogli le differenze fra il trattamento in carcere tra Sala e altri detenuti. Dopo quella data le condizioni della cronista sono migliorate.

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