martedì, 1 Aprile 2025
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LA RASSEGNA STAMPA DI OGGI DA “Il Fatto”, “Dagospia”, “Notix” e “Cronachedi” e le prime pagine dei giornali di oggi a cura della redazione dell’Agenzia Cronache / Direttore Ferdinando Terlizzi

“Quel pezzo di m**** di Giacomo Salvini”: Donzelli (FdI) insulta il cronista del Fatto alla Camera |

Il responsabile dell’organizzazione del partito di Meloni e vicepresidente del Copasir ha aggiunto di non avere intenzione di “mettersi a discutere: “non è il modo, ne parleremo in tribunale”. Il riferimento è al libro “Fratelli di chat”

“Finché c’è questo pezzo di merda non parlo”. Giovanni Donzelli, responsabile dell’organizzazione di Fratelli d’Italia e vicepresidente del Copasir, lo ripete due volte. Prima di entrare dall’ingresso laterale della Camera dei Deputati, attorniato dal suo staff, si rivolge così al cronista del Fatto Giacomo Salvini in compagnia di altri due colleghi.

I giornalisti si erano avvicinati al deputato e braccio destro di Giorgia Meloni per fargli qualche domanda sui fatti del giorno. Donzelli, però, ha risposto in maniera stizzita parlando con gli altri due giornalisti. “Con onestà e sincero vi dico che finché c’è questo pezzo di merda non parlo coi giornalisti – ha attaccato il responsabile organizzazione di FdI – con affetto”.

Di fronte all’imbarazzo e alle rimostranze dei colleghi, Donzelli ha aggiunto: “Io capisco che per rispetto a lui, allora non parlate con me ma io finché c’è questo pezzo di merda non parlo”, ha ripetuto. A richiesta di spiegazione, il responsabile organizzazione di FdI ha aggiunto che non aveva intenzione di “mettersi a discutere” sul motivo degli insulti spiegando solo che così “non è il modo, ne parleremo in tribunale”. Il giornalista del Fatto, in imbarazzo, ha detto: “Me ne vado per loro…”.

Donzelli si riferisce al libro Fratelli di Chat scritto dal cronista del Fatto per la casa editrice “Paper First” in cui si raccontano l’ascesa e i retroscena del partito di Giorgia Meloni dal 2018 al 2024 tramite le chat whatsapp della premier, ministri, dirigenti e parlamentari di Fratelli d’Italia. Alcuni di questi hanno annunciato un esposto al garante della privacy.

Sabato scorso Donzelli aveva fatto una dichiarazione per “stigmatizzare” la “tirata di capelli” dell’ex premier Romano Prodi nei confronti della giornalista Lavinia Orefici di Quarta Repubblica. Il responsabile organizzazione di Fratelli d’Italia solo quattro giorni fa aveva chiesto l’intervento dell’Ordine dei giornalisti e della Federazione Nazionale della stampa “in difesa alla giornalista, stigmatizzando l’atteggiamento irrispettoso, volgare e sessista di Romano Prodi: chissà se avrebbe usato gli stessi toni anche con un uomo”.

Dal Movimento 5 stelle a Italia viva, condanne all’aggressione del deputato di FdI: “Si comporta come un bullo di quartiere”

Dal Movimento 5 stelle a Italia viva, arriva la solidarietà delle opposizioni al cronista del Fatto Giacomo Salvini, insultato alla Camera dal deputato di Fratelli d’Italia e vicepresidente del Copasir Giovanni Donzelli, che lo ha definito “pezzo di merda” per le rivelazioni contenute nel libro Fratelli di chat (l’audio). Per il M5s interviene la senatrice Barbara Floridia, presidente della Commissione di Vigilanza Rai: “Giovanni Donzelli insulta pesantemente il giornalista Giacomo Salvini, e questa sarebbe la destra “istituzionale” di Fratelli d’Italia?”, si chiede. “Nessuna sorpresa: la loro vera natura è questa. Odiano la stampa libera, non tollerano chi li critica e reagiscono con insulti e aggressioni verbali. Donzelli, uno che siedendo al Copasir dovrebbe vigilare sulla sicurezza del Paese, si comporta come un bullo di quartiere. Minimo sindacale? Chiedere scusa. Ma il problema è più grande: questo è il livello della classe dirigente meloniana. Solidarietà a Giacomo Salvini, che fa solo, egregiamente, il suo lavoro”, afferma.

