La tornata degli interrogativi? (di Stelio W. Venceslai)
Hanno vinto tutti. Al solito, i vincitori sono tanti che è difficile contarli. Non ci sono perdenti. I commenti si affollano. Vediamo di capirci un po’ di più.
Primo punto. È indubbia la vittoria del SI al referendum. Se si votasse altre trenta volte, vincerebbe sempre. Troppo facile: una domanda semplice e l’antipatia congenita degli Italiani verso la loro rappresentanza politica, tutta in blocco. D’altro canto, un Parlamento che quasi all’unanimità si castra, è un bello spettacolo. Come potevano gli Italiani dire di NO? Gli Italiani si dividono in due categorie: quelli che ragionano e gli altri. Gli altri sono molti di più e il gioco è fatto.
Forza Italia, la Lega e Fratelli d’Italia hanno subito il ricatto di 5Stelle sul referendum, votando compatti (o quasi) in Parlamento per il SI. Un errore fatale, dando un forte vantaggio propagandistico al Movimento. A loro conveniva? È stata una grande sciocchezza.
Qualcuno sostiene (la Destra) che l’attuale Parlamento è delegittimato. No, perché è il risultato di elezioni legittime fatte a suo tempo. È invece, un Parlamento fasullo, perché non corrisponde all’attuale quadro politico del Paese.
Considerate le percentuali raggiunte dai partiti, Forza Italia, Renzi e 5Stelle hanno un numero sproporzionato di deputati, Fratelli d’Italia, al contrario, ne ha molti di meno di quanti potrebbe averne se si votasse.
Ora, occorre dare seguito alle conseguenze: modificare le circoscrizioni, cambiare i regolamenti, fare (forse) una nuova legge elettorale. Si farà? Chiedere agli Italiani di ridurre la rappresentanza politica lasciando poi le cose come stanno, sarebbe una beffa. Sullo sfondo c’è la nomina del Presidente della Repubblica. Potrebbe questo Parlamento fasullo procedere all’elezione? Tutto è possibile, ma inaccettabile. Dovrebbero esserci nuove elezioni. Naturalmente i partiti, che si vedrebbero ridotti, come rappresentanza numerica, non ci pensano neppure. Che ne pensa l’attuale Presidente della Repubblica?
Secondo punto. Chi ha indubbiamente vinto è il partito dei governatori. Questo è un fatto nuovo e importante. Una nuova classe di politici si sta affacciando sulla scena del Paese. Uomini come Zaia, De Luca, Bonaccini, Emiliano, Toti, Musumeci e altri si sono dati da fare, hanno tutelato i lori territori, sono stati presenti e attivi durante la pandemia, hanno preso decisioni chiare. Gente ben diversa da quella al potere. Si profila un forte contrasto fra la classe politica nazionale e quella regionale.
Terzo punto. La Meloni avanza dappertutto e guadagna le Marche, con Acquaroli. Questo dà uno scossone al Centro-Destra, inutile negarlo. Ha vinto perché ha guadagnato un’altra Regione, ma fra un partito morente (Forza Italia) e un partito in ritirata (la Lega), brilla Fratelli d’Italia. Non si romperà la coalizione ma è inevitabile un ricollocamento della leadership.
Quarto punto. Il PD ha retto, grazie anche al collasso del Movimento 5Stelle. Zingaretti esulta e non è più in forse il cambio alla direzione del partito, ma la Sinistra è arroccata solo su Emilia, Toscana, Lazio e Campania, le Regioni che un tempo furono le più fasciste. Regioni popolose e importanti. Ma il controllo totale delle provincie, anche in queste Regioni, è perduto.
Quinto punto. La Lega non morde nel Centro-Sud. Da più di un anno la leadership di Salvini si è di molto appannata. Dopo la sciagurata decisione di abbandonare il governo giallo-verde non ne ha infilata una di giusta. Ha gravemente insidiato il PD in Toscana e in Emilia, ma la spallata non c’è stata. Troppi errori e troppe sbrasate. La sensazione d’essere vincente è sempre pericolosa. La Lega attraverserà un periodo molto difficile di ridimensionamento.
Sesto punto. Il Movimento 5Stelle è nel marasma, con una continua emorragia di voti. Stando ai risultati elettorali, tre quarti, se va bene, dei suoi deputati non sarebbero rieletti. Al massimo rappresenta il 10% dell’elettorato. Di Maio esulta per il referendum, ma sta zitto sui consensi elettorali perduti. Forse riusciranno a fare un Congresso. Forse, riusciranno ad eliminare quella buffonata che è la Piattaforma Rousseau, forse finirà l’equivoco di Casaleggio figlio con “il garante” comico Grillo. Forse. Se non lo faranno, finiranno come Renzi. Ha Ragione Di Battista. Le 5Stelle ad una ad una si stanno spegnendo.
Settimo punto. Renzi e la sua formazione politica sono praticamente scomparsi dalla scena politica. Al massimo, navigano sul 3%, nonostante i 50 deputati che hanno al Parlamento. Un obbrobrio e un equivoco. Regge in Toscana ma quasi scompare altrove.
Ottavo punto. Il governo continua. Non è vero che si è rafforzato. Non è stato mai forte, ma diviso e litigioso. Continuerà così, per la sopravvivenza, sempre che il PD non chieda di essere rappresentato per quella che è la sua forza reale rispetto a quella fasulla di 5Stelle.
La scadenza più importante e prossima è la fine della cassa integrazione e del blocco dei licenziamenti. Sullo sfondo, poi, c’è la crescita della pandemia. Come se la caveranno?
Altri temi importanti sono il Recovery Fund e la questione del MES. La progettualità, al momento, è zero: solo chiacchiere e i tempi stringono, perché l’Unione europea dovrà esprimere un parere sui propositi del governo italiano. Non si vedono colpi d’ala, l’uccello è zoppo e stenta a camminare. E se ci bocciano?
Riuscirà il PD a far deflettere 5Stelle dall’opposizione (irragionevole) al MES?
Come si vede, dopo questa tornata elettorale, sono più gli interrogativi che le certezze.