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Huawei gate
Due uffici del Parlamento europeo sono stati sigillati e diversi lobbisti legati a Huawei sono stati arrestati in una maxi-operazione della polizia belga che sospetta che il colosso cinese delle telecomunicazioni abbia corrotto una quindicina di parlamentari europei, ex e ancora in carica, per favorire gli interessi commerciali dell’azienda in Europa (Politico).
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Dopo il Qatargate, un altro caso di presunta corruzione scuote l’Europarlamento, stavolta legato al colosso cinese Huawei. L’indagine ha portato all’arresto di una persona in Francia e ad almeno sette fermati in Belgio. La polizia giudiziaria ha messo i sigilli agli uffici di due assistenti parlamentari legati a Forza Italia e ai liberali di Democratic Bulgaria «presumibilmente coinvolti», secondo il giudice istruttore incaricato dell’inchiesta chiamata «Génération». I fermati sono sospettati di aver corrotto attuali ed ex parlamentari per favorire gli interessi commerciali dell’azienda cinese. Sono stati perquisiti anche gli uffici brussellesi di Huawei. I capi di imputazione sono corruzione, falso, riciclaggio e associazione a delinquere. Il principale sospettato, riferisce Le Soir, è l’italo-belga Valerio Ottati, 41 anni originario di Woluwe-Saint-Pierre, responsabile Relazioni pubbliche di Huawei a Bruxelles dal 2019. Prima di diventare lobbista, Ottati è stato assistente parlamentare dal 2009 al 2014 di Crescenzio Rivellini, eurodeputato di Forza Italia, e poi nella legislatura successiva, terminata nel 2019, di Nicola Caputo del Pd.
Zonaeuro
Ue, in manette lobbisti di Huawei per corruzione nei confronti di europarlamentari. Sigilli agli uffici di Falcone (Forza Italia)

Tornano i sigilli al Parlamento europeo, tornano gli arresti per corruzione, tornano gli scandali che coinvolgono eurodeputati e i loro assistenti. Con il Qatargate che riaffiora dopo due anni con la richiesta della Procura belga della revoca dell’immunità per le europarlamentari del Pd, Alessandra Moretti ed Elisabetta Gualmini, un centinaio di agenti della polizia giudiziaria federale hanno perquisito all’alba di giovedì 21 indirizzi nella regione di Bruxelles, nelle Fiandre, in Vallonia e anche in Portogallo. Sono diversi i lobbisti fermati, sette dei quali lavorano per il colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei, col sospetto di aver corrotto attuali o ex parlamentari europei per promuovere la politica commerciale dell’azienda nel Vecchio Continente. L’operazione “Generazione” è partita in seguito a un’indagine aperta con le accuse, a vari livelli, di organizzazione criminale, corruzione, falsificazione e uso di documenti falsi e riciclaggio di denaro. E nel pomeriggio di giovedì le autorità francesi, in coordinamento con quelle belghe, hanno arrestato una persona, mentre sono state effettuate anche perquisizioni all’interno del Parlamento di Bruxelles che hanno portato al sequestro di due uffici, uno dei quali appartiene, secondo quanto confermano due fonti sul posto a Ilfattoquotidiano.it, agli assistenti dell’europarlamentare Marco Falcone di Forza Italia. La presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, è stata informata delle misure: “Abbiamo ricevuto una richiesta di cooperazione dalle autorità belghe per assistere l’indagine”, fa sapere una portavoce del Parlamento europeo precisando che “il Parlamento onorerà rapidamente e pienamente” la richiesta.
Falcone è alla prima esperienza da eurodeputato al Parlamento europeo e se si studia il suo profilo non sembra essere ‘interessante’ per una multinazionale come Huawei. È infatti membro delle commissioni per i Problemi Economici e Monetari, della commissione speciale sulla crisi degli alloggi nell’Unione europea (HOUS), della delegazione per le relazioni con i paesi del Maghreb e l’Unione del Maghreb arabo (DMAG), oltre a figurare come membro sostituto della commissione per la pesca (PECH) e della delegazione per le relazioni con l’India (D-IN). Non è strano, quindi, che tra gli incontri avuti con i gruppi di pressione non ci siano meeting con rappresentanti di Huawei. Per questo oggetto d’indagine potrebbero essere alcuni suoi assistenti.
