Il Caffè di Gramellini
Ballo in Musk

L’azienda di Elon Musk ha scritto una dura lettera all’amministrazione degli Stati Uniti per contestare la politica dei dazi decisa dal governo di Elon Musk. Come faremo a costruire ancora le nostre auto elettriche, se per ripicca i cinesi ci negassero le batterie al litio? ha chiesto il Musk di Tesla al Musk di Trump. Senza contare gli eventuali contro-dazi che potrebbero colpire altri componenti prodotti all’estero, ha ricordato non senza polemica il proprietario di Tesla all’omonimo comproprietario della Casa Bianca. Si attende a breve la risposta di questo secondo Musk. Convocherà a Washington l’altro Musk per un incontro a quattr’occhi, da Musk a Musk? Lo licenzierà con un messaggino? O invocherà la mediazione di un Musk ulteriore, un marziano animato dall’Intelligenza Artificiale che alla fine potrebbe risultare il più autentico dei tre?

A essere onesti, di Musk ce ne sarebbe un quarto, che di mestiere fa il capro espiatorio. Anche gli altri oligarchi della tecnologia si sono genuflessi a Trump, eppure non risulta che in giro per il mondo qualche sincero democratico abbia smesso di comprare su Amazon o di usare WhatsApp, né che le azioni di queste aziende siano crollate in Borsa come la Tesla. Forse perché Bezos e Zuckerberg, più furbi o meno narcisi, restano un passo indietro e badano agli affari loro. Invece Musk vorrebbe farsi anche i nostri e, a forza di camminare sull’orlo del baratro, rischia di fare un passo avanti. Sempre che non sia Trump a dargli una spinta.