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Santa Maria Capua Vetere. Rischia la vita in cella e l’Italia non rispetta l’ordine della Cedu
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Santa Maria Capua Vetere. Rischia la vita in cella e l’Italia non rispetta l’ordine della Cedu
“Violato l’articolo 34 della Convenzione”: nuovo ricorso alla Cedu degli avvocati del detenuto che denunciano il Dap per omissione d’atti di ufficio. Succede raramente che la Corte Europea di Strasburgo (Cedu) emetta un ordine specifico (scaturito dalla procedura 39) nei confronti del governo italiano. Ma quest’ultimo non solo non ha rispettato ciò che la Corte ha richiesto, ma secondo i legali Michele Passione, Claudio Solazzo e Marina Silvia Mori avrebbe anche peggiorato la situazione del detenuto (a rischio suicidario a causa della sua condizione psichica) che vi ha fatto ricorso. Ciò potrebbe comportare la violazione dell’articolo 34 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La Cedu, come reso pubblico da Il Dubbio, ha intimato lo Stato Italiano di proteggere il detenuto e curarlo in attesa della decisione sull’istanza della detenzione domiciliare.
Traferito nel carcere di Santa Maria Capua Vetere – Un uomo di 38 anni che durante la sua carcerazione in alta sicurezza, ha tentato ben quattro volte il suicidio nel momento del ricorso alla Cedu. Ma nel frattempo ha compiuto altri due tentativi di impiccagione in un ambiente carcerario incompatibile con la sua problematica psichica. Non solo. Invece di mandarlo in una comunità, o almeno in una articolazione psichiatrica, è stato trasferito nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Più precisamente nella famigerata sezione AS, reparto “Tamigi”, teatro di recenti presunti abusi da parte degli agenti penitenziari.
Quindi, non solo si è ritornati al punto di partenza, ma c’è stato anche un peggioramento perché – in barba al rispetto della territorialità della pena – si trova recluso in una zona distante dal luogo dei familiari. Sì, perché ciò impedisce il mantenimento dei frequenti rapporti con i propri cari raccomandati dalla relazione sanitaria del carcere di Spoleto (dove era recluso tempo fa) proprio per la loro valenza terapeutica. A ciò si aggiunge il fatto che non effettua più i colloqui giornalieri con lo psichiatra. Altro elemento che costituisce la violazione della decisione assunta dalla Cedu.
Non finisce qui. Il Dap ritarda l’invio della documentazione richiesta al Tribunale di Sorveglianza – Come detto, si è in attesa di una decisione da parte del tribunale di sorveglianza di Bari in merito alla “scarcerazione” del recluso per motivi di salute psichica (di recente la Consulta l’ha equiparata a quella di salute).
Ma cosa è accaduto? Per ben due volte il Tribunale di sorveglianza barese ha dovuto rinviare il procedimento a causa del Dap che ritarda nel mandare la documentazione richiesta. Quale? In particolare non è ancora giunta la nota nella quale la direzione sanitaria del carcere di Santa Maria Capua Vetere riferisca se il detenuto sia attualmente ristretto in una sezione “ordinaria” o meno e le eventuali ragioni di tale scelta. Oltre a ciò ancora non hanno pervenuto il programma trattamentale approntato nei riguardi del detenuto. Questo ritardo nel mandare la documentazione ha comportato ben due rinvii di una decisione che si attende ormai da oltre un anno.
“Stupisce – scrivono nella memoria gli avvocati Michele Passione e Marina Silvia Mori – che alla immediata comunicazione tra il tribunale di sorveglianza e il Governo non corrisponda una collaborazione altrettanto efficiente tra il Dap (che fornisce documenti al governo) e il Tribunale, nonostante le formali richieste dell’organo giurisdizionale, specie in presenza di una misura provvisoria emessa dalla Corte e temporaneamente connessa alla pronuncia da parte della Sorveglianza”.
Per questo motivo l’avvocato Passione del foro di Firenze è passato all’azione depositando una denuncia nei confronti del Dap per omissione d’atti d’ufficio. Contemporaneamente l’avvocata Mori ha richiesto una nuova procedura urgente alla Cedu, per metterla anche al corrente della palese violazione dell’articolo 34 della convenzione. Il caso, grazie a una interlocuzione avviata dagli avvocati, potrebbe approdare in parlamento tramite una interrogazione rivolta al ministro della Giustizia.
Fonte: di Damiano Aliprandi/ Il Dubbio, 28 ottobre 2020