La rubrica (privata) dello Stato è tutta online

Le piattaforme. Mattarella, Meloni, Crosetto e altri: in Rete esistono siti dove trovare facilmente contatti personali: bastano appena 50 euro al mese

C’è, tanto per iniziare, il numero del cellulare del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Abbiamo verificato che fosse davvero il suo. Sì, lo è. E non è quello istituzionale, ma quello che usa per i contatti privati, con gli amici o i familiari. Per una cinquantina di euro al mese potreste aggiungerlo alla vostra rubrica insieme, giusto per fare un altro esempio, con quello della premier Giorgia Meloni, in modo da avere l’accoppiata presidenziale. Anche in questo caso non si tratta del cellulare istituzionale, ma di quello privato, al quale potreste aggiungere un suo indirizzo email personale. Allo stesso prezzo potreste aggiungere i contatti del ministro della Difesa, Guido Crosetto, o del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Abbiamo verificato che anche per loro, come per Meloni e Mattarella, si tratta di numeri effettivamente intestati e attivi.

Il punto è che non stiamo neanche parlando di dark web, di siti online complicati da raggiungere, di profili da nascondere per accedervi o di chissà quali capacità informatiche per acquisirli. Avviene tutto alla luce del sole. Con buona pace non soltanto della privacy delle nostre istituzioni, ma anche di basilari regole di cybersicurezza, poiché non è poco consentire a chiunque di entrare in possesso del numero del capo dello Stato, del presidente del Consiglio o di svariati ministri. Per capirci, chiunque entri in possesso di questi numeri, con un minimo di dimestichezza nel campo informatico, potrebbe decidere di geolocalizzare il capo dello Stato o il capo del governo, magari non con precisione millimetrica, ma sufficiente a individuarne gli spostamenti in tempo reale.

Per ovvi motivi non divulgheremo il nome delle piattaforme (ne abbiamo contate otto) sulle quali reperire queste informazioni. Ci limiteremo a spiegare il meccanismo che porta a questo risultato.

Si tratta dei cosiddetti portali di lead generation, piattaforme online progettate per raccogliere contatti qualificati (lead) interessati a determinati prodotti o servizi, che poi vengono trasmessi o venduti ad aziende che vogliono entrare in contatto con quei potenziali clienti.

LEGGI – Numeri istituzionali online, la Cybersecurity: “Per noi non c’è alcun database”

Si navigano facilmente. Si passa da un’azienda all’altra con una semplice ricerca. Per iscriversi è sufficiente avere una email aziendale ed essere disposti a pagare un abbonamento che si aggira sui 600 euro all’anno. O accedere gratis con poche ricerche a disposizione per un periodo di tempo limitato. Le piattaforme più evolute offrono anche un comodo plug in da installare sul proprio browser con cui si naviga in Rete. Il plug in è un programma che consente di interagire con un altro programma. E qui viene il bello. Navigando su Chrome, per esempio, si può entrare normalmente nel social professionale LinkedIn e – utilizzando i plug in in questione, che non divulghiamo – ottenere in tempo reale i dati riservati che non sarebbero altrimenti accessibili.

LEGGI – Numeri istituzionali online, l’informatico Mavilla: “Io li ho avvisati, ma per loro è solo una bufala”

Di piattaforme (e plug in) simili ne abbiamo trovate almeno 8. Ne abbiamo testate a fondo tre. Hanno sede in Russia, Israele e Usa. Come abbiamo già spiegato, non si tratta di dati difficilmente raggiungibili, da recuperare nel dark web, ma sono lì in bella mostra. E così, proprio mentre gli allarmi sullo spionaggio (interno o straniero) si moltiplicano, scopriamo che non bisogna essere James Bond o un hacker professionista, ma un semplice utente, collocato ovunque nel mondo ci sia una connessione, per avere a disposizione quello che, nei fatti, è un enorme database. E nel quale, giusto per fare un altro esempio, abbiamo trovato i riferimenti di Raffaele Fitto, vice di Ursula von der Leyen, ex ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr nel governo Meloni.