Per il senatore del Pd Filippo Sensi, gli insulti di Donzelli sono “una violenza verbale inaudita e gravissima nei confronti di un giornalista come Giacomo Salvini. Solidarietà, d’altra parte questa era e resta la cifra di questa gente, una parola li definisce da sempre. Si scusi, prendano le distanze”. Da Italia viva la capogruppo al Senato Raffaella Paita fa un parallelo con una frase ingiuriosa rivolta nei giorni scorsi a Matteo Renzi dalla vicepresidente del Senato Licia Ronzulli: “Licia Ronzulli che insulta un parlamentare di opposizione, Matteo Renzi, adesso Giovanni Donzelli insulta un giornalista, Giacomo Salvini. Questa destra non ha il senso del limite. Solidarietà al cronista”. “Che Giovanni Donzelli avesse un rapporto, diciamo così, “disinvolto” con il senso del limite, lo sappiamo bene. Le offese pesantissime rivolte al giornalista Giacomo Salvini ce ne danno ulteriore conferma”, dichiara il deputato renziano Francesco Bonifazi. Sullo stesso tono anche le dichiarazioni di Riccardo Magi, segretario di +Europa: “Che Fratelli d’Italia sia allergico alla libertà di stampa è cosa nota. Ma che il deputato Donzelli arrivi a insultare un giornalista del Fatto Giacomo Salvini con frasi ingiuriose è il limite che non avrebbe dovuto superare. L’Italia non è la Russia di Putin, dove la stampa è asservita al governo e dove i giornalisti vengono insultati, minacciati e a volte anche uccisi. Donzelli e Meloni se ne facciano una ragione”

Donzelli lo ha fatto apposta, sapeva che c’erano microfoni o addirittura telecamere. Il suo è un messaggio preciso: mandare una chiara valutazione di Giacomo Salvini, il giornalista; in qualche modo voleva fargliela pagare. Cercare di intimidire chi scrive è una prassi comune di questo governo. Le testate giornalistiche oggi sono molto deboli, mancano soldi e lettori, quindi devono attaccare la singola firma, l’individuo, la possibilità di un’inchiesta o un progetto”. Lo ha detto lo scrittore Roberto Saviano, ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzosu La7, commentando gli insulti che il responsabile dell’organizzazione di FdI, Giovanni Donzelli, ha rivolto al cronista de il Fatto Quotidiano, Giacomo Salvinni. “Questo tipo di aggressione significa peggiorare la vita del cronista, isolarlo, in qualche modo additarlo e dire allo stesso tempo che chi si avvicina a lui o lo legge in qualche modo ne pagherà le conseguenze. È una prassi tipica. Nella chat di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni sapeva che le sue parole sarebbero potute uscire e infatti dice tutto ciò che vuole che esca, fa una figura migliore di altri”.

Stipendi d’oro ai familiari e commesse alle sue società, ma l’azienda era in liquidazione: 3 indagati a Napoli

Il liquidatore aveva assunto moglie e figlia a tempo indeterminato con bonus d’entrata per un totale di 80mila euro e stipendi da 12.300 e 5.700 euro

Quando un’azienda decotta va in liquidazione, il liquidatore dovrebbe accompagnarla verso la chiusura senza fare ulteriori danni. Ma il liquidatore di Megasolare Sa srl, azienda di pannelli fotovoltaici e produzione di energia, aveva continuato a operare sul mercato, a stipulare contratti e offrire consulenze, ad assumere dipendenti, per lo più ingegneri, architetti e operai specializzati nella manutenzione di impianti elettrici. E anche ad assumere moglie e figlia con sontuosi stipendi, nell’ordine di 12.300 e 5.700 euro mensili, con bonus di ingresso di 50mila e 30mila euro. Fino a far maturare un passivo, nel 2022, di quasi 11 milioni di euro.

Erano assunzioni a tempo indeterminato, altro che azienda da chiudere, si legge nelle 28 pagine dell’ordinanza con la quale il Gip di Napoli Ivana Salvatore ha disposto il sequestro di beni e quote societarie per circa 2,3 milioni di euro. Tra questi ci sono quattro immobili di pregio a Napoli, Massa Lubrense e Crotone. Accolte così le tesi dei pm della sezione criminalità economica della Procura guidata da Nicola Gratteri, nell’ambito di un’inchiesta che ipotizza reati di bancarotta fraudolenta per distrazione, reimpiego di beni di provenienza illecita, riciclaggio e autoriciclaggio.

