|
Trump condannato senza pena |
|
|
di Alessandro Trocino |
|
|
oggi si parla della sentenza che ha colpito Donald Trump, che ne fa il primo presidente americano condannato nella storia. Ma anche del finale insolito, visto che alla condanna della giuria non è seguita alcuna pena comminata dal giudice. Poi il dibattito italiano sul terzo mandato per i presidenti di Regione, che vede innalzarsi la tensione in Lega e Pd. Il fuoco che incredibilmente continua a divampare in California. E ancora, l’Ucraina, Abedini e molto altro.
Stormy Daniels, Trump colpevole ma senza pena
Una decisione attesa che finisce per scontentare tutti. Perché Donald Trump a maggio era stato condannato da una giuria di dodici persone per la falsificazione di documenti, al fine di nascondere il suo rapporto con la pornostar Stormy Daniels durante le elezioni del 2016. Ma poi, come usa nei tribunali americani, dopo il verdetto di colpevolezza è un giudice a dover quantificare la pena. Situazione imbarazzante, visto che nel frattempo Trump è diventato, per la seconda volta, presidente degli Stati Uniti. E così il giudice Juan Merchan ha preso una decisione salomonica: ha imposto una pena di «unconditional discharge». Una condanna, insomma, senza pena e senza condizioni.
Scrive Viviana Mazza: «Niente carcere, nessuna multa, ma una macchia che resterà quando tra nove giorni si insedierà alla Casa Bianca, anche se potrà ricorrere in appello e ha già annunciato che lo farà (non può invece graziare se stesso perché la condanna arriva da un tribunale statale)». Per questo Trump è furioso. Aveva anche fatto ricorso alla Corte suprema per evitare questa sentenza. Nonostante la maggioranza di giudici conservatori, tre dei quali nominati dallo stesso Trump, una di loro – Amy Coney Barrett — ha sorpreso tutti e si è schierata con i giudici più liberal (con una decisione finale di 5-4) sostenendo che la sentenza non doveva essere impedita.
«È stata una esperienza terribile», ha detto Trump, accusando il dipartimento di Giustizia di Biden di aver pilotato il caso contro il suo rivale politico: «Sono totalmente innocente. È una farsa spregevole». L’avvocato Todd Blanche, che diventerà viceministro della Giustizia, ha aggiunto minacciosamente: «Il presidente Trump è d’accordo con me che una cosa del genere non succederà mai più nel nostro Paese».
Il giudice ha spiegato che il fatto di essere stato eletto «non riduce la gravità dei crimini commessi in precedenza» né cancella il verdetto di una giuria. Ma è vero che gli elettori hanno dato di nuovo l’immunità presidenziale a Trump eleggendolo presidente. Dichiararlo colpevole, ma rilasciarlo senza condizioni, è «l’unica possibile sentenza legale che non interferisca con la più alta carica degli Stati Uniti»
Trump ha concluso: «La vera giuria, il popolo americano, ha parlato rieleggendomi».
Terzo mandato, De Luca e Lega contro il governo
La questione è questa: i presidenti di Regione possono essere eletti solo due volte di seguito. Lo stabilisce la legge 165 del 2004, che sembrerebbe abbastanza chiara. Se non fosse che, secondo un’interpretazione, quella sarebbe soltanto una legge quadro, non direttamente operativa né autoapplicativa, ma che stabilisce l’obbligo per le Regioni di inserire il tetto dei due mandati. In mancanza di una legge regionale, si applicherebbe la disciplina precedente, che non prevede il limite. La Campania è tra le Regioni, con Puglia e Liguria, che una legge l’ha fatta, dopo il 2004, ma non ha stabilito nessun tetto. E sostiene che, comunque, i due mandati scattano dal recepimento regionale della legge.
Se la questione giuridica è molto complessa, quella politica è più chiara. Ci sono diverse Regioni con presidente al secondo mandato. Due, in particolare, hanno un grande peso politico. La prima è guidata da Luca Zaia, leader leghista veneto molto apprezzato dai suoi cittadini e potenziale rivale di Salvini. L’altra da Vincenzo De Luca, agguerrissimo governatore dem.