A portata di clic ci sono anche 2.125 contatti della Presidenza del Consiglio, 13.822 di dipendenti (ed ex dipendenti) del ministero della Giustizia. Ben 4.871 profili che fanno riferimento al ministero dell’Interno. E poi 11.688 persone impiegate nel ministero della Difesa, oltre a Inps, agenzie governative, regioni, comuni e così via. Per le forze dell’ordine troviamo i profili di 3.805 dipendenti della Polizia di Stato, 6.301 dell’Arma dei carabinieri, 6.018 della Guardia di Finanza.

A scoprire il meccanismo è stato l’esperto di informatica Andrea Mavilla, e sulla base delle sue scoperte adesso ha avviato un’indagine la Polizia postale per verificare la diffusione delle informazioni personali in Rete e la liceità del possesso di tali dati.

Il punto è che i dati personali, incluse le informazioni di contatto, spesso vengono volontariamente messe a disposizione di portali o piattaforme social da parte degli utenti quando rilasciano il consenso all’iscrizione. Può anche accadere, però, che i dati personali siano ottenuti attraverso degli attacchi informatici e poi venduti illegalmente sul dark web. E la polizia postale sta innanzitutto indagando sulla “fonte dei dati” e sugli eventuali software che li hanno estrapolati e aggregati. Anche l’autorità del Garante per la Protezione dei Dati Personali ha aperto un’istruttoria. Una fonte interna alla authority spiega: “Ci sono sicuramente profili di illecito. Bisognerà vedere come riusciremo a muoverci, quale spazio di azioni abbiamo contro siti con sedi all’estero”.

donald trump made in italy

SVEGLIATE LA PATRIOTA MELONI: TRUMP STA CONVINCENDO CON LA FORZA LE AZIENDE ITALIANE AD APRIRE SEDI NEGLI STATES – PUR DI EVITARE I PESANTI DAZI, SIA I GRANDI GRUPPI CHE LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE MADE IN ITALY CHE ESPORTANO NEGLI USA, SI SONO MOSSI PER COSTRUIRE STABILIMENTI IN AMERICA. MA I TEMPI SONO LUNGHI: PER REALIZZARE UNA LINEA DI PRODUZIONE OCCORRONO CIRCA DUE ANNI. L’OPZIONE PIU’ RAPIDA È CREARE AGGREGAZIONI CON SOCIETÀ STATUNITENSI – I CASI DI LAVAZZA E GRANAROLO E L’ALLARME DI CONFINDUSTRIA: “IL RISCHIO È LA FUGA DI AZIENDE E CAPITALI NEGLI USA”

                                             DAILY MAGAZINE

 

MONDRAGONE. Si lancia nel vuoto in preda alla disperazione, il cordoglio del sindaco

MONDRAGONE – Ha voluto mettere termine alla sua vita in un momento di disperazione. Il dramma si è consumato a Mondragone: Antonia P., di 67 anni, moglie di un infermiere, si sarebbe lanciata nel vuoto dalla finestra dell’abitazione in via Gorizia.

Il sindaco di Mondragone, Francesco Lavanga, ha espresso il suo cordoglio: “Era una nostra concittadina, ha compiuto un gesto estremo togliendosi la vita. Non esistono parole giuste in questo momento, il silenzio è l’unica forma di rispetto verso la vittima e i suoi cari. Per tutti noi continua il monito a provare ad ‘ascoltare’ di più, a ‘guardare’ meglio, ad esserci! Non è facile, ma parlando in generale, penso che anche piccoli gesti servano a colmare solitudine o quel senso di sofferenza alla vita. Con profonda commozione e cordoglio ci stringiamo intorno al dolore dei familiari. Riposa in pace.” (Foto di repertorio)

 

                                    DAILY MAGAZINE

 

Omicidio Vassallo, si discutono in Cassazione i ricorsi sugli arresti di Cagnazzo e Cioffi

POLLICA – Domani mattina davanti alla Corte di Cassazione si discutono i ricorsi nei confronti del maggiore dei carabinieri Fabio Cagnazzo, dell’ex carabiniere Lazzaro Cioffi, e dell’imprenditore Giuseppe Cipriano, accusati dell’omicidio del sindaco pescatore di Pollica-Acciaroli, Angelo Vassallo.

