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mercoledì 19 febbraio 2025
Trump dà la colpa a Zelensky
Trump dà la colpa a Zelensky
editorialista di Gianluca Mercuri

 

Buongiorno.

 

«Zelensky non avrebbe mai dovuto iniziare la guerra».

 

Sì: a 5 giorni dal terzo anniversario dell’aggressione russa, Donald Trump ha dato la colpa all’Ucraina e al suo leader. È successo nel giorno dell’avvio dei colloqui diretti tra russi e americani in Arabia Saudita, con Zelensky che aveva protestato per esserne stato escluso. Il presidente americano ha replicato esibendo tutta la sua insofferenza:

 

 

«Oggi ho sentito dire: “Oh, beh, non siamo stati invitati”. Beh, sono deluso. Sei stato lì per tre anni. Avresti dovuto finirla in tre anni. Non avresti mai dovuto iniziarla. Avresti potuto fare un accordo. Io avrei potuto fare un accordo per l’Ucraina che avrebbe dato loro quasi tutta la terra, e nessuno sarebbe stato ucciso, nessuna città sarebbe stata demolita e nessuna chiesa abbattuta. Ma hanno scelto di fare in un altro modo».

A un mese dal suo insediamento alla Casa Bianca, è difficile fare la classifica delle dichiarazioni di Trump sul piano della dirompenza, della pericolosità, della mancanza di scrupoli e di qualsiasi connessione con 80 anni di politica estera americana. Però si può dire che ieri il ri-presidente abbia gettato ancora più luce sulle proprie idee e sulle proprie intenzioni: in un totale ribaltamento della posizione degli Stati Uniti, Trump è molto più vicino alla Russia – alle sue presunte «ragioni», alle sue richieste, ai suoi interessi – che all’Ucraina. E questa è l’ipotesi più ottimistica: l’altra è che all’Ucraina sia del tutto disinteressato, se non ostile.

 

 

Il Paese aggredito si trova infatti davanti alla prospettiva di accettare ampie amputazioni territoriali – ormai certe – senza nemmeno garanzie per la propria sicurezza futura. «Se questa è la politica americana, Putin ha vinto la guerra», è il crudo commento del filosofo Michael Walzer a colloquio con la nostra Viviana Mazza.

Poi ci siamo noi, noi europei e noi italiani. Anche noi esclusi dai primi colloqui di «pace». Anche noi di fronte alla perdita della protezione americana (e alla necessità di costruircene una nostra: ma questa, come fa notare Lorenzo Cremonesi, è forse la più legittima tra le scelte controverse di Trump). E anche noi bullizzati dalla nuova amministrazione americana – nella persona del vice di Trump, JD Vance, che ha messo in dubbio l’essenza stessa della nostra democrazia e ha apertamente interferito nelle elezioni tedesche – e col sospetto che l’America non sia solo indifferente, ma ostile anche a noi.

 

 

Fantapolitica? Federico Fubini ha proposto un’analisi inquietante, basata sui documenti dell’amministrazione Usa, in cui si prospetta «un assalto alla sovranità europea e all’euro». Un altro grande commentatore europeo, Gideon Rachman del Financial Times, non ha dubbi: «È chiaro che gli Stati Uniti non possono più essere considerati un alleato affidabile per gli europei. Ma le ambizioni politiche dell’amministrazione Trump nei confronti dell’Europa fanno sì che, per il momento, l’America sia anche un avversario, che minaccia la democrazia in Europa e persino il territorio europeo, nel caso della Groenlandia».

E qui arriviamo noi-noi, gli italiani. Giorgia Meloni, con il suo «rapporto privilegiato» con Trump, si propone come ponte ideale tra Europa e America. Ma non nasconde affinità «valoriali» con il trumpismo più estremo, quello di Vance. E il richiamo di Mario Draghi all’unica strategia possibile per gli europei – «muoversi come se fossimo un solo Stato» – è quanto di più lontano dal suo credo sovranista, contrario a un’Europa che stia sopra alle Nazioni. Il punto è che con un’America così aggressiva, avverte Antonio Polito, i ponti non sono previsti, e la nostra premier «dovrà scegliere tra bullizzare l’Europa con Trump o essere bullizzata da lui».

 

Benvenuti alla Prima Ora di mercoledì 19 febbraio, che parlerà anche del Papa e di altre cose che può essere utile sapere e leggere oggi.

Il disgelo tra Usa e Russia

Trump dà la colpa a ZelenskyIl tavolo dei colloqui a Riad (Ap)

 

I colloqui di Riad, le mosse europee, la posizione italiana: punto per punto.

