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3° LANCIO – Prima Ora del Corriere della Sera a cura dell’Agenzia “Cronache”, direttore Ferdinando Terlizzi

 

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venerdì 31 gennaio 2025
Magistrati, l’affondo di Meloni
Magistrati, l'affondo di Meloni 
editorialista di Alessandro Trocino

Magistratura e politica, si riaccende l’eterno duello, che non segnala uno stato di salute eccezionalmente buono per la democrazia italiana. L’iscrizione nel registro degli indagati della premier Giorgia Meloni, e di altri esponenti del governo, per la vicenda dell’aguzzino libico Osama Almasri liberato e rispedito in Libia, si può leggere sostanzialmente in tre modi. La versione della destra è che si tratta di una vendetta dei magistrati contro il governo, dopo il via libera alla legge che separa le carriere, fortemente osteggiata dall’Anm, che ha indetto anche uno sciopero per il 27 febbraio. La versione dei magistrati è che si tratti di un atto dovuto, in considerazione della richiesta della Corte penale internazionale, nulla di più e nulla di meno. La versione della sinistra è che il governo abbia fatto l’ennesimo favore al governo libico, chiudendo un occhio, se non due, di fronte a una persona accusata di torture e assassini, in cambio di un freno all’emigrazione in arrivo da Tripoli.

 

Non parleremo, naturalmente, solo di questo, ma cominciamo così: oggi è venerdì 31 gennaio e questa è Prima Ora.

 

Giorgia Meloni alza il tiro

La prima reazione era stata dura, con un video nel quale sventolava quello che ha chiamato un avviso di garanzia, anche se era solo un’iscrizione nel registro dei reati. Il giorno dopo, la premier non abbassa i toni, anzi. Seguendo l’antica lezione berlusconiana, passa all’attacco  contro le toghe «politicizzate». Sostiene che l’iscrizione «era chiaramente un atto voluto e tutti sanno che le procure in queste cose hanno la loro discrezionalità». Lamenta di essersi ritrovata sulla prima pagina del Financial Times, con evidente danno di immagine alla nazione, «una cosa che francamente mi manda un po’ ai matti». E soprattutto, dice: «Certi giudici vogliono decidere le politiche dell’immigrazione, vogliono decidere se e come si possa riformare la giustizia, vogliono decidere per cosa possiamo spendere e cosa no: in pratica vogliono governare loro. Ma allora  si candidino».

 

Insomma, i giudici fanno politica. E, come dice Matteo Salvini, serve una riforma della giustizia per rimetterli al loro posto.

 

Era «un atto dovuto» o un «atto voluto» l’iscrizione nel registro di premier e ministri? Alla domanda risponde esaurientemente Fulvio Fiano, che entra nel dettaglio delle varie interpretazioni possibili.

Ma convengono alla premier questi toni? Secondo Monica Guerzoni sì: «Se nel collegamento video con l’evento di Nicola Porro la premier si è definita “non preoccupata e non demoralizzata”, è perché i numeri le dicono che l’iscrizione nel registro degli indagati per aver rimpatriato il torturatore e pluri-assassino libico Osama Almasri si sta rivelando, dal punto di vista politico, un regalo insperato». Questione di sondaggi e di «mi piace». Pare, dicono da Palazzo Chigi, che ci sia «un’onda social impressionante, con i 4/5 degli internauti favorevoli a fustigare le toghe».  Insomma, quest’iniziativa dei magistrati è stata «quasi una manna dal cielo in un momento di grande visibilità internazionale, ma di spine sul piano interno». Sarà vero? Lo scopriremo tra non molto.

E l’opposizione? Si trova in mezzo al solito dilemma. Scegliere l’Aventino, ipotesi ventilata da diversi? Opzione bocciata, anche perché non porta fortuna. Rispondere punto per punto, con il rischio di fare il gioco della premier, che così distoglie l’attenzione dalle altre questioni? Appiattirsi sui giudici? Parlare d’altro?