Il collegio difensivo, composto tra gli altri dagli avvocati Giuseppe StellatoClaudio SgambatoFrancesco LiguoriIlaria Criscuolo, e Giovanni Annunziata, discute in merito all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Salerno e confermata dal tribunale del Riesame. Per gli inquirenti Vassallo sarebbe stato assassinato per aver denunciato un traffico di droga che aveva deciso di denunciare ad un magistrato. Le indagini sono state chiuse dai sostituiti procuratori di Salerno Elena Guarino e Maria Mafalda Cioncada, coordinati dal procuratore aggiunto Luigi Alberto Cannavale e il procuratore Giuseppe Borrelli.

 

Colpo al clan dei Casalesi, in 5 finiscono in manette: i business mafiosi sul Litorale e nell’Agro aversano

Arrestati un imprenditore, due storici affiliati, un albanese attivo nel business della droga e un 31enne accusato di pizzo

1074

 

 

CASAL DI PRINCIPE – Per numeri e peso dei personaggi coinvolti, la retata dei carabinieri del 2022 ha rappresentato una tappa importantissima nella lotta al clan dei Casalesi: è riuscita a imprimere pesantissimi colpi alle cosche Bidognetti e Schiavone. Ma non coinvolse tutti i soggetti emersi nell’inchiesta che, a novembre di tre anni fa, la innescò. Su qualcuno di loro, infatti, l’attività investigativa, dopo il blitz, è andata avanti e solo ieri la Direzione distrettuale antimafia di Napoli ne ha raccolto i risultati. Quali? Cinque nuove misure cautelari. I carabinieri del Gruppo di Aversa, su ordine del Tribunale partenopeo, hanno arrestato Antonio Fusco, 45enne, alias Lupin, imprenditore attivo a Castelvolturno; Nicola Gargiulo, 58enne di Lusciano, detto Capitone; Nicola Pezzella, noto come Palummiello, 62 anni di Casal di Principe, genero di Carmine Schiavone (storico esponente del clan, poi diventato collaboratore di giustizia – deceduto nel 2015); l’albanese Hermal Hasanai, di 41 anni, e Umberto Meli, 32enne di Castelvolturno. L’inchiesta ha coinvolto anche altri due soggetti a piede libero. Chi sono? Giovanni Albano, 27enne, e Francesco Avolio, 34enne, entrambi di Castelvolturno e accusati di detenzione illegale di pistole e relativo munizionamento.

Stando alla tesi della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, Fusco avrebbe vestito i panni dell’imprenditore di riferimento del clan, finanziando le casse della famiglia Bidognetti attraverso iniziative economiche comuni con esponenti del gruppo criminale. Tra queste, l’acquisto all’asta di numerosi immobili. Lupin avrebbe anche corrisposto delle somme di denaro ad appartenenti al clan, grazie al cui intervento, gli altri offerenti venivano indotti a rinunciare alla partecipazione all’incanto così da consentire all’imprenditore di aggiudicarsi i beni. Fusco, secondo quanto ricostruito, sarebbe direttamente coinvolto in un progetto per la realizzazione di un ristorante di una nota catena di fast food in un terreno sito a Castelvolturno lungo la via Domiziana, già di proprietà di un imprenditore colluso con il clan Bidognetti e colpito da confisca di prevenzione