 

  • Chi si è visto Le due superpotenze sono tornate a parlarsi ad alto livello dopo quasi tre anni. Nella capitale saudita c’erano il segretario di Stato Marco Rubio, l’inviato per il Medio Oriente Steve Witkoff e il consigliere per la Sicurezza nazionale Mike Waltz per gli americani, il ministro degli Esteri Serghei Lavrov e il consigliere di Putin Yuri Ushakov per i russi.

  • I primi accordi Riguardano i rapporti bilaterali. Dopo anni di espulsioni reciproche, le due ambasciate torneranno pienamente funzionali, con la nomina di nuovi rappresentanti. Si è poi deciso di creare un team per il negoziato sull’Ucraina e avviato un dialogo sulla «

    cooperazione geopolitica ed economica» che la fine della guerra renderà possibile tra Washington e Mosca.

  • È un successo russo? Risposta in una parola: sì. Risposta più articolata di Viviana Mazza: «L’immagine degli inviati americani e russi intorno a un grande tavolo, in assenza degli ucraini e degli europei, è qualcosa che indubbiamente piace a Putin: riporta il suo Paese al centro della diplomazia globale, sullo stesso piano degli Stati Uniti». Lavrov, d’altronde, non ha nascoto la soddisfazione russa: «Ho ragione di credere che la parte americana abbia iniziato a comprendere meglio la nostra posizione».

  • Ma per l’Ucraina cosa si prospetta? Nulla di particolarmente buono: bilanciare le richieste di garanzie per la propria sicurezza con quelle russe sarà arduo anche per il negoziatore trumpiano meglio disposto. I russi, infatti, restano fermi nel «no» all’ingresso di Kiev nella Nato e su questo – oltre che sull’irreversibilità delle loro conquiste territoriali – hanno incassato l’ok americano (attraverso il segretario alla Difesa Pete Hegseth) già prima dell’avvio dei colloqui: «In pratica Putin ha già avuto tutto ciò che può chiedere», dice il filosofo Walzer. «L’intero negoziato, fin dall’inizio, sembra molto inclinato a favore della Russia. E c’è persino da chiedersi se debba essere definito un negoziato o, in un certo senso, una serie di capitolazioni americane», ha detto all’Ap l’analista ed ex diplomatico britannico Nigel Gould-Davies.

  • C’è un compromesso possibile? C’è da anni l’idea di una pace «alla coreana», in cui la guerra viene congelata ma l’Ucraina e l’Occidente non riconoscono formalmente le annessioni russe: si punterebbe a riparlarne dopo due o tre lustri, con Putin fuori dai giochi. Ma con la stessa idea di Occidente terremotata da Trump

     in questo mese, pare complicato che i russi non pretendano il riconoscimento nero su bianco. E non solo quello.

  • Il piano anti-Zelensky Consiste in questo: i russi vorrebbero elezioni in Ucraina dopo il cessate-il-fuoco ma prima degli accordi di pace. Perché? Perché così potrebbero cercare di spingere con i loro metodi (brogli, corruzione, intimidazioni) per la vittoria di un leader meno ostile. Loro, i russi, smentiscono. Ma proprio ieri Trump ha avallato l’idea, dicendo che è sua – «Non viene dalla Russia, ma da me e da molti altri Paesi» – e aggiungendo veleno contro il presidente ucraino: «Abbiamo una situazione in cui non ci sono state elezioni in Ucraina e c’è la legge marziale. Il leader dell’Ucraina, odio doverlo dire, ha un tasso di approvazione del 4%». Un dato privo di fondamento (secondo un sondaggio del Kyiv International Institute of Sociology Zelensky è sceso dal 77% al 52%).

  • Ma l’Europa è stata fatta fuori? In parte sì, ma non del tutto. Non tanto per l’apertura russa all’ingresso dell’Ucraina nell’Ue, che al momento non cambierebbe nulla. Il segretario di Stato Rubio ha informato subito gli europei dell’andamento dei colloqui e negato qualsiasi volontà di emarginarli. D’altronde i russi si stanno portanto avanti per la cancellazione delle sanzioni americane – ieri hanno detto che sono costate alle aziende Usa 300 miliardi di dollari – ma per cancellare quelle europee è con gli europei che dovranno discutere. Nel dirsi contrari poi a una presenza di Paesi Nato nel futuro contingente di pace, mostrano in realtà di dare peso all’Europa, che sta quasi tutta nella Nato.