Le indagini del nucleo Pef della Finanza, agli ordini del colonnello Paolo Consiglio e con il coordinamento del procuratore aggiunto Alessandro Milita, hanno scoperchiato i dettagli di una gestione fallimentare e familistica di un’azienda progressivamente svuotata con prelievi personali e assegni, pagamenti e bonifici verso società riconducibili al liquidatore e alla sua famiglia. Due gli indagati, il liquidatore Luigi V. e la figlia V.: una terza indagata, Maddalena P., moglie del liquidatore, è scomparsa durante le indagini.

Tra i movimenti ‘sospetti’ rilevati dai finanzieri, un bonifico da 36.670,00 euro che la figlia del liquidatore aveva ricevuto dalla Megasolare con causale “retribuzione novembre dicembre 13ma dicembre”. Uno stipendio “da ritenersi ingiustificato nell’ammontare, attesa la retribuzione media mensile percepita di circa euro 3.400,00”, si legge nell’ordinanza. Soldi usati come parte dell’acquisto della casa in cui vive col marito. Con un altro mega stipendio da 12.090,00 euro la signora aveva comprato un Rolex Jubilee.

Solo alcuni esempi di un modus operandi diffuso, secondo pm e Gip. Il liquidatore, infatti, avrebbe stipulato contratti di manutenzione con una società di cui era socio insieme alla moglie, anche se poi i lavori erano stati affidati a terzi, poi avrebbe sostenuto il pagamento di interventi di ripristino per presunti furti mai effettivamente denunciati e infine avrebbe disposto bonifici a favore del proprio nucleo familiare per oltre 2 milioni di euro, utilizzando causali fittizie.

I sequestri delle scorse ore sono il secondo step di un’indagine che già nell’ottobre 2023 aveva colpito Megasolare con un primo decreto di sequestro preventivo di beni per un valore di circa 4,2 milioni di euro: il profitto del reato del reato di bancarotta fraudolenta.

 

antonio tajani giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – SOPRAVVIVERÀ IL GOVERNO DI GIORGIA MELONI AL VOTO, PREVISTO PER OTTOBRE, DI CINQUE REGIONI (OLTRE 17 MILIONI DI CITTADINI ALLE URNE)? – TRANNE LA TOSCANA SEMPRE ROSSA, CAMPANIA, MARCHE, PUGLIA E VENETO SONO TUTTE CONTENDIBILI DAI DUE SCHIERAMENTI – IN PUGLIA LA VITTORIA DEL PD SAREBBE CERTA SOLO CON ANTONIO DECARO – IN VENETO, IL MELONIANO DE CARO SE LA PRENDE IN QUEL POSTO SE ZAIA PRESENTA UN SUO UOMO NELLE LISTE DELLA LIGA VENETA – DA ‘’VIA COL VENETO’’ A “PER CHI SUONA LA CAMPANIA”. DOVE SI È GIÀ IN PIENA SCENEGGIATA NAPOLETANA, STARRING MARTUSCIELLO, PIANTEDOSI, CIRIELLI, DE LUCA – MARCHE? QUASI PERSE – GIORGIA, QUI SI RISCHIA LA SCOPPOLA! CHE FARE? NEL DUBBIO, COME INSEGNA L’ANTICO CODICE DEMOCRISTIANO, MEGLIO RIMANDARE IL VOTO REGIONALE NEL 2026…

DAILY MAGAZINE

 

Noto imprenditore minacciato dall’amante: “Dammi i soldi o dico tutto”, chiuse le indagini

CASTEL VOLTURNO – Un Avviso di conclusione delle indagini preliminari è stato emesso dal Pubblico ministero della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, Carmen D’Onofrio, nei confronti di Caterina De Rosa, 62 anni di Castel Volturno, residente in Località Pinetamare.

