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Così la corrente di Palamara è diventata un mostro a tre teste
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Così la corrente di Palamara è diventata un mostro a tre teste
Il magistrato è stato prima leader e poi eminenza grigia” di Unità per la Costituzione. Dopo lo scandalo del Csm tre suoi togati si sono dimessi. Ora Unicost è in bilico tra lo smembramento e il tentativo di rilancio. Il terremoto provocato dallo scandalo al Consiglio superiore della magistratura rischia di essere il colpo di grazia per Unità per la Costituzione.
L’epicentro, infatti, è stato il magistrato Luca Palamara, che per anni è stato prima il leader e poi l’eminenza grigia che ha guidato le scelte della corrente dentro e fuori dal Csm. Oggi Palamara, dopo l’espulsione dal l’Associazione nazionale magistrati, aspetta la conclusione del procedimento disciplinare che rischia di concludersi con la sua definitiva radiazione dal corpo del terzo potere dello stato.
Dopo la pubblicazione delle chat e delle intercettazioni del cellulare di Palamara, che hanno ricostruito il dopocena all’hotel Champagne di Roma dove si discuteva di come incidere sulla nomina del nuovo procuratore capo della Capitale, anche i due membri togati eletti al Csm da Unicost, Gianluigi Morlini e Luigi Spina – che erano presenti alla riunione- si sono dimessi, certificando la crisi della corrente e modificando così i rapporti di forza all’interno dell’organo di autogoverno della magistratura.
Oggi Unicost, che rappresenta la componente di centro all’interno dell’Anm ed è stata l’ago della bilancia sia nella spartizione delle nomine che nella costituzione delle maggioranze negli organi rappresentativi, è in preda a stravolgimenti interni. Per provare a ritrovare spazio elettorale e credibilità, sta tentando una difficile riforma interna e la domanda è se sopravvivrà alla prossima tornata elettorale di ottobre per l’Associazione nazionale dei magistrati.
L’autoriforma – A provare la strada del rinnovamento sono il segretario nazionale, Francesco Cananzi, e il presidente, Mariano Sciacca, eletti nel febbraio 2020, che hanno impresso il cambio di passo con due iniziative concrete: la prima, l’annuncio che Unicost si costituirà parte civile nel processo di Perugia contro Luca Palamara, in caso di rinvio a giudizio; la seconda, il via a una costituente per rifondare la corrente a cui hanno aderito 80 magistrati provenienti da tutti i distretti e che dovrebbe servire a rimettere in sesto una struttura che negli anni ha ceduto al verticismo fatto di relazioni personali gestito da Palamara.
“Anche noi ci siamo sentiti traditi da quanto successo e da due mesi lavoriamo per un ripensamento della corrente e una riscrittura dello statuto. Si potrebbe anche decidere di modificare il nome. L’obiettivo è affrontare quello che è accaduto e superarlo, declinando alla realtà presente i valori di Unicost”, spiega un membro del gruppo che crede nel rinnovamento interno per risanare l’immagine di una corrente che, negli ultimi anni, è stata percepita come fondata su basi puramente clientelari, senza una forte base ideologica e con una organizzazione interna poco strutturata. Non tutti, però, credono nella bontà del progetto.
Secondo un ex esponente della corrente, “oggi Unicost è in mano a un gruppo di “giovani turchi”, che però sono solo le maschere dei “vecchi turchi” che attraverso di loro continuano a comandare”. Secondo i detrattori, il “vecchio turco” sarebbe proprio Francesco Cananzi. Gip al tribunale di Napoli ed ex membro del Csm tra il 2014 e il 2018, la stessa consiliatura di Palamara, Cananzi era considerato un leader influente in Unicost anche prima di diventare segretario e viene descritto come un magistrato dall’alto profilo professionale, ma anche non del tutto estraneo al mondo che ruotava intorno a Palamara.
I due si confrontavano spesso via chat e si scambiavano giudizi sui colleghi da nominare, in particolare nel distretto di Napoli. Entrambi, poi, si sono spesi per favorire la nomina a procuratore nazionale antimafia di Federico Cafiero de Raho, anche lui membro di Unicost. Gli scissionisti Anche secondo i suoi sostenitori, inoltre, la macchia nel progetto di riforma di Cananzi ha un nome e un cognome: l’ex togato del Csm in quota Unicost, Marco Mancinetti.
Uomo forte della corrente e tuttora iscritto, è legato da un rapporto di amicizia stretto con Palamara e il suo nome compare spesso nelle chat come uno degli interlocutori principali per pilotare le nomine, con giudizi taglienti sui colleghi: il capo della corte d’appello di Roma, Luciano Panzani è “un matto, lo dovete asfaltare”; la giudice civile Iaia Covelli invece “è un disastro”.
Nonostante questo nessuno dei vertici di Unicost ne ha chiesto apertamente le dimissioni, che Mancinetti ha presentatoil9 settembre 2020, quando gli è stata notificata un’azione disciplinare da parte del Csm “per fatti inerenti alle attività amministrative svolte dalla precedente consiliatura, sulla base delle chat da me intrattenute con Luca Palamara”. Dal punto di vista dei rapporti con le altre correnti, la Unicost di Cananzi è portatrice di una logica anti-bipolare.
“Il Csm non ha bisogno di contrapposizioni secche e di maggioranze precostituite, bensì di garantire la rappresentanza delle diverse sensibilità culturali esistenti in magistratura, ripristinando un rapporto di fiducia fra rappresentato e rappresentante”, ha detto in un’intervista. La scommessa è quella di mantenere un pluralismo culturale in magistratura che superi la dicotomia secca dei due poli opposti perché, secondo la visione di Unicost, né il Csm né l’Anm hanno un problema di governabilità interna, anzi sono organi costruiti proprio per garantire tutte le posizioni interne al terzo potere dello stato.
A condizionare la tenuta della corrente sono le defezioni: dal blocco di Unicost, infatti, si sono staccate le due ali più estreme. Una fa capo ad Antonio Sangermano, che ha guidato la scissione a destra insieme a Enrico Infante, ed è di fatto diventata una costola di Magistratura indipendente (Mi): il gruppo si chiama Movimento per la Costituzione e ha sposato la visione bipolare degli orientamenti in magistratura, scegliendo di legarsi alle toghe conservatrici.
La logica, però, è quella di un cartello sul modello di Area, con i candidati di Movimento per la Costituzione presenti come indipendenti nelle liste di Mi. Alla base della scissione, c’è la mancata condivisione della scelta definita “giustizialista” dei nuovi vertici di Unicost, eletti all’indomani dell’inchiesta: allontanare Luca Palamara come se le sue condotte fossero frutto di interessi individuali e illudersi che questo basti a tenere unita la corrente.
Eppure, la convinzione di chi è rimasto in Unicost è che quella di Sangermano con Mi sia una fusione a freddo, con l’unico interesse di sommare i voti in ottica elettorale. Una seconda costola più progressista, invece, ha tra i suoi animatori l’ex presidente Anm Rodolfo Sabelli e guarda al cartello di Area come polo a cui aggregarsi. Non si tratta però di un gruppo consolidato ma di singoli magistrati che, all’interno della corrente di Unicost, si sono sempre collocati a sinistra e che oggi hanno scelto il passo indietro, non convinti dell’autonomia di gestione dell’attuale segreteria. Al netto delle defezioni, dunque, la solidità del progetto di Cananzi verrà misurata il 18 ottobre, con le elezioni dell’Anm: se la corrente sarà relegata all’irrilevanza, si sgretolerà definitivamente.