Tentò di uccidere il seduttore della sorella minorenne

In Caserta, quasi ai confini con il comune di Casagiove, verso le ore 11 del 17 ottobre del 1946, Saverio Cavaliere, di anni 46, da San Cipriano d’Aversa, veniva affrontato e ferito con 5 colpi di pistola dal giovane Cipriano Serao, ventenne, suo compaesano. Quale il movente del tentato omicidio? Tratto in arresto, subito dopo la sua latitanza, il giovane raccontò ai magistrati inquirenti che era alla ricerca da circa 40 giorni del Cavaliere e che quel giorno – finalmente – lo aveva incontrato dopo che lui era scappato dal paese natìo Albanova, assieme alla

sorella 17enne, che aveva violentata. Un delitto d’onore? Che, come si

ricorderà, all’epoca, non era stato ancora cancellato dal nostro codice

penale.

Si è vero, ho tentato di uccidere Saverio Cavaliere. Peccato che lui è sopravvissuto.

Tentai di avvicinarmi – spiegò il giovane subito dopo la sua cattura

per domandargli dove mia sorella fosse andata a finire, e avendo avuto l’impressione

che Saverio Cavaliere mettesse la mano nella tasca io, sia per vendicare

l’onore della famiglia, sia per legittima difesa, esplosi alcuni colpi di pistola di cui

non riesco a ricordare la quantità. Pare cinque o sei. Ammetto, però, che il Cavaliere

non cacciò affatto la pistola ma io ebbi l’impressione che ciò volesse fare”.

Poi il giovane raccontò l’aberrante storia. Sua sorella frequentava

la quarta elementare ed era come tutte le ragazze della sua età,

16/17 anni e tanti sogni nel cassetto. Ad un certo punto incominciò a

frequentare il Cavaliere, che aveva 46 anni ed era anziano nei suoi confronti,

ma come saprete, spiegò il giovane, nessuno è in grado di sapere

quello che passa per la testa di una donna. Il suo pensiero era che forse

si era innamorata del maturo spasimante il quale, indubbiamente, invece

di consigliarla per il bene la indusse alla tentazione. Si tenga presente

che la ragazza era instabile mentalmente, tanto è vero che il fratello

Vincenzo, di 34 anni, era stato nominato tutore con provvedimento del Pretore di Trentola. “In quei 40 giorni – spiegò ancora il giovane Serao – io sono andato alla ricerca di mia sorella ma inutilmente”.

Risultò anche che Saverio Cavaliere era solito frequentare l’abitazione

della famiglia Serao perché abitava nello stesso caseggiato con

un cortile in comune.

Dal canto suo invece, il ferito, interrogato dal drappello ospedaliero

della Questura di Caserta presso l’ospedale San Sebastiano ribaltava

la situazione cambiando completamente la versione dei fatti.

Ma come si scoprì poi nel corso delle indagini mentiva spudoratamente

falsando la realtà. “La ragazza – disse l’uomo ferito – voleva a tutti i costi

che la possedessi, perché voleva sposarsi con me, cosa che volevo anch’io. La Iolanda

asportò soltanto 14 mila lire da un tiretto del comò della sua famiglia, ma non per

mia indicazione. La Serao si stava anche occupando delle pratiche per il matrimonio

tanto è vero che si recò anche presso il Procuratore della Repubblica del tribunale per

sapere come regolarsi, dopo che i genitori e i fratelli avevano ostacolato il nostro matrimonio.

La ragazza era innamorata di me come dimostrano le numerose lettere allegate

agli atti. Il 17 ottobre mentre stavo andando da Caserta verso Casagiove a

piedi fui fatto segno a numerose colpi di pistola da parte del fratello di Iolanda che

io vidi solo dopo che ero rimasto ferito a ben 5 parti del corpo il quale nello spararmi

mi disse: ‘Questo deve morire’. Ho provveduto a mie spese al mantenimento della ragazza

per tutto il tempo che è stata presso di me”.

Il fratello tutore della ragazza, Vincenzo, confermò la denuncia

e chiarì che la sorella all’epoca dei fatti abitava col fratello Cipriano (il

vindice dell’onore di famiglia), allora scapolo, mentre lui abitava nello

stesso cortile ma in un altro appartamento perché sposato. Fu il fratello

Cipriano a scoprire la sottrazione del danaro, della biancheria e dei

gioielli dalla casa. Si rese perplesso poi sul fatto che il Saverio Cavaliere

avesse abusato della sorella visto che “tutti noi del cortile – disse – davamo

ampia fiducia al Saverio non ritenendolo capace del gesto a danno di un vicino. Penso

che avrà fatto delle lusinghiere promesse a mia sorella tanto da indurla a fuggire con

lui come se fosse stato un giovanotto di primo pelo”.