Il processo è sorto a seguito della denuncia fatta dal suo ex compagno, un noto imprenditore castellano A.L., tramite i suoi difensori gli avvocati Gaetano Raffaele Crisileo. Pesante il capo d’imputazione ipotizzato nei confronti di Caterina De Rosa : stalking ed estorsione. La donna, nel corso della sua relazione sentimentale con A.L., e anche dopo, una volta terminata, con condotte abituali, molestava e minacciava il compagno, provocandogli un perdurante stato di ansia, nonché causandogli un timore per la propria incolumità e per quella dei suoi congiunti nonché costringendolo a modificare le sue abitudini di vita e a rivolgersi a uno specialista in psichiatria per alleviare l’ansia provocata dai comportamenti che la De Rosa aveva nei suoi confronti.
A causa poi della morbosa gelosia nutrita nei confronti di A.L, sempre l’indagata Caterina De Rosa lo minacciava in più occasioni dicendogli che avrebbe contattato i suoi conoscenti per informarli di sue presunte relazioni che lui avrebbe intrattenuto con le loro mogli. Inoltre nel corso di discussioni provocate dalla De Rosa, questa, sempre per motivi di gelosia, lo percuoteva con schiaffi al volto e lo colpiva alla fronte o al naso con il telefono cellulare. Infine essa, paventando la necessità di cure per patologie causate dai contegni del compagno, lo induceva a consegnarle periodicamente cospicue somme di denaro per un importo complessivo di €. 50.000. Inoltre in alcune occasioni lo minacciava di far intervenire dei suoi amici, facendogli credere che si trattasse di malavitosi, per fargli del male, o di recarsi lei stessa presso la sua abitazione per picchiare lui e la sorella, per costringerlo a consegnarle altro denaro. Nel mese di febbraio 2024, durante l’ennesima scenata di gelosia nei pressi di un bar, gli
sferrava degli schiaffi al volto inveendo contro di lui. Nel mese di settembre dello scorso anno lo minacciava con un coltello che gli puntava al collo e al petto per farsi consegnare €. 4.000. La De Rosa poi si recava diverse volte sotto l’abitazione del suo ex compagno gridando di volergli parlare.
I fatti avvenivano In Castel Volturno dal mese di luglio 2023 fino al mese do ottobre 2024.
Altro capo d’imputazione ipotizzato a carico di Caterina De Rosa e’ quello di estorsione continuata. Ella, con minaccia consistita nel paventargli di far del male a lui o alla sorella e, in alcune occasioni nel puntargli, un coltello all’addome o al collo lo costringeva a consegnarle, con cadenza settimanale, somme di denaro di importo variabile, con ciò procurandosi un ingiusto profitto
con pari danno per A.L.
Anche questi fatti avvenivano In Castel Volturno tra il mese di gennaio ed il mese di ottobre 2024.

 

Irrompono in un palazzo col mitra. A Poggioreale e San Pietro a Patierno è faida Contini-Mazzarella

Eduardo Contini e Ciro Mazzarella

 

 

NAPOLI – Killer sorpresi in azione in una palazzina in via della Bussola. Secondo gli investigatori, è una zona di confine tra i quartieri Poggioreale e San Pietro a Patierno, contesa tra i Mazzarella e il clan Contini.

Vediamo i fatti. Due uomini con i volti coperti da caschi integrali sono entrati in un palazzo in via della Bussola, dopo aver forzato una porta laterale che porta agli scantinati: uno era armato di mitraglietta e l’altro aveva un ombrello aperto, che in pratica non ha mai chiuso. Cercavano qualcuno: sono saliti fino ai piani alti dello stabile e sono scesi dopo venti minuti. Senza sparare un colpo, ma ancora con la mitraglietta tra le mani e l’altro con l’ombrello aperto. L’irruzione nel fabbricato nel pomeriggio ha scatenato il panico. Un raid in pieno giorno. Si sono allontanati subito dopo, passando per l’androne principale. Gli investigatori hanno effettuato un sopralluogo e raccolto le prime informazioni, per avviare le indagini. Hanno pochi dubbi: è stato un agguato mancato. Quasi certamente i sicari cercavano una persona, che non hanno trovato. Sono entrati nell’edificio in via della Bussola a colpo sicuro. Forse dopo una soffiata. E’ altrettanto probabile che l’obiettivo del raid se ne sia accorto e abbia adottato contromisure giusto in tempo.

Difficile immaginare una sortita di questo genere in uno stabile armi in pugno, senza avere la certezza di colpire. Ma qualcosa deve essere andato storto. Ci lavorano i migliori apparati investigativi: serve fare in fretta per ricostruire i fatti. Cosa è successo in via della Bussola? E perché uno camminava con un ombrello aperto? Gli inquirenti hanno parlato a lungo con i testimoni: i due con i volti coperti sono stati nell’edificio almeno venti minuti. Forse anche più. Cosa hanno fatto nel frattempo? Le forze dell’ordine ipotizzano che siano rimasti nella rampa delle scale, siano saliti e scesi più volte. Fino a desistere e ad andare via quasi mezz’ora dopo.

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