La segretaria del Pd Elly Schlein, scrive Maria Teresa Meli, è consapevole del guado e del rischio che la premier ne approfitti: «È evidente che Meloni alzi lo scontro coi giudici per non parlare del merito della questione: la scelta politica di riportare a casa un torturatore libico». Non solo: «Lei lo fa apposta, così si parla tutto il giorno di questo mentre l’economia italiana è ferma, la crescita meno della metà del previsto, la produzione industriale cala da ventidue mesi, come i salari di chi guadagna tra 8 e 9 mila euro all’anno. A salire invece sono le bollette di famiglie e imprese nell’inerzia del governo, sono le accise sul diesel che hanno aumentato di soppiatto, sono le liste d’attesa su cui non attuano il decreto da sei mesi. Ma anche stavolta di tutto questo Meloni se ne occuperà domani, oggi è troppo impegnata a fare la vittima».

 

E dunque? Avvistato il pericolo, non si riesce ad evitarlo. Per gli italiani conteranno di più le sorti di un lontano torturatore libico o il capitale di antipatia e di diffidenza accumulato dalla magistratura in questi anni? Le condizioni dei migranti nei campi di tortura libici o la sicurezza, magari anche solo percepita, nelle grandi città? Comunque sia, il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte va all’attacco: «Meloni ricomponiti, non sei sopra la legge. Il vero danno d’immagine al Paese è che tutto il mondo comincia a scoprire che abbiamo una premier che diffonde bugie e falsità».

 

 

Scrive Massimo Franco che quello della premier è un attacco frontale ai magistrati: «Meloni evoca un’operazione che avrebbe quasi i contorni del complotto contro il governo. E giura: “Non intendo mollare di un centimetro fino a quando saprò che la maggioranza degli italiani è con me”».  E ancora: «L’impressione è che questo caso scivoloso e delicato, da conflitto istituzionale, serva anche per ritagliarsi un profilo più “berlusconiano”: di avanguardia della lotta ai giudici accusati di faziosità. Difficile dire se alla lunga sia un segno di forza o il contrario. Meloni che con parole liriche rivendica i successi inanellati “dai fiordi norvegesi alla sabbia del deserto” mostra di sentirsi in sella. E forse è tentata di dimostrarlo nelle urne. Il problema è mantenere il senso della misura e non far saltare l’equilibrio tra i poteri: da parte di tutti». 

 

Lo Voi e i voli di Stato 

 

Se la liberazione del generale Almasri ha creato un conflitto tra il governo e la Corte penale internazionale che aveva chiesto di arrestarlo e prenderlo in consegna, ora ce n’è un altro tra Palazzo Chigi e la Procura di Roma. Fatto di un certo rilievo, sottolineaGiovanni Bianconi, visto che «s’è innescata una reazione a colpi di rivelazioni e insinuazioni che alimenta uno scontro mai così aspro tra il governo e la procura più importante d’Italia; quella competente a indagare sui palazzi del potere e che un tempo, nella spartizione delle poltrone tra le correnti democristiane, si dice valesse due o tre ministeri».

 

 

Dal febbraio 2023, il sottosegretario Alfredo Mantovano (uno dei quattro indagati per il caso Almasri) ha bloccato la possibilità per Lo Voi di usare i voli di Stato, che gli erano stati concessi per motivi di sicurezza, per rientrare a Palermo. Il procuratore si è opposto e la disputa non è finita. Ma nel frattempo è approdata sul Tg1 e sui giornali filogovernativi, scrive Bianconi, «con l’evidente intenzione di legare la rapidissima iscrizione dei membri del governo sul registro degli indagati da parte del procuratore a un suo ipotetico risentimento verso chi gli ha sottratto i voli blu». A questa vicenda se ne aggiunge un’altra: «A conclusione di un’indagine su alcuni giornalisti del quotidiano Domani, Lo Voi e un suo sostituto hanno incluso negli atti trasmessi alle parti alcuni documenti dell’Aisi, il servizio segreto interno, di cui la legge vieta la diffusione; le persone coinvolte nel procedimento possono “prenderne visione senza estrarne copia”. Invece i cronisti di Domani hanno avuto tra le mani e pubblicato le relazioni sugli accertamenti compiuti dall’Aisi nel 2023 sul capo di Gabinetto della presidente del Consiglio». 

