di Vincenzo D’Anna*


Lo scrittore britannico George Orwell è assurto alla notorietà internazionale per due libri che ancora oggi vengono citati in ambito politico: “La fattoria degli animali” e “1984”. Il primo capolavoro offre una satira allegorica del potere. Vi si racconta infatti di come la società sia permeata da questo impulso di dominio e di come uomini che pure si erano ribellati al dispotismo dei prepotenti, pur di mantenere il potere appena conquistato finiscano, essi stessi, per comportarsi proprio come quei soggetti contro i quali avevano duramente lottato. Nella fattoria tutti gli animali sono dichiarati eguali, ma a ben vedere c’è sempre qualcuno più “uguale” degli altri, ossia emergono quasi fisiologicamente personalità che anelano al potere e che sono disposte a tutto pur di mantenerlo, anche ricorrendo a comportamenti tirannici ed illiberali. Sempre il tema della difesa della democrazia e della libertà degli individui ispira “1984” laddove l’autore descrive , presago, una realtà controllata attraverso l’occhio telematico che il “grande fratello” installa in ogni casa per ottenere un capillare controllo della società. Per quel che concerne il tema che ispira questo nostro articolo, a noi interessa di più “la fattoria” laddove ogni animale rappresenta una classe sociale. Ad esempio i maiali incarnano i leader corrotti che tradiscono gli ideali rivoluzionari per il proprio guadagno personale. Il corvo è la chiesa ortodossa , le galline sono i kulaki che si opponevano alla collettivizzazione e agli espropri proletari voluti da Stalin per la realizzazione del suo progetto di programmazione quinquennale redatto da J.M. Keynes. Quella sciagurata vicenda portò in seguito all’Holomodor, la morte per carestia di cinque milioni di ucraini . Insomma Orwell sferra un duro attacco allo Stato totalitario sotto metafora animale e vicende di fantasia. Ebbene, quando dai banchi delle opposizioni Elly Schlein affibia a Giorgia Meloni l’appellativo di “Presidente del Coniglio”, tacciandola di un atteggiamento vile e codardo, la segretaria dem sembra voler rispolverare una spregiativa allegoria di stampo orwelliano. La milionaria italo svizzera preferisce affidarsi all’insulto al posto della contestazione razionale in merito agli eventuali errori commessi dal governo nel caso Almasri, il generale libico accusato di torture, che la corte di Appello di Roma ha scarcerato invece di trattenerlo nelle patrie galere. Insomma nonostante le precisazioni giuridiche e documentali del ministro di Giustizia Carlo Nordio che ha finanche dimostrato come i magistrati della procura capitolina non abbiano valutato adeguatamente le carte riguardanti il libico, il tutto si è rigirato in cagnara. Lo stesso per il ministro degli interni Matteo Piantedosi che pure ha dichiarato che la presenza sul nostro territorio di Almasri, che sarà bene ricordarlo non aveva commesso alcun tipo di reato nel Belpaese, rappresentava un pericolo per lo Stato Italiano. Almasri è il responsabile della polizia giudiziaria libica, ossia è l’uomo che collabora (sia pure indirettamente) con il governo italiano per arginare i flussi dei migranti clandestini verso l’Europa e l’Italia in particolare. E non è certo una coincidenza che nei pochi giorni nei quali il “poliziotto” stato trattenuto in stato d’arresto, ben 1.500 migranti siano approdati a Lampedusa!! Non c’è bisogno di un particolare acume per comprendere che la pressione della Libia sullo Stato italiano sarebbe stata di tipo ritrosivo, ossia avrebbe consentito la partenza in massa dalle coste nord africane alla volta del nostro Paese! Chi trascura questa evidenza è in perfetta malafede, insegue il progetto di continuare a consentire afflussi indiscriminati sul nostro suolo e nel contempo, si batte per bloccare l’espatrio di quei migranti verso le strutture italiane in Albania. Anche in questo ultimo caso il contrasto viene per mano giudiziaria dalla stessa procura di Roma che, infrangendo il rispetto della legge varata dal parlamento, si appella alla Corte europea in attesa che questa ratifichi la sentenza della Cassazione che affidava alle nostre Camere il diritto di stabilire quali fossero i paesi sicuri e quelli insicuri di provenienza dei migranti. Insomma: un combinato disposto che lega due eventi della stessa matrice e l’intesa tra atti della magistratura e forze parlamentari di opposizione. Cos’altro avrebbe potuto aggiungere Giorgia Meloni in aula non è dato sapere se non esporsi alla chiassata che la fattoria degli animali, alla quale si sono assimilate le forze politiche di opposizione in parlamento, le avrebbe riservato tra grugniti e starnazzi.

*già parlamentare