Anche la ragazza – causa della tragedia familiare – fu subito interrogata

dal Pretore. Nel giorno del delitto: “Oggi – lei disse – non ho

visto mio fratello Cipriano e gli altri fratelli Vincenzo e Giuseppe. Anzi preciso che

non vedo nessuno dei miei familiare da circa 40 giorni e precisamente sin dal momento

in cui mi sono allontanata da casa per seguire il mio fidanzato Saverio Cavaliere di

anni 46 da Albanova, panettiere. Mi trovavo a Casagiove da quattro giorni in una

località di campagna di cui non posso precisare l’ubicazione esatta perché dormivo

in un pagliaio. I miei fratelli erano a conoscenza che io ero fidanzato col Cavaliere

ma non erano d’accordo sul matrimonio a causa della differenza di età. Soltanto da

voi apprendo che mio fratello ha ferito il mio fidanzato”.

Quasi tutte queste affermazioni dei protagonisti, però, vennero

ribaltate dai magistrati i quali, una volta avuta nelle mani una perizia

psichiatrica, potettero attribuire ruoli e responsabilità per ciascuno. Il

gravoso compito di ispezionare la mente della giovane violentata venne

affidato al professor Eustachio Zara, medico primario dell’ospedale psichiatrico

“Leonardo Bianchi” e docente di clinica neuropsichiatrica. Il

giudice istruttore presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere dette

incarico di sottoporre a perizia psichiatrica la giovane Iolanda Serao

allo scopo di accertare se la stessa era all’epoca dei fatti “in condizione di

infermità o di inferiorità psichica tali da renderla incapace a resistere alla violenza”.

Il perito scrisse nella relazione che la vita della giovane “inizia

con un travaglio”. Risulta, inoltre, che il padre morì per causa bellica e la madre a

48 anni per broncopolmonite. Dei suoi germani un fratello Giuseppe, e una sorella

Antonietta, hanno presentato disturbi nervosi e la sorella fu anche ricoverata al manicomio

di Aversa. Il perito scrisse che la ragazza era stata deflorata dal Saverio

Cavaliere, nel mese di settembre una mattina che era restata sola in casa ma non sa

dire in quale giorno. Lei nega di essere stata fidanzata con Cavaliere che conobbe

perché lavorava con i fratelli; ritiene che egli l’abbia violentata e poi indotta a fuggire

con lui per fare un dispetto ai fratelli che non volevano pagarlo per il lavoro che faceva

in campagna”.

Appare, però, questa asserzione in netto contrasto con quanto

ebbe a dichiarare il 23 ottobre del 1946.

 

La Serao pur non presentando una condizione di malattia mentale clinicamente

definibile – scrisse ancora il perito nella sua relazione – mostra l’età

mentale inferiore a quella reale il che vale a costituire una condizione di inferiorità

psichica. Che ora mantiene addebitando ogni responsabilità al Cavaliere dal quale

dice di essere stata ripetutamente minacciate ed indotta a fuggire dopo essere stata

violentata in casa. Orbene tali contrastanti dichiarazioni sono dipendenti dalla diversa

situazione psicologica nella quale la periziante è venuta a trovarsi in un primo tempo

sotto l’incubo volitivo del Cavaliere attualmente sottoposto alla volontà vendicativa

dei fratelli e delle sorelle.

Diversamente è stato il suo atteggiamento quando si è presentata al mio cospetto

accompagnata da una sorella. In quella circostanza si è mostrata molto più

precisa nelle accuse perché maggiormente efficace la soggezione esercitata dalla sua

fiacca volontà da quella più forte della sorella ‘è questa la nota predominante della

sua inferiorità psichica’ la fiacchezza di volontà, la facilità alla suggestione, che consiste

nell’imposizione di un’idea che per suggerimento diviene centro di orientamento

della coscienza e direttiva inconsapevole della volontà.

Le donne sono più suggestionabili perché sono di più alta tonalità affettiva

e sono inoltre suscettibili delle più strane vicende che portano ad episodi della loro

vita sessuale in rapporto ai quali sono suscettibili delle più travolgenti azioni successive

e per essi indotte a compiere reati anche gravi partecipandovi supinamente

quasi inconsciamente con mentalità infantile. La condizione psicologica della Serao

risulta come la sua fiacchezza di volontà e la sua suggestionabilità venissero accresciute

nella particolari condizioni in cui ella veniva a trovarsi da poco superata la

crisi.

 

Quando c’è la nuova situazione ormonale che tanto profondamente incise

sullo psichismo della donna, non ancora s’era forse stabilmente assestata poco più

che diciassettenne, anelante come ogni fanciulla ai misteriosi palpiti dell’amore, alla

sventura di imbattersi non in un suo coetaneo, ma nel Saverio Cavaliere, individuo

scaltro di oltre quarant’anni, con precedenti penali antichi e recenti, di cui diventa

oltre che l’innamorata succube, completa e perciò ella non si smentisce nel dichiarare

al Pretore di Caserta “di essersi allontanata dalla casa paterna seguendo il Cavaliere

per mettere i fratelli – che si opponevano al matrimonio – di fronte al fatto compiuto

(leggi sotto l’incubo della volontà del Cavaliere allora ed in seguito come prima

quando aveva sacrificato la sua verginità) perché se formalmente ella potette essere

consenziente all’atto sessuale sostanzialmente lo subiva passivamente non essendo in

grado per la sua infermità psichica e sotto l’influsso successivo su di lei esercitato dal

Cavaliere di valutare l’importanza e le conseguenze.