 

La Russa a Santanché: «Valuti Daniela se dimettersi»

 

Finora Ignazio La Russa era considerato lo sponsor e amico più fidato di Daniela Santanché, il politico che avrebbe potuto proteggerla da ogni pressione. Ma ora sembra vacillare anche lui. Il 10 febbraio ci sarà la mozione di sfiducia alla Camera dei 5 Stelle contro la sottosegretaria, mentre il 20 marzo prenderà il via il dibattimento a Milano del processo per falso in bilancio per i conti della galassia societaria Visibilia. Ma la data chiave è la terza: il 26 marzo, quando si terrà la prossima udienza relativa al filone d’inchiesta per la presunta truffa aggravata all’Inps, da tenersi sempre nel capoluogo lombardo dopo la decisione della Corte di Cassazione di non trasferire a Roma gli atti del procedimento. Santanché aveva detto che solo in caso di rinvio di giudizio anche per il caso Inps si sarebbe dimessa, ma ora sembra avere cambiato idea. «I giudici vogliono governare», dice, mettendosi in scia della premier e sperando che lo slogan funzioni anche per lei.

 

 

L’amicizia, e i rapporti d’affari, tra Santanché e La Russa, sono sempre sembrati solidissimi. Ma ieri La Russa, a caldo, ha parlato così del pronunciamento della Corte: «Non ci ho ragionato. Però, certamente anche quello è un elemento di valutazione». Quanto basta per far capire che l’aria intorno a Santanché sta cambiando.

 

Nuovo affondo della Lega, stavolta sulle soprintendenze

La Lega, si sa, coglie spesso occasioni per distinguersi nel governo e anche per mettere in discussione scelte di colleghi dell’esecutivo. L’ultima battaglia è quella per ridimensionare il potere delle soprintendenze, rendendo non vincolanti i pareri su interventi urbanistici e paesaggistici, salvo che non riguardino grandi monumenti o rilevanti opere storiche. Battaglia che non piace affatto al ministro della Cultura, Alessandro Giuli, che ha dato parere negativo e ha chiesto il ritiro della proposta. Ma i leghisti, con il vicepremier e ministro Salvini che si associa all’iniziativa con un post sui social, annunciano di voler andare avanti.

Economia in difficoltà, l’Italia in stagnazione

Tra le brutte notizie per il governo, molto peggio dell’inchiesta dei magistrati, c’è l’andamento dell’economia. In Italia nel 2024 la crescita del Pil si è fermata allo 0,5%, mentre il governo aveva previsto l’1%.Una situazione che mette l’Italia insieme a Germania e Francia nel club dei Paesi europei in difficoltà, in contrasto con la crescita forte di Spagna e Portogallo. Non solo. I dati dell’Istat dicono che il Pil italiano nel quarto trimestre del 2024 è in stagnazione: ha segnato crescita zero rispetto ai tre mesi precedenti, quando già era rimasto stazionario.

 

Intanto Christine Lagarde ha annunciato il quinto taglio consecutivo dei tassi della Bce, dal 3% al 2,75%, deciso all’unanimità di un Consiglio direttivo a 26 membri che in passato si era spesso diviso. La presidente francese della Bce ha lasciato intendere che altri tagli seguiranno.

 

Scontro aereo-elicottero a Washington, Trump attacca

Un fatto di cronaca, gravissimo ma come altri accaduti in passato, probabilmente frutto di un errore umano. Ma Donald Trump coglie l’occasione e lo trasforma in una questione politica.

Cosa è successo? Un elicottero militare si scontra proprio sopra Washington con un Crj700, un aereo di linea dell’American Airlines, ed entrambi precipitano nel fiume Potomac. L’aereo stava per atterrare all’aeroporto Ronald Reagan. Il fiume inghiotte 67 persone e il recupero dei corpi, in un clima gelido e inclemente, è ancora in corso.

Chi c’era a bordo? Sull’elicottero, che pare fosse in un giro di addestramento, c’erano tre militari. Sull’aereo, invece, c’erano molti sportivi. I campioni mondiali di pattinaggio artistico del 1994 russi Evgenia Shishkova e Vadim Naumov e almeno 14 pattinatori americani

Perché è successo? Ancora non è chiaro. La responsabilità è dell’elicottero che, nonostante gli allerta della torre di controllo, non ha evitato l’impatto. Il nostro esperto, Leonard Berberi, azzarda delle ipotesi.