L’altro ufficio posto sotto sequestro è quello di Adam Mouchtar, assistente dell’europarlamentare bulgaro Nikola Minchev, in quota Renew Europe. Anche lui, come Falcone, è alla sua prima legislatura, ma a differenza dell’eurodeputato italiano è membro della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori (IMCO) che può essere di interesse per una multinazionale come Huawei, dato che disciplina il mercato interno dei 27 Paesi membri. Ma soprattutto a essere interessante è il nome del suo assistente. Mouchtar è un funzionario di lunga data e co-fondatore di un gruppo chiamato EU40 che aveva come presidente la politica greca Eva Kaili, protagonista nell’inchiesta sul Qatargate. “Siamo profondamente sconcertati per la situazione attuale e per i presunti illeciti. È superfluo dire che condanniamo con fermezza qualsiasi forma di corruzione. Ci aspettiamo che il Parlamento collabori pienamente con le autorità giudiziarie”, ha commentato un portavoce della presidente di Renew Europe, Valérie Hayer.
Lo scandalo, quindi, tocca nuovamente l’Italia. Non solo per le perquisizioni nell’ufficio di Falcone, ma anche per l’arresto di quello che viene indicato come l’obiettivo principale dell’operazione: Valerio Ottati, 41 anni, direttore degli affari pubblici dell’ufficio Huawei all’Unione europea dal 2019. Ottati, però, è passato a lavorare per il colosso cinese solo dopo aver passato dieci anni a svolgere il ruolo di assistente all’interno del Parlamento europeo, sia per un deputato di Forza Italia (Ppe) sia per uno del Pd (S&D) che non risultano essere indagati. Basta guardare il suo curriculum per capire che, nella sua stagione forzista, i contatti con Pechino sono stati frequenti. Dal 2009 al 2014, secondo quanto confermato dalle fonti a Ilfattoquotidiano.it, Ottati è stato assistente dell’ex europarlamentare di Forza Italia Crescenzio ‘Enzo’ Rivellini per il quale si occupava proprio di rapporti con la Repubblica Popolare Cinese, con mansioni che comprendevano anche il “dialogo sulla cooperazione per l’innovazione UE-Cina, relazioni commerciali UE-Cina, questioni relative all’accesso al mercato e agli investimenti”.
Dal 2014 al 2019, appena prima di entrare in Huawei, Ottati ha poi lavorato come assistente dell’ex eurodeputato Dem Nicola Caputo, oggi in Italia Viva. Nel suo curriculum si legge che la principale occupazione si era spostata dalle relazioni con la Cina al settore dell’agricoltura, dato che Caputo era membro della commissione AGRI del Parlamento europeo. Ma nell’ultimo anno di legislatura, dal 2018 al 2019, è stato anche parte della delegazione per i rapporti con la Repubblica Popolare Cinese, mentre dal 2015 era solo un membro sostituto, ruolo per il quale avrà potuto godere della pregressa esperienza di Ottati.
“Non era affatto un tecnico. È stato assunto per le sue conoscenze”, dicono a Follow The Money fonti che conoscono Otatti e che chiedono di rimanere anonime. “Organizzava molti incontri con i parlamentari europei e poteva invitare le persone agli eventi”, aggiungono. Eventi che, secondo la Procura, sono solo la parte legale delle relazioni intessute dal dipendente Huawei e dai suoi potenziali complici. Nessuna borsa piena di soldi come per il Qatargate, però: in questo caso, hanno ricostruito gli inquirenti, la presunta corruzione consisteva in regali di valore, tra cui smartphone Huawei, biglietti per partite di calcio (il colosso cinese ha una tribuna privata al Lotto Park, stadio dell’Anderlecht), viaggi o trasferimenti di alcune migliaia di euro.