  • Ma com’è messa, l’Europa? Chiaramente non bene. Un’analisi di Giuseppe Sarcina mostra che potrebbe mobilitare al massimo 60 mila uomini, in realtà 20 mila in tre turni, per presidiare il futuro confine russo-ucraino. E l’invio di truppe è comunque finora escluso da quasi tutti

    . Sul piano politico, il presidente francese Macron ha convocato per oggi un vertice con altri 11 Paesi (Repubblica Ceca, Grecia, Finlandia, Romania, Svezia, Belgio, Lituania, Estonia e Lettonia dell’Ue, e due Paesi Nato, Norvegia e Canada) dopo quello di lunedì con i principali membri dell’Ue. Un’iniziativa che da una parte conferma le attuali divisioni, dall’altra segna il primo passo, la prima reazione agli schiaffi trumpiani.

  • E l’Italia come si pone? Qui si arriva ai prossimi dilemmi meloniani. L’iniziativa di Macron rappresenta potenzialmente l’avvio di una mini-Nato europea, o una prova per un nucleo di Unione europea che proceda verso forme di integrazione più profonda – a cominciare dalla difesa – per superare la regola dell’unanimità che paralizza l’Europa a 27. Da qui il paradosso dei sovranisti, Meloni compresa, che ora «difendono» l’Europa a 27 perché meno minacciosa rispetto alle sovranità nazionali. Il governo italiano, inoltre, accredita ancora Trump come leader dell’Occidente che prova a strappare la Russia alla Cina, e non come affossatore dell’alleanza Usa-Europa.

  • Il discorso di Draghi Ancora una volta, è stato l’ex presidente della Banca centrale europea ed ex presidente del Consiglio a mettere gli europei di fronte alla realtàparlando  all’Europarlamento. Draghi ha ribadito la necessità di passare dall’unanimità a maggioranze qualificate e quella di forme sempre più incisive di debito comune. Il tutto condensato in una frase importante almeno come il Whatever it takes con cui salvò l’euro: «È sempre più chiaro che dobbiamo agire sempre più come se fossimo un unico Stato». È l’idea che Giorgia Meloni ha sempre combattuto.

Altre cose importanti

A candle with a portrait of Pope Francis is seen in front of the Agostino Gemelli Polyclinic, in Rome, Tuesday, Feb. 18, 2025, where Pope Francis has been hospitalised to undergo some necessary diagnostic tests and to continue his ongoing treatment for bronchitis. (AP Photo/Andrew Medichini) Associated Press / LaPresse Only italy and SpainCandele per il Papa davanti al Policlinico Gemelli di Roma (Ap)

  • Come sta il Papa? Non bene, come ha fatto capire chiaramente il bollettino emesso dal Gemelli alle 19,33 di ieri, che parla di «polmonite bilaterale». Nel dettaglio: «

    Gli esami di laboratorio, la radiografia del torace e le condizioni cliniche del Santo Padre continuano a presentare un quadro complesso. L’infezione polimicrobica, insorta su un quadro di bronchiectasie e bronchite asmatiforme, e che ha richiesto l’utilizzo di terapia cortisonica antibiotica, rende il trattamento terapeutico più complesso». L’entourage di Francesco fa sapere però che il suo umore è «buono». E che chiede di pregare per lui.

  • Hamas rende i corpi dei Bibas «Sabato libereremo sei ostaggi vivi, giovedì consegneremo i corpi di quattro ostaggi, fra cui la famiglia Bibas». I miliziani hanno dunque confermato la morte, già annunciata nel novembre del 23 dopo un bombardamento israeliano, di Shiri Bibas e dei figli Ariel (4 anni) e Kfir (9 mesi), dopo che il padre Yarden era stato liberato il 1° febbraio. La sorte dei Bibas era nota ma la notizia non poteva che provocare una nuova ondata di emozione mentre in Qatar si attende l’avvio dei negoziati per la seconda fase della tregua: per gli israeliani ci sarà il falco Ron Dermer e le famiglie degli ostaggi non ne sono felici. Intanto domani Egitto e Arabia Saudita presenteranno il piano arabo alternativo alla cacciata dei palestinesi da Gaza prospettata da Trump.

