sabato, 22 Febbraio 2025
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4° LANCIO/ LA RASSEGNA STAMPA DI OGGI – DA “Il Fatto”, “Dagospia”, “Notix” e “Cronachedi” a cura di Ferdinando Terlizzi

Capi di Gabinetto & C.

Magistrati: riecco le “porte girevoli” da e per i ministeri

Proroga – La riforma Cartabia congelata fino al 2026

21 Febbraio 2025

Con sole tre righe il governo ha deciso di fare un bel regalo a uno stuolo di grand commis, magistrati che occupano posizioni di rilievo nell’esecutivo (e i loro predecessori con Draghi). Lo ha fatto, peraltro, senza sporcarsi le mani, ma affidando la pratica ad alcuni senatori, ridotti a passacarte di norme partorite nei ministeri. Tre emendamenti identici al decreto Milleproroghe hanno infatti cancellato, rinviandolo ad agosto 2026, il divieto di “porte girevoli” tra politica e magistratura previsto dalla legge Cartabia.La modifica è arrivata al Senato il 12 febbraio, ma si è scoperta solo con l’approvazione definitiva del decreto, arrivata ieri alla Camera. La norma originaria prevedeva che i magistrati (ordinari, contabili o amministrativi, quindi compresi Tar, Consiglio di Stato e Corte dei Conti) che rientrano in ruolo dopo aver ricoperto incarichi al governo rimanessero fuori ruolo per un anno (o assegnati a funzioni non giurisdizionali) e per tre anni fuori dagli incarichi direttivi. La ratio è facile da intuire: evitare di usare la politica per fare carriera nella magistratura, ma soprattutto – nel caso della magistratura contabile e amministrativa – evitare che i togati finiscano a giudicare norme che hanno contribuito a scrivere nei loro incarichi di governo. Parliamo di fior di giuristi impiegati fuori ruolo nei ministeri o alla Presidenza del Consiglio, come capi di gabinetto o degli uffici legislativi. Ora il divieto di porte girevoli, in vigore da due anni, si applicherà solo “agli incarichi affidati da agosto 2026” per tutte le amministrazioni “titolari di interventi del Pnrr”, cioè tutte. En passant, sarà valida solo da oggi la norma che vieta le porte girevoli ai magistrati che hanno fatto i ministri o gli assessori in Regioni e Comuni.La cosa ha fatto infuriare il forzista Enrico Costa che l’ha definita “uno scempio senza ritegno”. Eppure gli emendamenti sono tutti della maggioranza a cui appartiene: uno proprio di Forza Italia, uno dell’Udc e un altro della Lega. Quest’ultimo ha come prima firmataria la senatrice Tilde Minasi che, contattata dal Fatto, si rifiuta di svelarne il dante causa. Che l’origine sia ministeriale, però, è noto a tutti. Indiziato è il ministero delle Infrastrutture di Matteo Salvini, ma una norma così non può non avere l’avvallo di quello della Giustizia. I due dicasteri, e Minasi, non sono casuali in questa storia. A settembre 2023 un emendamento della senatrice leghista, infilato nel decreto Asset che nulla c’entrava con la materia, aveva già eliminato il divieto della Cartabia per i magistrati che rientrassero in ruolo entro i due anni di incarico nel governo. La modifica fece scalpore perché tra i potenziali beneficiari c’era l’allora capo di gabinetto di Carlo Nordio, Alberto Rizzo, che infatti ha potuto lasciare il ministero per fare il presidente del Tribunale di Modena. Uscita peraltro favorita dalla pressione di un altro magistrato: l’ex deputata di FI e vice capo di gabinetto Giusi Bartolozzi, che poi prese il posto di Rizzo. L’altro potenziale beneficiario era il capo del legislativo del Mit, Alfredo Storto, magistrato del Tar, dato in uscita: Storto è ancora al ministero e ora potrà, come decine di colleghi (Bartolozzi compresa), beneficiare della novità quando finirà il suo lavoro con Salvini. Quanto a quelli che verranno dopo, magari ci sarà un’altra proroga.