L’attività corruttiva, secondo chi indaga, andrebbe avanti dal 2021, “praticata regolarmente e in modo molto discreto sotto le mentite spoglie di attività di lobbying commerciale e assumendo varie forme, come la remunerazione per posizioni politiche o persino regali eccessivi, come spese di vitto e di viaggio, o persino inviti regolari a partite di calcio”, ha confermato la Procura federale, senza menzionare espressamente Huawei. Secondo quanto ricostruito da Le Soir, i trasferimenti di denaro in favore di alcuni eurodeputati sono stati effettuati tramite società portoghesi, motivo per cui le perquisizioni si sono svolte anche nel Paese iberico. In tutto, secondo quanto scrivono i media, sarebbero circa 15 gli attuali o ex eurodeputati coinvolti. “I benefici finanziari legati alla presunta corruzione sarebbero stati mescolati a flussi finanziari collegati al pagamento delle spese della conferenza e versati a vari intermediari allo scopo di nasconderne la natura illecita o di consentire agli autori di sfuggire alle conseguenze delle loro azioni – continuano – Da questo punto di vista, l’indagine mira anche a rilevare, ove opportuno, elementi di riciclaggio di denaro”.
L’attivismo di Huawei, sempre secondo le indagini, si sarebbe intensificato a partire dal 2019 per contrastare le pressioni ostili di Washington che avevano l’obiettivo di escludere le compagnie di telecomunicazioni cinesi dai mercati sensibili. La Procura, puntualizzano i media che hanno pubblicato l’inchiesta, rifiuta di confermare qualsiasi coinvolgimento diretto di Huawei nella vicenda.
Qatargate, la procura del Belgio chiede revoca dell’immunità per le eurodeputate Pd Moretti e Gualmini. Che si sospendono dal gruppo Ue

La richiesta di revoca dall’immunità è stata presentata all’ufficio di presidenza del Parlamento europeo e sarà illustrata durante la sessione plenaria del 10 marzo dalla presidente Roberta Metsola. Poi sarà sottoposta all’esame della commissione Affari giuridici (Juri), che esaminerà i documenti inviati dalla procura. Le due politiche italiane: “Estranee a ogni fatto corruttivo, ci sospendiamo dai Socialisti e democratici”. I dem inviano al loro solidarietà
di Giuseppe Pipitone | 4 Marzo 2025
Due anni dopo lo scoppio del Qatargate, una nuova richiesta di revoca dell’immunità parlamentare torna a far fibrillare il Parlamento Europeo. La procura federale del Belgio ha inoltrato la sua istanza all’Eurocamera, sempre nell’ambito dell’inchiesta che nel dicembre del 2022 ha terremotato Bruxelles. Questa volta i magistrati chiedono di sospendere l’immunità a due parlamentari, entrambe elette dal Pd: Alessandra Moretti ed Elisabetta Gualmini. A fare il nome delle due politiche italiane è stato per primo il quotidiano Le Soir, citando fonti giudiziarie. Gualmini e Moretti hanno diffuso una nota: “Abbiamo appreso dalla stampa la notizia della richiesta, da parte delle autorità giudiziarie del Belgio, di revoca della nostre immunità – si legge – Al fine di sottolineare la totale estraneità ad ogni fatto corruttivo, abbiamo deciso di auto sospenderci dal gruppo al quale apparteniamo, i Socialisti e democratici (S&D), per essere pienamente a disposizione della magistratura per qualsiasi esigenza istruttoria”. Moretti e Gualmini ringraziano “la delegazione degli eurodeputati Pd per la solidarietà politica e umana pubblicamente espressa”.
Fonti parlamentari spiegano al Fatto che la richiesta di revoca dall’immunità è stata presentata all’ufficio di presidenza del Parlamento europeo e sarà illustrata durante la sessione plenaria del 10 marzo dalla presidente Roberta Metsola. Poi sarà sottoposta all’esame della commissione Affari giuridici (Juri), che esaminerà i documenti inviati dalla procura. Le due deputate avranno modo d’intervenire per difendersi dalle contestazioni, ma potrebbero anche rifiutare di comparire davanti ai colleghi. La commissione dovrà poi elaborare una proposta in merito alla richiesta di revoca dell’immunità, che sarà comunque messa ai voti della Plenaria.