Non solo Litorale: l’inchiesta si è concentrata anche sui tentacoli distesi dalla cosca Bidognetti su Lusciano e Parete. La precedente operazione era riuscita a smantellare la cellula operante in quest’area, affidata ad Antonio Lanza, diventato poi collaboratore di giustizia, e Nicola Garofalo. Con loro due fuori gioco (perché arrestati nel 2022), il clan avrebbe continuato ad agire attraverso Gargiulo, sostiene la Dda, che si sarebbe dedicato soprattutto alla gestione delle attività estorsive. Secondo quanto accertato nel corso delle indagini, Capitone, dopo avere riportato diverse condanne per fatti di camorra, principalmente legati alla realizzazione di estorsioni e alla detenzione di armi, oltre che per la partecipazione al clan dei Casalesi, ed aver scontato un lungo periodo di detenzione, una volta tornato in libertà avrebbe immediatamente ripreso le redini del gruppo Bidognetti, ricominciando a realizzare condotte estorsive e acquisendo, così, un ruolo di grosso caratura all’interno della cosca. Gli inquirenti, infatti, ipotizzano un suo diretto coinvolgimento in un’estorsione ai danni di un imprenditore edile al quale dapprima veniva imposto di sospendere i lavori e in un secondo momento veniva imposto di versare una cospicua somma di denaro da destinare ai detenuti del clan.

Nicola Pezzella

L’indagine ha raccolto elementi anche sul dinamismo del gruppo Schiavone, specialmente nel settore delle estorsioni attraverso Pezzella. Anch’egli, terminato un lungo periodo di detenzione, qualche tempo dopo la sua scarcerazione, si sarebbe immediatamente attivato non solo nelle richieste di pizzo, ma nel traffico di droga, confermandosi come una figura di primo piano dei Casalesi.

Pezzella è stato raggiunto, ieri, dalla nuova misura cautelare mentre era già in carcere: infatti venne ammanettato nel 2023 con l’accusa di estorsione e l’anno successivo fu destinatario di un altro provvedimento, della Dda di Perugia, nell’ambito di un’indagine tesa a smantellare una rete di narcos con base in Umbria.

Altri elementi, infine, sono stati raccolti a carico di Hasanai. Questi, pur non essendo partecipe del clan dei Casalesi (gli viene contestato il concorso esterno), in cambio dell’autorizzazione a gestire in regime di sostanziale monopolio le forniture di sostanze stupefacenti alle piazze di spaccio del litorale domitio, avrebbe offerto il proprio contributo al raggiungimento degli scopi della cosca Bidognetti, versando una percentuale fissa sulle cessioni di sostanze stupefacenti da lui realizzate e procurando armi ad esponenti del clan stesso.

Sul conto di quest’ultimo e di Meli, sono stati raccolti, dice l’Antimafia, numerosi elementi tesi a riscontrarne il coinvolgimento, insieme ad altri soggetti appartenenti al clan, evidenzia la Dda di Napoli – per i quali si è proceduto separatamente – in un’estorsione ai danni di un imprenditore operante sul litorale domitio, dal quale con violenza e minacce, veniva preteso il pagamento di una somma di 15mila euro.
Il provvedimento eseguito è una misura cautelare, disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione: i destinatari della stessa sono da ritenere presunti innocenti fino a sentenza definitiva. Nel collegio difensivo gli avvocati Ferdinando Letizia e Danilo Di Cecco.

Chiamate dal carcere del fidato di Gianluca Bidognetti. Indagini sullo smartphone sequestrato

Casal di Principe, i tentacoli del clan Bidognetti sull’edilizia sul litorale

Clan Bidognetti, fari sull’erede di Kader

Copertura lavorativa a un affiliato: l’intesa tra un imprenditore di Castel Volturno e i…

Asse Bidognetti-’Ndrangheta per la droga: la testimonianza di Lanza per colpirlo

I tentacoli dei Bidognetti sull’affare stupefacenti

Clan dei Casalesi, guerra senza confini. Dietro l’agguato a Bardellino l’ombra della cosca Bidognetti