Giustizia e governo: ecco cosa sta preoccupando noi giuristi

Di Antonio d’Andrea e Luca Masera *

21 Febbraio 2025

Come docenti di materie giuridiche (…) riteniamo doveroso evidenziare alcuni tratti dell’azione dell’attuale maggioranza governativa che consideriamo (…) lesivi della tenuta dell’ordinamento democratico (…). Ci riferiamo a due provvedimenti in discussione alle Camere (…). Il primo (…) è il disegno di legge costituzionale in materia di giustizia e di separazione delle carriere dei magistrati. A prescindere dal merito della riforma, (…) l’aspetto più preoccupante è il contesto in cui questa proposta si inserisce e l’obiettivo ultimo che persegue (…). Da mesi assistiamo ad attacchi quotidiani nei confronti di magistrati che emettono decisioni non in linea con le aspettative della maggioranza politica. L’ambito dell’immigrazione (…) è emblematico: di fronte a provvedimenti amministrativi ritenuti illegittimi, la prassi (…) consiste nell’attacco personale ai giudici, etichettati come “politicizzati” (…).L’attacco alla giurisdizione ha oltrepassato i confini nazionali, coinvolgendo la Corte penale internazionale (…). Il ministro della Giustizia, di fronte all’iniziativa di espellere dal nostro Paese il membro di una milizia sospettato di crimini contro l’umanità, ha difeso il proprio operato accusando la Corte di presunte violazioni procedurali. Il vero problema, però, (…) è che il ministro delegittima la Corte e la sua funzione (…).L’indirizzo politico perseguito è chiaro: si vuole far credere all’opinione pubblica che il controllo di legalità operato dalla magistratura sia un ostacolo alla realizzazione dei progetti della maggioranza (…). In questo schema (…) spariscono i previsti poteri di garanzia affidati alla Corte costituzionale (…) e si ignora la prevalenza del diritto europeo e internazionale sul diritto interno (…). Ecco perché appare paradossale evocare la separazione delle carriere dei magistrati come correttivo (…) ogniqualvolta un magistrato assume una decisione sgradita (…) al governo (…).In qualità di studiosi (…) tale disegno ci appare (…) pericoloso poiché veicola una visione ottocentesca (…) dello Stato (…). L’elemento essenziale degli ordinamenti democratici moderni è garantire, attraverso norme costituzionali (…), la separazione del controllo giurisdizionale dall’esercizio del potere politico (…) favorendo il rispetto dei diritti fondamentali (…).

Il secondo provvedimento (…) è il cd. disegno di legge Sicurezza (…). Le misure proposte (…) hanno come cifra identificativa l’inasprimento degli strumenti di repressione del dissenso, sino a punire con la sanzione penale forme di protesta non violenta, come i blocchi stradali (…). Per quanto riguarda l’Università, desta gravissima preoccupazione l’art. 31 (…) che consente ai servizi di informazione di chiedere informazioni sulle attività di studenti e docenti, in deroga alla normativa sulla privacy (…).

Con le aggressioni mediatiche ai magistrati e con (…) la separazione delle carriere, si vuole punire la magistratura inquirente, impedendole di esercitare un controllo di legalità (…); con le norme che reprimono il dissenso, si vogliono intimorire coloro che si oppongono a tali misure (…). La Storia ci insegna che è (…) dal contrasto alla magistratura e alla libera espressione del dissenso che prendono avvio le svolte autoritarie. Come cittadini, (…) e giuristi che formano studenti universitari, sentiamo il dovere di segnalare (…) la gravità del progetto che sta prendendo forma e di mettere le nostre competenze (…) a disposizione di associazioni e movimenti che intendano opporsi (…), restando sempre disponibili a ragionare nel merito (…) con qualsiasi parte politica, ma saldamente ancorati al costituzionalismo democratico occidentale e alle sue conquiste culturali, che è nostro dovere non rinnegare né per moda né per paura del potere politico contingente.

* Primi firmatari del documento di un gruppo di giuristi dell’Università di Brescia per la tutela di legalità e funzione giurisdizionale

 

donald trump re sovrano imperatore

TRUMP VUOLE I PIENI POTERI (DIO CE NE SCAMPI) – IL 78ENNE PRESIDENTE AMERICANO TORNA A VENTILARE LA POSSIBILITÀ DI CORRERE PER UN TERZO MANDATO, NONOSTANTE SIA VIETATO DALLA COSTITUZIONE: “NON NE SONO SICURÒ, SARÀ VERO?” – IL SUO EX STRATEGA, STEVE BANNON, NON VEDE L’ORA: “LO VOGLIAMO ANCHE NEL 2028, È UNO STRUMENTO DELLA PROVVIDENZA DIVINA. ABBIAMO BISOGNO DI UNA RIVOLUZIONE NAZIONALISTA E POPULISTA…”