L’audizione del ministro di Doha – Già nel dicembre del 2022, Moretti era stata più volte citata nell’inchiesta che aveva portato agli arresti dell’ex europarlamentare Pier Antonio Panzeri, del suo assistente Francesco Giorgi e dell’allora vicepresidente dell’Eurocamera Eva Kaili. L’ufficio dell’assistente di Moretti (in passato collaboratrice di Panzeri) al Palazzo del Parlamento Ue era tra quelli perquisiti dagli investigatori. La deputata italiana, però, non era mai stata considerata come formalmente indagata dalla procura federale di Bruxelles. A fare il suo nome era la coppia formata da Kaili e Giorgi. Gli investigatori avevano intercettato l’ex assistente parlamentare di Panzeri anche il 14 novembre del 2022, il giorno in cui il ministro del Lavoro del Qatar, Ali Bin Samikh Al Marri, doveva essere audito davanti alla commissione Diritti umani al Parlamento Ue. L’ipotesi dell’accusa era che Doha avesse pagato gli italiani per influenzare le decisioni dell’Eurocamera alla vigilia del Mondiale di calcio.
Giorgi e Kaili fecero il nome di Moretti – Quel giorno Giorgi era al telefono con Panzeri e chiedeva se Marc, cioè l’eurodeputato Tarabella (anche lui coinvolto nell’inchiesta), dovesse parlare. Sì, aveva risposto Panzeri, prima di chiedere: “La tipa è arrivata?”. “Sì, la Moretti arriva”, diceva Giorgi. Per gli investigatori, infatti, la “squadra” accusata di lavorare per influenzare le decisioni Ue sul Qatar aveva contatti anche con l’eurodeputata Pd. Secondo quello che ha raccontato Giorgi agli investigatori, Panzeri “aveva pensato di proporre delle domande a Moretti”, che avrebbe poi dovuto farle in aula. L’eurodeputata, però, ha sempre negato tutto. Anche quando a fare il suo nome era Kaili. Durante uno dei tanti interrogatori ai quali è stata sottoposta l’ex vicepresidente del Parlamento Ue, gli inquirenti avevano chiesto se Panzeri pagasse alcuni ex assistenti parlamentari. “No, dopo il 2019, quando non è stato rieletto, cercava di aiutare tutti a trovare lavoro”, aveva risposto Kaili. Quindi gli investigatori avevano continuato: “E poi, al livello sotto, chi era coinvolto?”. Kaili aveva continuato: “Maria Arena, Marc Tarabella, Andrea Cozzolino”. Gli inquirenti allora avevano fatto altri due nomi: “Moretti e Brando Benifei (Pd)?” “Sì”, aveva concluso Kaili. Ma alla domanda “avrebbero potuto beneficiare di regali di Panzeri”, aveva minimizzato: “Posso dirvi che se volevo avere un consiglio nel mondo politico avrei chiesto a Francesco di chiamare Antonio. Io non so se hanno ricevuto dei soldi, potevano viaggiare in Qatar o Marocco, organizzava le missioni di verifica ma penso che la maggior parte erano delle missioni ufficiali, io non sono a conoscenza di regali”. Nel 2020, in effetti, Moretti era stata in visita a Doha, ma quando era esplosa l’inchiesta aveva spiegato pubblicamente di essersi recata a un convegno sull’odio in Rete. “Non ho mai partecipato a iniziative organizzate dalla Ong di Panzeri, né in Italia né all’estero”, aveva detto. La procura federale, nelle carte dell’inchiesta, scriveva di non essere in grado “allo stadio attuale”, di “determinare se Moretti sia o no cosciente delle intenzioni reali del gruppo”. Dopo due anni d’indagini, in cui l’inchiesta sembrava essersi sgonfiata, gli inquirenti devono evidentemente aver raccolto nuovi elementi.