Le accuse di Trump Il presidente americano non ha perso tempo per attaccare l’amministrazione precedente. Ha attribuito la colpa della collisione alle politiche di promozione della diversità e dell’inclusione, che ha detto essere state sostenute con Pete Buttigieg, segretario dei Trasporti durante l’amministrazione Biden. Lui ora le sta abolendo. «Quel tizio è un disastro», ha detto Trump, secondo il quale sono state assunte come controllori di volo persone non qualificate, con disabilità fisiche o psichiche. E ancora: «Ho messo la sicurezza al primo posto, Obama e Biden hanno messo la politica al primo posto. La loro politica era orribile, la loro politica era la peggiore».

Il rilascio degli ostaggi e la rabbia di Netanyahu

Tre ostaggi israeliani e cinque thailandesi, rapiti da Hamas e dalla Jihad islamica palestinese il 7 ottobre 2023, sono tornati in libertà dopo 482 giorni di prigionia a Gaza nell’ennesimo show . Rende bene l’idea Davide Frattini, corrispondente da Israele: «La folla si accalca sulle rovine inclinate come le gradinate di un circo per gladiatori dove entrano i condannati: il rilascio di Arbel Yehoud e Gadi Moses prolunga l’agonia dei 482 giorni di prigionia, altro panico da inghiottire ma che riemerge negli occhi spersi della donna mentre centinaia di palestinesi si accalcano attorno, allungano le mani, spintonano gli uomini in mimetica che dovrebbero scortarla verso i fuoristrada della Croce Rossa».

 

Il punto di incontro è stato deciso simbolicamente a Khan Younis, vicino alle rovine della casa di Yahya Sinwar, il leader di Hamas ucciso dall’Idf a ottobre.

 

 

Qualche ora prima di Gadi Moses (80 anni) e di Arbel Yehoud (29 anni), era stata rilasciata Agam Berger (20 anni). Per lei, soldatessa, era stato allestito a Jabalya, nel nord della Striscia, un palco, in uno spiazzo sterrato circondato da edifici sventrati dai bombardamenti. Qui la ragazza è stata costretta al solito rituale macabro di umiliazione: il saluto alla folla, i sorrisi (stentati) e l’esibizione dell’assurdo attestato di detenzione.

 

Netanyahu, di fronte allo spettacolo, ha parlato di «un’ulteriore prova della crudeltà impensabile di Hamas» e ha chiesto garanzie per il futuro ai mediatori, ritardando di qualche ora la liberazione dei detenuti palestinesi. Israele alla fine ha scarcerato i 110 detenuti palestinesi previsti dall’accordo. Tra loro ci sono Mohammad Abu Warda, di Hamas, condannato a 48 ergastoli per gli attentati del 1996 sulle linee di bus a Gerusalemme e Ashkelon, che causarono la morte di 45 israeliani. E Ismail Radaideh, di Fatah, all’ergastolo per l’uccisione del monaco greco-ortodosso Georgios Tsibouktzakis nel 2001.

Fermati due italiani  Luisa Morgantini, 84 anni, ex vicepresidente dell’Europarlamento e nota attivista italiana, e il giornalista del Sole 24 Ore Roberto Bongiorni, sono stati fermati ieri mattina a Tuba (a sud di Hebron), perché sarebbero entrati in una «zona militare». In realtà stavano andando in un insediamento di coloni che non è zona militare. In serata sono stati rilasciati anche grazie all’intervento della ambasciata d’Italia a Tel Aviv e del Consolato a Gerusalemme.

Zuckerberg, Trump vince senza combattere

Mark Zuckerberg, capo di Meta-Facebook, impegnato in un’opera di riavvicinamento a Trump, ieri ha messo la parola fine alla causa intentata contro di lui da Trump nel 2021, quando le sue reti sociali lo avevano messo al bando per aver violato le loro regole di servizio con le sue parole, considerate all’origine dell’assalto al Congresso. Zuckerberg ha riconosciuto a Trump un indennizzo di 25 milioni di dollari (22 destinati alla futura costruzione di una Trump Library, gli altri 3 a copertura di spese legali). Anche la rete Abc aveva appena preferito rinunciare a combattere in tribunale, versando 15 milioni di dollari a Trump. E dopo Abc e Meta, toccherà alla casa editrice Simon & Shuster, a suo tempo denunciata da Trump per un libro di Bob Woodward. Ci sarà una transazione anche qui? Trump accumulerà altri milioni di dollari grazie all’assedio agli oppositori e all’aiuto dei magistrati?