La Campania Il Consiglio dei ministri ha annunciato di volere impugnare la legge della Regione Campania sul terzo mandato. Ora la parola passa alla Corte Costituzionale. Ma prima che parli la Consulta, parla De Luca. Che ha deciso, dopo due settimane di silenzio, di attaccare con quella che Simona Brandolini definisce «una conferenza stampa show». Nella quale ribadisce di voler andare avanti: «La mia posizione non è cambiata di una virgola e non cambierà». De Luca attacca direttamente Giorgia Meloni, «ha paura di me», cita Zaia, «che sta già facendo il terzo mandato e nessuno dice nulla» e il caso della legge in Piemonte, «che non è stata impugnata». Aggiunge una motivazione che non sembra troppo peregrina: «Non hanno limite di mandato deputati, senatori, premier, presidente della Repubblica. Dunque nessun vincolo per nessuno tranne che per uno».
E il Pd? La segretaria del Pd Elly Schlein lo ha già detto con chiarezza: non ne vuole sapere di un terzo mandato per i governatori. Non ne vuole sapere di candidare Vincenzo De Luca. E adesso? Se ognuno continuerà ad andare dritto per la sua strada la frattura sarà inevitabile. Il problema è che De Luca è molto amato in Campania e serve una personalità forte se decidesse di candidarsi da solo. Un’ipotesi è quella di Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli e candidato ideale per Pd e 5 Stelle. Ma c’è in campo anche il 5 Stelle Roberto Fico.
Il Veneto Formalmente Luca Zaia è al secondo incarico consecutivo, perché la legge regionale che ha introdotto il limite dei due mandati ininterrotti per le cariche elettive è stata approvata nel 2012, con decorrenza dal 2015, fatto salvo il mandato che era già in corso. Zaia in quel momento era al suo primo quinquennio da presidente, dopo l’elezione-plebiscito del 2010. L’eventuale ricandidatura – per la prossima legislatura – aprirebbe di fatto per l’esponente leghista la possibilità di una quarta elezione a presidente del Veneto.
E ora che succede? Ce lo dice Marco Cremonesi: «I leghisti veneti stanno organizzando un’iniziativa per chiedere pubblicamente al governatore Luca Zaia di restare in campo. Di mettersi, cioè, a guidare la Lega per le Regionali del prossimo autunno. Indicando il nome del suo successore che correrà a qualsiasi costo: anche se il centrodestra scegliesse un nome diverso». Per loro, dicono, è la linea del Piave. Altrimenti, il rischio è che ci sia una lista leghista in contrapposizione al centrodestra.
Trentino Ma c’è anche un’altra Regione in ebollizione. Il presidente leghista del Trentino Maurizio Fugatti dice apertamente che è sbagliato l’alt a De Luca: «Altrimenti l’Autonomia a cosa serve?». Gli alleati di Fdi, però, non sono d’accordo. Fugatti concluderà il suo mandato nel 2028.
E il governo? Parla, a Virginia Piccolillo, Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento. E dice che «la legge va rispettata: diciamo no a un’Italia Arlecchino».
«Uno scenario di guerra, dopo intensi bombardamenti». Joe Biden non parla dell’Ucraina, e neanche di Gaza, ma di Los Angeles, che da quattro giorni è devastata da incendi gravissimi che hanno ucciso almeno 10 persone e costretto 180 mila cittadini a lasciare le case.
Biden – scrive Monica Ricci Sargentini – ha convocato alla Casa Bianca una riunione per fare il punto sulla situazione, presenti in videocollegamento il governatore della California, Gavin Newsom, di cui Donald Trump ha chiesto le dimissioni, e la sindaca Karen Bass. Intanto sono entrati in azione i saccheggiatori.
Sono molte le domande in queste ore. Una è «perché è così difficile fermare gli incendi» e risponde Elena Tebano. L’altra è «perché non usano gli idranti?». E risponde l’inviato Matteo Persivale.
Mattarella ribadisce il sostegno a Kiev
Il capo dello Stato conferma a Volodymyr Zelensky, in visita a Roma, «la determinazione dell’Italia a mantenere pieno, inalterato e costante sostegno all’Ucraina contro l’aggressione della Federazione russa». E spiega anche perché. Lo fa benissimo, e del resto è il nostro Presidente: «Lo facciamo per l’amicizia che lega Ucraina e Italia, per il rispetto delle regole della convivenza internazionale contro le pretese di imporre con le armi la volontà a un altro Paese, e per la sicurezza dell’intera Europa». Zelensky, poi, ha invitato Mattarella in Ucraina: «L’ultimo presidente italiano è stato da noi 25 anni fa».