Le contestazioni a Gualmini – Europarlamentare dal 2024, Moretti è stata rieletta anche l’anno scorso. È tornata a Bruxelles insieme a Elisabetta Gualmini, politologa ed ex vicepresidente della Regione Emilia Romagna. Secondo Le Soir, il suo nome è comparso nel fascicolo d’indagine già il 15 novembre del 2022, cioè il giorno dopo l’audizione del ministro del Lavoro del Qatar. L’eurodeputata aveva scambiato dei messaggi con Giorgi dicendo che “non poteva esporsi di più” ma che sarebbe diventata “più aggressiva con il tempo”. Cosa intendeva dire? “Durante la discussione, ho deciso di non seguire la linea indicata da alcuni deputati europei e Giorgi, sono intervenuta a favore del dibattito in plenaria“, ha spiegato agli autori del libro QatarGate (HarperCollins). L’obiettivo di Giorgi e Panzeri, infatti, era bloccare la votazione in plenaria di una risoluzione critica nei confronti Qatar. “Per questo, dopo la discussione, mi sono sentita in imbarazzo e – per cortesia, avendo da qualche settimana cominciato a ricoprire un incarico nuovo – ho detto a questo Giorgi che non potevo seguire la linea indicata. Confermo inoltre di non essere mai stata coinvolta in questioni relative al Qatar, ai suoi ambasciatori, alle missioni o agli eventi in Qatar. Inoltre non avrei mai immaginato che Francesco Giorgi stesse facendo campagna per quello Stato”, ha detto sempre Gualmini nel libro dei giornalisti Louis Colart e Joel Matriche. Il Fatto ha contattato Gualmini e Moretti per chiedere un commento alla luce della richiesta avanzata dalla procura di Bruxelles, ma non ha ottenuto risposta.
E il Pd offre solidarietà – Alle due parlamentari è arrivata la solidarietà del Partito democratico: “Siamo convinti dell’assoluta estraneità di Alessandra Moretti ed Elisabetta Gualmini ai fatti contestati dalla procura belga, che per proseguire le indagini” sul Qatargate “ha richiesto al Parlamento europeo di sospendere il regime di immunità. Le conosciamo come persone di spiccata onestà e dedizione al loro lavoro nelle istituzioni ed esprimendogli la nostra solidarietà e vicinanza, apprezziamo la loro disponibilità a collaborare con la magistratura”, si legge nella nota della delegazione dem al Parlamento europeo. “Le ringraziamo per la loro decisione di autosospendersi dal gruppo dei Socialisti & democratici per evitare ogni forma di strumentalizzazione rispetto a una procedura aperta da anni. Ci auguriamo che ora si proceda per accertare e fare piena chiarezza sui fatti contestati”, sottolineano gli europarlamentari dem.
• Un detenuto di 34 anni si è impiccato nel carcere di Poggioreale
• A Francavilla Fontana (Brindisi) un uomo di 71 anni ha ucciso il figlio di 44 che gli chiedeva soldi per la droga
• In Tunisia è morto un motociclista italiano, investito da un camion mentre faceva un’escursione
• A Venezia una signora è morta cadendo dal terzo piano mentre stava lavando i vetri delle finestre di casa
• In Trentino un boscaiolo di 23 anni è morto schiacciato da un masso di porfido staccatosi da una falesia
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C’è anche la firma del superconsulente del caso Yara, Carlo Previderé, nelle analisi del Dna che hanno portato la Procura di Pavia a riaprire le indagini sul 37enne Andrea Sempio per l’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco. Ieri Sempio è stato sottoposto al prelievo del tampone biologico alla caserma dei carabinieri di via Vincenzo Monti: «Sono tranquillo». Ora potrà nominare i suoi consulenti. L’esito è atteso entro un mese. Il legale del 37enne, Massimo Lovati, assaltato dalle telecamere all’uscita dalla caserma non ha dubbi: «Le indagini della difesa di Stasi del 2017 (che portarono i legali a individuare il Dna di Sempio, ndr) sono una macchinazione». Giusi Fasano ricorda che, nell’archiviare nel 2017 la prima indagine su Sempio, il giudice scrisse che, quand’anche fossero state individuate, «tracce del Dna di Sempio ben potevano posizionarsi sulle unghie di Chiara Poggi per il fatto che entrambi usavano un computer fisso in casa Poggi». Un computer che il fratello di Chiara, Marco, utilizzava spesso assieme ai suoi amici, Sempio compreso. Quindi «è assolutamente compatibile che irrilevanti quantità di materiale genetico di Sempio si siano depositate sulle unghie di Chiara quando ha utilizzato tali oggetti».