Germania, Merkel contro Merz

Angela Merkelsi schiera contro il leader del suo partito, l’uomo che secondo tutti i sondaggi dovrebbe prendere la guida della Germania, Friedrich Merz. L’ex cancelliera, con una mossa senza precedenti, prende le distanze dalla decisione di Merz di far passare una mozione antiimmigrazione in Parlamento con il sostegno dell’estrema destra di AfD. La seduta di mercoledì era stata un momento spartiacque in Germania. Per la prima volta dal dopoguerra un testo è stato approvato con i voti decisivi dell’estrema destra. La sua uscita, scrive la corrispondente Mara Gergolet, «ha avuto un’enorme eco. Il partito è in subbuglio, manifestazioni sono previste per oggi sotto le sedi della Cdu e della Csu, quando il Bundestag voterà una legge anti immigrati (non più mozione) che dovrebbe passare con la stessa maggioranza. Ieri l’edificio della Cdu a Berlino è stato evacuato per un allarme bomba».

Svezia, ucciso l’attivista anti Corano

Salwan Momika, 38 anni, attivista celebre per aver dato fuoco pubblicamente al Coranoè stato ucciso in Svezia mentre era in diretta su TikTok nel suo appartamento. Il suo caso era stato molto discusso nel Paese, perché all’inizio lo Stato aveva difeso la libertà di espressione, per poi però portarlo in giudizio per «odio contro un gruppo etnico». La decisione doveva arrivare proprio ieri ma all’odio di Momika hanno messo fine con violenza alcune persone, che gli hanno sparato mentre si trovava sul balcone. La polizia ha arrestato cinque sospetti. 

 

Ci sono due ipotesi sull’omicidio: lo volevano morto alcune gang criminali locali legate ad altri Paesi, oppure estremisti islamici. La città irachena di al-Kufa aveva promesso due milioni di dollari e un Corano di due chili d’oro a chi lo avesse ucciso. Il primo ministro svedese Ulf Kristersson ha dichiarato che esiste il rischio «evidente» del coinvolgimento di una «potenza straniera».

 

Terra dei fuochi, Italia condannata

 

Dopo la Corte penale internazionale, è la volta della Corte europea dei diritti umani. Non è la prima volta che l’Italia finisce nel mirino delle istituzioni internazionali, anche se questa volta gli interventi si notano di più, vista l’insofferenza di fronte a questi enti, che sembra aver contagiato anche il governo italiano. La Corte ha stabilito, con una sentenza senza precedenti, che le autorità italiane mettono a rischio la vita degli abitanti della Terra dei Fuochi, l’area tra le province di Napoli e Caserta inquinata per decenni da interramento di rifiuti tossici, discariche abusive e roghi di immondizia. Il rischio di morte per gli abitanti è «sufficientemente grave, reale e accertabile», nonché «imminente». Per contro, «non c’è una risposta sistematica, coordinata e completa da parte delle autorità nell’affrontare la situazione». Non solo si è fatto poco o nulla, dice la Corte, ma non ci sono state informazioni alla gente per avvertirla dei rischi. I giudici danno due anni di tempo alla politica per attuare misure correttive.

 

La Regione Campania reagisce spiegando che la Corte si riferisce a fatti anteriori al 2013, quando c’erano altre amministrazioni. E che da allora «è stata avviata un’importante azione di bonifica».

 

Spiega Luigi Ferrarella che sono almeno quattro i profili importanti di questa sentenza. Il primo è che, accogliendo il ricorso di alcuni cittadini, la Corte applica il principio di precauzione, a persone non ancora ammalate. Il secondo è la censura della frammentazione di competenze italiane. Il terzo è la stigmatizzazione delle norme sulla prescrizione dei reati e sul segreto di Stato. Il quarto è che impone all’Italia di istituire «una commissione di controllo indipendente» e «un’unica piattaforma informativa pubblica».