Dopo il rilascio di Sala, Abedini spera
Dal carcere di Opera è lui stesso, Mohammad Abedini Najafabani, il 38enne ingegnere iraniano che gli Stati Uniti hanno fatto arrestare all’Italia lo scorso 16 dicembre a Malpensa, a chiedere: «Ma quindi, adesso, dopo la liberazione di Cecilia Sala, potrebbe diminuire la pressione su di me?». Il suo legale assicura: «Sarà presente all’udienza del 15 gennaio e in una brevissima dichiarazione spontanea confermerà la disponibilità al braccialetto elettronico e il fatto di non voler scappare dall’Italia». I giudici avranno 5 giorni liberi per decidere, sino al 21 gennaio. Ma c’è attesa anche per le decisioni del ministro Carlo Nordio che potrebbe decidere di revocare la custodia cautelare. Dando in qualche modo ragione a chi pensa che la sorte di Abedini sia legata alla liberazione di Sala.
Meloni, i migranti e il Venezuela
Ieri la premier Giorgia Meloni ha parlato con Kaja Kallas, vicepresidente della Commissione e Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, di Ucraina, ma anche di migranti. Si riapre il dossier più delicato, dopo gli stop dei giudici ai trattenimenti, alla luce della sentenza della Cassazione che ha confermato la legittimazione del governo nel compilare la lista dei Paesi sicuri, in attesa che la Corte Ue dica se si possono definire tali anche Stati in cui singole categorie vedano violati diritti fondamentali. Ma con Kallas la premier ha parlato anche di Medio Oriente, del processo di transizione in Siria e del rafforzamento del ruolo internazionale dell’Ue, nelle ore in cui l’insediamento in Venezuela di Nicolas Maduro apre un nuovo fronte, con Meloni che parla di «repressioneinaccettabile» e di una vittoria elettorale che «non riconosciamo».
- Tempesta finanziaria a Londra, la manovra fa tremare Starmer.
- A Catania, agguato al compagno dell’ex ragazza: uccide a colpi di pistola il rivale ventunenne.
- Capodanno in Duomo, nuovi video e denunce per molestie su sette donne.
- Con Youpole salva la madre dalle botte.
- Oliviero Toscani si aggrava, è ricoverato in terapia intensiva.
- Sara Chierici è stata condannata a 16 anni di carcere per concorso in tentato omicidio, per la vicenda della bici lanciata dai Murazzi di Torino. Ha solo assistito ai fatti ma non ha impedito prima, né denunciato dopo.
- Seminari, l’apertura della Cei: ammessi i candidati gay.
- «Ma il vero sovranismo è quello europeo», di Aldo Cazzullo.
- Le anticipazioni sul nuovo libro di Aldo Cazzullo, «Craxi, l’ultimo vero politico».
- L’intervista di Andrea Laffranchi a Brunori Sas.
- L’intervista di Emilia Costantini al regista Francesco Rosi.
Il Caffè di Gramellini
«Il mio addio»
«Erano le 10 e 31 e, mentre finivo di leggere sul nostro sito la notizia della scomparsa di un leggendario benefattore di Milano, in una finestra del computer è comparsa una mail intitolata Il mio addio. “Quando le arriverà questa mia, io non ci sarò più. Come sa, ho speso la vita ad aiutare centinaia di persone in difficoltà, sempre nell’anonimato, però ora mi farebbe piacere se trovasse un piccolo spazio per ricordarmi sul Corriere con il mio nome in chiaro. Un piccolo testamento postumo”.
Roberto, si chiamava. Roberto Bagnato. Per i particolari vi rimando al pezzo del suo “scopritore” Giangiacomo Schiavi. Cominciò a scrivermi due anni fa e da allora, fino alle 10 e 31 di ieri, ci siamo scambiati una corrispondenza fittissima. Ai poveri non regalava solo i suoi soldi, ma il suo tempo. Era capace di trovare casa a una coppia di sfrattati e poi di presentarsi al volante di un furgoncino, fingendosi un manovale, per aiutarli nel trasloco. Diceva che la beneficenza si fa col passamontagna, come le rapine, e che i poveri più bisognosi di cure sono quelli che si vergognano della loro condizione. Apprezzava il pudore e detestava la strafottenza. Come tanti altri santi, era un incazzoso. Un giorno — in ospedale per la chemioterapia — si avventò su un paziente che ascoltava i vocali del telefono a pieno volume per cantargli in faccia la canzone di Finardi: “Extraterrestre, portami via, voglio una stella che sia tutta mia…”. Buon viaggio, Roberto, ma non sarà molto lungo, perché la stella sei tu».
Grazie per aver letto Prima Ora.
(in sottofondo «Spogliami», dei Baustelle. La trovate nella nostra Playlist, aggiornata ogni venerdì con le nuove uscite di musica pop, rock e indie).
|
|
|
|