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Corruzione tra privati e autoriciclaggio nell’ambito dell’acquisizione dei negozi del gruppo francese Auchan da parte di Conad: è questa l’ipotesi di reato che ha portato la Procura di Bologna e la Guardia di Finanza a sequestrare oltre 36 milioni e indagare nove persone. Fra loro ci sono l’ex ad di Conad Francesco Pugliese e l’ex direttore finanziario Mauro Bosio che avrebbero costituito una fiduciaria per ricevere false consulenze da parte di imprenditori. La denuncia è partita da due cooperative di dettaglianti associate. Conad risulta parte lesa nel procedimento.
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• Maria Rosaria Boccia è stata interrogata per cinque ore a Roma: i pm hanno cambiato l’accusa nei suoi confronti in stalking
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All’imprenditrice, originaria di Pompei, all’inizio era stato contestato il reato di minaccia a corpo dello Stato riqualificato dagli inquirenti
Maria Rosaria Boccia è stata interrogata per quattro ore dai magistrati della procura di Roma in veste di indagata per la vicenda legata all’ex ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. L’imprenditrice, originaria di Pompei, è sotto inchiesta per i reati di lesioni personali e stalking perché è stata riqualificata l’ordinaria contestazione di minaccia a corpo dello Stato. L’indagine era scaturita dopo la denuncia presentata dai legali di Sangiuliano.
“Ha risposto alle domande e circostanziato le risposte che abbiamo dato” si è limitato a dire il difensore di Boccia mentre l’indagata non ha rilasciato dichiarazione. Per la pm Giulia Guccione, l’imprenditrice ha messo in atto “minacce idonee a compromettere la figura politica e istituzionale di Gennaro Sangiuliano”, all’epoca ministro della Cultura, “in modo da turbarne l’attività” e “ottenere il conferimento della nomina a consulente per i Grandi eventi” come si evinceva dall’informazione di garanzia.
Per gli inquirenti Boccia “divulgava progressivamente e in modo frammentato ai media e sui social notizie attinenti la sua relazione con il Sangiuliano, ai suoi rapporti con il ministero per la Cultura e all’accesso a documenti e informazioni riservate del ministero, ogni volta alludendo alla disponibilità di altre notizie compromettenti“. Da lì la decisione di perquisire l’abitazione della donna, lo scorso settembre, alla ricerca di “chat intrattenute con terzi relative all’evento G7 in corso di svolgimento a Pompei e dei relativi sopralluoghi organizzativi”, ma anche eventuali “documenti riservati” o “relativi ai tentativi di contatto con gli uffici ministeriali nonché la registrazione” da lei effettuata all’interno di Montecitorio (con gli ormai noti occhiali-telecamera).
La procura, si leggeva nel decreto, vuole anche “ricostruire compiutamente l’avvio della relazione affettiva e il relativo sviluppo patologico, gli episodi penalmente rilevanti e cercare riscontro oggettivo al narrato della vittima”. Così come “i rapporti di dipendenza, conoscenza, amicizia e collaborazione anche da un punto di vista temporale e i motivi che abbiano eventualmente spinto alla richiesta ritorsiva, nonché motivato l’aggressione subita dalla parte offesa“. Il riferimento è alla ferita sulla fronte di Sangiuliano: “Sfregiato con le unghie da Boccia durante un litigio”, ha denunciato l’ex ministro a sua volta indagato per peculato e rivelazioni di segreto d’ufficio.
NUBI SU ORCEL – IL PROXY ADVISOR GLASS LEWIS CONSIGLIA AGLI AZIONISTI DI UNICREDIT DI VOTARE CONTRO L’AUMENTO DELLO STIPENDIO DELL’AD, ANDREA ORCEL, SALITO A 13,2 MILIONI DI EURO (L’ANNO SCORSO ERANO 9,9%) – “L’AUMENTO È ECCESSIVO”. LA CRITICA, IN PARTICOLARE È SUL PREMIO UNA TANTUM IN AGGIUNTA ALLA CRESCITA DEL SALARIO DEL 10,8% – LA RISPOSTA DELLA BANCA: “L’EVOLUZIONE DELLA REMUNERAZIONE È PIENAMENTE ALLINEATA CON L’ECCEZIONALE SERIE STORICA DI PERFORMANCE”