 

Don Maurizio Patriciello, parroco di Parco Verde di Caivano, parla con Fulvio Bufi di «decisione storica», ma aggiunge: «Non posso essere felice, ci sono state troppe vittime, troppi funerali, troppe bare bianche. L’ultima ragazza l’abbiamo seppellita solo pochi giorni fa. Aveva 20 anni».

Dalla cronaca

 

  • Tortona, ucciso a coltellate a 19 dai ladri del suo monopattino.
  • Uccise a Napoli per una scarpa sporca, ergastolo al killer ventenne.
  • Milano, a 16 anni partorisce in casa, bimbo trovato morto sul balcone.
  • È morta Marianne Faithfull, cantante e regina della swinging London degli anni ’60

 

Da leggere

L’intervista a Valentino Rossi di Giorgio Terruzzi.

Da ascoltare

Nel podcast «Giorno per giorno», Davide Frattini racconta il nuovo show imbastito da Hamas per il rilascio di altri 8 prigionieri israeliani, liberati a Gaza in mezzo alla folla. Massimo Rebotti parla delle possibili conseguenze sul governo della decisione della Cassazione di mantenere a Milano il processo contro la ministra del Turismo Daniela Santanchè per la presunta truffa sui fondi Inps. Fulvio Bufi spiega perché la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia sulla questione dei rifiuti tossici, interrati per decenni nella «Terra dei Fuochi» in Campania.

Da vedere al cinema

Se nel weekend volete guardare tre film belli e che hanno a che fare in qualche modo con l’attualità italiana e internazionale, eccoli. «Il mio giardino persiano», il film iraniano di Maryam Moghaddam  e Behtash Sanaeeha, registi invisi al regime. «No other land», diretto da un collettivo israelo-palestinese: storia dell’amicizia tra l’attivista palestinese Basel e il giornalista israeliano Yuval, ma soprattutto storia dell’occupazione in Cisgiordania, dove le case dei palestinesi vengono demolite da molto prima dei fatti di Gaza. Se lo trovate, non perdete l’italiano «Luce», di Luca Bellino e Silvia Luzi. Per la straordinaria interpretazione di Marianna Fontana e perché, sullo sfondo, parla anche di carcere e di fabbrica.

Le opinioni 

 

 

Il Caffè di Gramellini 

«Menti superiori»

 

«Per Trump la colpa del disastro aereo sul Potomac è dei controllori di volo disabili che Obama e Biden avrebbero fatto assumere in omaggio alla cultura dell’inclusione. Davanti agli schermi della torre di controllo di Washington ci sarebbe stato del personale con seri problemi di vista, come in un film comico di Mel Brooks? Questo, per fortuna, sembra escluderlo persino Trump. Ma quando dice che in quei posti servono individui «altamente intelligenti» e «psicologicamente superiori» sta insinuando che l’aereo e l’elicottero sono andati a sbattere perché chi li doveva seguire da terra aveva una grave tara psicologica o intellettiva. Non importa che sia vero, importa che i suoi elettori lo credano possibile. Perché è così che si rompono i tabù: surfando cinicamente sull’onda emotiva di una tragedia per affermare l’indicibile, affinché diventi argomento di dibattito e consenta di dirottare la rabbia popolare verso un capro espiatorio facile, debole e politicamente ostile all’opinione pubblica, o almeno a una sua consistente parte.
Da domani nulla più vieterà a un padre sconvolto per la morte del figlio di incolpare il chirurgo che lo ha operato, accusandolo di occupare quella carica non per bravura, ma per appartenenza alla comunità gay o a una minoranza etnica. E pensare che noi nati nel secolo scorso siamo cresciuti con l’idea che un leader politico debba anzitutto unire la società. Adesso l’obiettivo pare sia diventato quello di spaccarla»
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Grazie per aver letto Prima Ora.

 

(in sottofondo «Like the end, di James Black. La trovate nella nostra Playlist, aggiornata ogni venerdì con le nuove uscite di musica pop, rock e indie).

 

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