  • Ancora silenzio sul caso Paragon Il governo non risponderà alle interrogazioni parlamentari sull’utilizzo dello spyware Graphite della società israeliana Paragon per spiare decine di giornalisti e attivisti, sette dei quali italiani. «

    Le informazioni divulgabili sono già state divulgate», ha fatto sapere il sottosegretario Mantovano, tra le proteste delle opposizioni che chiedono chiarimenti su quali forze di polizia usino il software, su ordine di chi e contro chi. Il direttore dell’Aisi (i servizi segreti interni) Bruno Valensise, parlando al Copasir (il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) ha negato che siano state svolte attività illegali, e anche lo spionaggio nei confronti del giornalista Francesco Cancellato e dell’attivista Luca Casarini.

  • Bolsonaro incriminato L’ex presidente brasiliano dovrà rispondere del colpo di Stato tentato dopo le elezioni del 2022 e di un piano per avvelenare il presidente Lula.

  • Pedofilo incastrato da una bambina di 5 anni È successo all’aeroporto milanese di Linate: la bambina si è accorta di essere filmata da un telefonino in bagno e i genitori hanno dato l’allarme. L’uomo, 30 anni, ha tentato la fuga ma è stato arrestato. Aveva archiviato oltre 5 mila file pedopornografici.

  • Boeri, niente arresto ma stop ai contratti «Arrestato ai domiciliari no, ma interdetto dalle commissioni di concorso nei progetti di architettura sì, e soprattutto impossibilitato per un anno a stipulare qualunque tipo di contratto professionale con la Pubblica Amministrazione

    : è quanto ha deciso per Stefano Boeri, come esigenze cautelari, il gip milanese Luigi Iannelli, dopo gli interrogatori preventivi di due settimane fa ravvisando i gravi indizi di turbativa d’asta e falso nell’inchiesta della Procura di Milano, sul concorso di progettazione internazionale da 8,6 milioni di euro per la realizzazione della Beic, la Biblioteca Europea di Informazione e Cultura che dovrebbe sorgere entro il 2026» nel capoluogo lombardo: è la cronaca di Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella.

  • Fuori Atalanta e Milan Serata disastrosa per le italiane in Champions League: Milan eliminato dal Feyenoord (1-1 a San Siro dopo lo 0-1 dell’andata: bufera su Hernandez che si è fatto espellere per simulazione) e Atalanta eliminata dal Bruges (sconfitta per 3-1 a Bergamo dopo l’1-2 dell’andata). Stasera ci prova la Juve in trasferta col Psv Eindhoven, battuto 2-1 all’andata.

 

Da leggereIl metodo imperiale di Trump di Sabino CasseseIl pericolo di dimenticare il Covid di Sergio HarariL’amore incrollabile di Conte per la Cina di Roberto GressiVia i cinema storici avanti i supermarket di Gian Antonio Stella, l’intervista di Michela Poietti a Eleonora Giorgi (tra poco sul sito).

Il Caffè di Gramellini

Prendersela con gli anziani

Ogni volta che leggo di una truffa agli anziani mi monta una rabbia che cresce con l’avanzare dell’età: la mia, oltre che quella delle vittime. L’ultima è Gemma Bracco, poetessa. Che ci vuole a fregare una poetessa di ottant’anni? Pochissimo coraggio e foreste di peli sullo stomaco. Prima il solito trucco telefonico del (finto) avvocato e del (finto) maresciallo che la avvertono del (finto) incidente capitato alla figlia, a cui servono subito 6.500 euro (veri) per pagarsi l’ospedale. Poi l’addetto al prelievo che entra in casa, si guarda intorno e intuisce che è possibile spremere di più: c’è l’argenteria, e anche dell’oro in cassaforte. Quando Gemma Bracco si rende finalmente conto del raggiro, l’uomo passa alle minacce: «Ti spezzo in due», come se davanti avesse Rocky, anziché una donna sola che ha più del doppio dei suoi anni.

Gli anziani non hanno difese immunitarie contro il male. Hanno paura di tutto, eppure si fidano di tutti, sempre per paura: di non aver capito, di non essere all’altezza della situazione. E anche dopo l’inganno si sentono in colpa, umiliati, inadeguati, violentati nell’anima, improvvisamente vecchi. Per chi li riduce in questo stato le pene ci sono già, ma forse manca un autentico discredito sociale. La stessa parola «truffatore» evoca Totò e Peppino, uno scenario di poveri cristi in lotta per la sopravvivenza. Meglio «individuo di poco conto, spregevole e fannullone, sleale e senza scrupoli»: la definizione che il vocabolario offre alla voce «farabutto».

Grazie per aver letto Prima Ora, e buon mercoledì.

(gmercuri@rcs.itlangelini@rcs.itetebano@rcs.itatrocino@rcs.it)