“Per le considerazioni sopra esposte – conclusero i periti – possono rispondere

al quesito posto dall’Ill.mo giudice affermando che Iolanda Serao ‘ha un’età

psichica inferiore alla cronologica’ e fiacchezza di volontà che la rende facilmente

suggestionabile pertanto ella si trovava al momento dei fatti di cui al procedimento

in una condizione di ‘infermità psichica’ consistente nella incapacità di valutare l’importanza

e le conseguenze dell’atto sessuale di potervi opporsi con adeguata resistenza”.

La Corte condannò ad un anno di reclusione il giovane che aveva lavato col sangue la violenza sulla sorella.

Nel marzo del 1953, Cipriano Serao, di anni 20 da San Cipriano

d’Aversa e Saverio Cavaliere di anni 46 vennero rinviati al giudizio

della Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere (Presidente,

Giovanni Morfino; giudice a latere,Victor Ugo De Donato; pubblico

ministero, Alfonso Borrelli; cancelliere Domenico Aniello; ufficiale giudiziario,

Giuseppe Girardi; giudici popolari: Guido Natale, Francesco

Limone, Pasquale Boni, Nicola Iodice, Emilio Mozzillo, Nicola Scavolone;

con supplenti: Salvatore Piccolo, Eugenio De Angelis e Gennaro

Iulio) ed accusati rispettivamente il Cavaliere per aver costretto a congiunzione

carnale Iolanda Serao la quale non era in grado di resistergli

per le proprie condizioni di inferiorità psichiche (art. 519 C.P.); ed inoltre

per avere costretto e ritenuto, a fine di libidine, la Iolanda Serao,

minore degli anni 18 (ma lui dice che l’aveva rapita per sposarsela) ed

infine di aver istigato la stessa a compiere un furto di denaro ed oggetti

preziosi nella propria abitazione.

Nel corso del dibattimento furono escussi i testi: Giovanni Menditto,

da Casagiove; Vincenzo Serao, Iolanda Serao e Maria Gabietti

da San Cipriano d’Aversa. Cipriano Serao comparve a piede libero

mentre Saverio Cavaliere era detenuto per altra causa.

Alla Iolanda Serao il presidente contestò le sue diverse deposizioni.

Lei infatti aveva dichiarato al Pretore di Caserta “di conoscere da

moltissimi anni il Cavaliere col quale era fidanzata da cinque mesi quand’ebbe il

primo rapporto carnale; quando la persuase a fuggire con lui era semplicemente per

vincere l’opposizione dei fratelli sul progettato matrimonio”.

In seguito alla contestazione da parte del Presidente della Corte

di Assise di tali dichiarazioni ella affermava che “fu costretta dal Cavaliere

a dichiarare quello che lui voleva sotto la minaccia di ammazzarla in caso contrario”.

Ma il Presidente incalzò facendole notare che quando il Cavaliere era

stato arrestato e non poteva quindi più minacciarla ella continuamente

inviò lettere di amore, di interessamento per la sua sorte. E la ragazza

replicò che lei “temeva che il Cavaliere mettesse in pratica le minacce di morte

formulate appena rimesso in libertà”.

Tuttavia fu il perito professor Eustachio Zara a definire ogni responsabilità. Va infine prospettata una considerazione – disse il professore innanzi  alla Corte – riportata da tutti i trattati di psicopatologia forense in ordine

alla colpevolezza dell’attore; la malattia mentale o la inferiorità psichica dà al reato

una particolare specifica figura giuridica ed influisce sul grado della colpevolezza

dell’attore quando questi sia consapevole delle non normali condizioni del soggetto

passivo. Sullo stesso argomento aveva affermato l’attenzione un illustre maestro di

psichiatria Eugenio Tanzi che notò ‘come sia di difficile soluzione il quesito se il reo

conosceva lo stato mentale della vittima o poteva rendersene conto dal contegno di

essa e ne abbia scientemente abusato’. Nella Serao – concluse il perito – la condizione

di infermità è superabile attraverso adeguata indagine sulla sua personalità

psichica e valuterà il magistrato attraverso tutto il complesso processuale di elementi

che inducono a ritenere come il Cavaliere abbia approfittato di tale condizione di inferiorità.

Il pubblico ministero al termine della sua requisitoria chiese “il

non luogo a procedere” a carico di Saverio Cavaliere, per i reati di violenza

carnale e sottrazione di minore a fine di libidine per mancanza

di querela e di assolverlo dal reato “di istigazione a furto” per insufficienza

di prove. Ritenersi, invece, Cipriano Serao, colpevole del tentato

omicidio a causa d’onore e con il beneficio delle attenuanti generiche

condannarsi a 2 anni di reclusione.

La Corte invece condannò soltanto ad un anno di reclusione il

giovane che aveva lavato col sangue la violenza sulla sorella.

Nel processo furono impegnati gli avvocati: Ciro Maffuccini,

Vittorio Verzillo, Alfonso Raffone, Mario Leuci, Cesare Di Benedetto e Federico Simoncelli.