I birilli (di Stelio W. Venceslai) l’EDITORIALE
La liberazione dei nostri pescatori di Mazara del Vallo, illegalmente trattenuti in quella parte di Libia che è il feudo del generale Haftar, è un fatto importante che rallegra tutti, e soprattutto, le famiglie dei pescatori. Dopo un centinaio e più di giorni di detenzione, era ora che si scoprisse che c’era l’Italia, dietro ai pescatori. Era ora, perché s’era perso troppo tempo.
La sceneggiata di un Presidente del Consiglio in cerca di popolarità e di un Ministro degli Esteri in cerca di un contenuto al suo mandato, però, non deve ingannare nessuno. Sono andati a umiliarsi davanti a un (più o meno) bandito, pagato dai Turchi e dai Francesi.
Il risultato ottenuto è stato un successo, pagato non sappiamo ancora quanto, dei nostri Servizi d’intelligence. La sceneggiata del nostro governo, invece, è il punto più basso della nostra credibilità internazionale. Una vergogna.
Basterebbe ricordare che l’Italia sostiene e finanzia, da anni, il rivale di Haftar, al-Serraj, il cui “governo” è stato riconosciuto dalle Nazioni Unite. L’ossequio a Haftar è una smentita alla nostra politica estera e la dimostrazione che, in realtà, non ne abbiamo una.
Non è certo colpa di DI Maio, nel suo concreto essere inadatto al ruolo di Ministro degli Esteri. Per questo fa il Ministro e, in fondo, non ha fatto altro che continuare la politica di assenza italiana sullo scenario internazionale. Da decenni non abbiamo alcuna idea del ruolo dell’Italia nel mondo e, soprattutto, nel Mediterraneo, già Mare nostrum e ora, Turkish sea. Di Maio non ha colpe. Meglio sarebbe stato se non avesse avallato l’insulsa e umiliante sceneggiata del nostro Presidente del Consiglio.
Questo monarca senza corona, con il suo circolo privato di famuli ossequenti, lautamente pagati dal contribuente, oscilla su di un trono sorretto soltanto dalle divisioni dei partiti che lo sostengono, ma alla fine, la nullità non paga e rischia di travolgere il tutto. L’ombra di Renzi prospetta un personaggio serio, quello di Draghi, che farebbe scomparire d’un colpo solo questa pagliacciata variopinta che dirige il nostro Paese.
Dubito, anche se tutto è possibile in questa Italia diffidente, sconcertata e in preda a un disastro economico senza precedenti, che una personalità come quella di Draghi possa essere attratta dalla prospettiva di mettersi a discutere con Crimi, Zingaretti e Berlusconi sui futuri assetti di un governo di salvezza nazionale. Non credo che Draghi sia in cerca di un lavoro.
Quanto all’ineffabile Renzi, il Gianburrasca della politica nazionale, che invece è in cerca di un lavoro, pare che aspiri alla presidenza della NATO. Un Draghi al governo e un Renzi alla NATO sarebbero una bella accoppiata. Almeno, ci toglieremmo di mezzo Renzi e Conte, ma la cosa mi sembra difficile.
In realtà, tutti i nodi stanno venendo al pettine. La politica del rinvio è l’unica svolta da Conte. Si rinvia perché non si è in grado di decidere. Ci si perde nelle quisquilie mentre il Paese attende e muore.
La buffonata ricorrente di vertici e di consigli di ministri è finalizzata solo alla ricerca di chi deve spartirsi i soldi dell’Unione europea, se verranno e quando verranno, non su che cosa ci dovremmo fare e come.
Manca ancora qualunque idea sui nostri programmi futuri. Chiacchiere, proposte inattuabili o risibili, come i soli 9 miliardi immaginati per la Sanità, quando ce ne verrebbero almeno quattro volte tanto e così via.
Impotenza, incapacità, mancanza di prospettive. In sintesi: ignoranza totale dei meccanismi necessari per mandare avanti la macchina dello Stato.
, sono le caratteristiche di questo consesso di Soloni da strapazzo.
Sono anni che si governa sull’emergenza, vera o fasulla che sia, senza un programma, una prospettiva, una meta. Si balbetta di chiusure e di ripartenza, di congiunti e di posti a tavola, si propone una chiusura totale per i giorni di Natale e Capodanno, invocata dagli scienziati, ma corretta da un tocco di follia elettorale. Fra i due periodi “rossi”, s’inseriscono alcuni giorni di libertà vigilata.
È ovvio prevedere che cosa accadrà: una folla immensa che sciama per le strade e per i negozi, una follìa che pagheremo cara in termini di contagi e di decessi dopo quindici giorni.
Un colpo al cerchio dei cittadini e uno alla botte dei negozianti, dei ristoratori, degli artigiani, come se questo potesse risolvere la gravità del momento. Palliativi per gli inerti birilli di un gioco che non ci appartiene.